Mancanza d’erezione: il sintomo va sempre tolto o talvolta mantenuto?
Moltissimi utenti ed ancor di più giovanissimi, scrivono per chiedere aiuto, conforto, ascolto e suggerimenti prima diagnostici e poi terapeutici, per il “deficit erettivo”; la mancanza totale o parziale della capacità erettiva o l’impossibilità ad avere un’erezione di adeguata rigidità, che sia sufficiente per un rapporto sessuale completo ed appagante per il paziente e la partner.
Le richieste sono in crescente aumento, cosi’ come sono in aumento i giovani, spesso inesperti e spauriti, che lamentano questa dolorosa e visibile disfunzione sessuale.
La prima tappa diagnostica è sempre e comunque quella andrologica, tappa che ha il duplice scopo di fornire una “diagnosi certa” , che investighi l’etiologia della disfunzione e, che fornisca soprattutto “elementi di realtà” a giovani e non, terrorizzati per l’accaduto, che vagano nel web cercando soluzioni fai da te o diagnosi semplicistiche e false, sempre e soltanto via etere.
La “diagnosi clinica” è un atto unico ed un atto medico ed ha lo scopo di arginare voli pindarici disfunzionali con la fantasia del paziente, che a seguito di una reiterata latitanza diagnostica vaga nel nulla ed amplifica e rinforza ogni forma di ansia e di disfunzione sessuale.
Esclusa l’etiologia organica o mista, un’attenzione maggiore va rivolta alle cause psichiche e relazionali , sempre presenti nel d.e,, che spesso da cause diventano effetti, rapendo e catapultando il paziente in un doloroso circolo vizioso, da cui è difficile venirne fuori velocemente e con modalità indolore per autostima, narcisismo e coppia.
Il tentativo da parte del paziente di inseguire la funzionalità erettiva diventa poi la causa della successiva vulnerabilità erettiva , con conseguenti processi mentali ed emozionali altamente disfunzionali; il paziente invece di godere a pieno dell’immaginario erotico, del corpo dell’altra e della sensorialità dell’intimità, verrà distratto e disturbato da un “rumore di fondo”, abitato da un monitoraggio continuo della capacità erettiva.
Quando la diagnosi andrologica esclude cause organiche, è opportuno trattare sempre e comunque il sintomo erettivo con la terapia orale eo combinata?
Diventa indispensabile ed obbligatorio effettuare una diagnosi scrupolosa e completa delle cause “altre” correlate al d.e., per comprendere e soprattutto calibrare il futuro percorso terapeutico, da adattare per il paziente eo coppia, come un abito fatto su misura.
Spesso il sintomo assume dell’economia del paziente un “significato difensivo”, rappresenta a volte il perno attorno a cui ruota la coppia o la struttura di personalità del paziente con conseguenti meccanismi di difesa.
La mancanza d’erezione, a volte può rappresentare una strategia per non entrare in contatto con il mondo femminile in generale e vaginale in particolare, può rappresentare una difesa contro l’omosessualità latente, contro l’ansia, contro l’eccessiva intimità, può ancora salvare il paziente da una possibile dissociazione di tipo psicotico, o slatentizzare vissuti di depersonalizzazione e de realizzazione.
L'assunzione delle pillole dell’amore, Viagra, Cialis o Levitra, per pazienti psicogeni, andrebbe concordata solo dopo un’analisi di tipo psicodinamico della struttura di personalità del paziente, per comprendere a fondo le dinamiche difensive, organizzate inconsciamente ed affidate al mantenimento del d.e..
Il farmaco, spesso scompaginata gli equilibri psichici, sapientemente e faticosamente strutturati dalla psiche del paziente con d.e, assicurando e favorendo la meccanica dell’erezione, senza però concedergli il vero piacere dell’intimità. Talvolta il paziente riesce a mantenere l’erezione, ma sviluppa un’ulteriore meccanismo di difesa, mediante l’”anorgasmia”, l’assenza cioè di risposta orgasmica.La natura multidimensionale della sessualità umana è tale da imporre
un inquadramento e un ‘approccio terapeutico integrato’ al soggetto
portatore di un disturbo sessuologico.
Una “diagnosi non completa” ed una terapia che non affronti le cause
nella loro globalità, possono costituire , un fattore di mantenimento
del disturbo nel tempo, anziché la risoluzione della disfunzione