Quando piacere agli altri diventa un problema
La preoccupazione di piacere agli altri e fare sempre buona impressione consiste nell’avere il timore di essere valutati negativamente, nel rimuginare in maniera frequente riguardo ciò che si ritiene gli altri pensino di sè, nel pensare spesso di aver fatto una brutta impressione o di aver detto la cosa sbagliata. Ciò che si teme più di tutto è l’essere criticati e quindi rifiutati dagli altri.
Quali sono gli effetti principali di questa preoccupazione?
Innanzi tutto essa influenzerà in maniera più o meno negativa le nostre relazioni sociali in diversi ambiti della nostra vita. In campo lavorativo questo timore influenzerà la prestazione lavorativa e potrà determinare una mancata realizzazione professionale, sia dal punto di vista della crescita che della qualità delle relazioni con capi e colleghi. Nella vita personale potrà impedire di conoscere nuove persone o esprimere liberamente la propria opinione. Alla lunga questo timore avrà delle ripercussioni negative sulla qualità della vita e impedirà la soddisfazione dei propri bisogni aprendo la strada a sintomi depressivi o all’utilizzo di alcol, farmaci o droghe per sedare il disagio.
Da dove trae origine questo timore?
Di solito le persone che manifestano questo timore si pongono standard perfezionistici nelle relazioni sociali, pretendendo da sé di non commettere mai nessun errore o pensando in generale di non essere mai all’altezza della situazione. Inoltre l’attenzione è prevalentemente rivolta verso di sé, verso le proprie sensazioni interne, fisiche (ad es, il battito cardiaco), emotive, (ad es. l’ansia), e cognitive (i propri pensieri). In questo modo si tende a distorcere e spesso esagerare le reazioni degli altri nei propri confronti come ad esempio gli sguardi o l’attenzione che si riceve, interpretandoli sempre in maniera negativa.
Ciò tenderà a far diminuire l’autostima e a far in modo che non si riesca a riconoscere i propri meriti quando si ottengono risultati positivi. Spesso nel caso di prestazioni positive le persone si considerano degli “impostori” che saranno smascherati nel momento in cui gli altri avranno modo di conoscerle veramente. Può esistere una difficoltà nel riconoscere che la propria personalità è composta da molteplici aspetti e che il senso di sé può variare a seconda delle situazioni e del ruolo sociale che si riveste.
Chi è preoccupato per il giudizio degli altri tende a valutare il proprio valore personale solo in base all’opinione altrui.
Un altro aspetto che può influire è una autostima irrealistica e inflessibile. Infatti una persona emotivamente equilibrata dovrebbe mantener un buon livello di autostima realistico anche in caso di disapprovazione. Per realistico si intende che tenga conto non solo dell’opinione altrui, ma dei fatti, della conoscenza di sé e delle proprie qualità, dei propri successi ed insuccessi in ambiti diversi. La disapprovazione dovrebbe essere utilizzata come informazione per attuare un eventuale cambiamento, ma solo dopo averne analizzato l’utilità e la veridicità rispetto al proprio concetto di sé.
Infine chiunque si sia trovato in questa spiacevole situazione avrà attuato delle strategie per affrontare il disagio che però si saranno rivelate controproducenti.
Tra queste vi sono i comportamenti protettivi, attraverso i quali la persona ansiosa pensa di dissimulare il suo disagio. Alcuni di questi possono essere: distogliere lo sguardo dalle persone, non guardarle negli occhi, parlare sottovoce, tenere le mani rigide per evitare che tremino. Si può inoltre evitare una conversazione, evitare di dire la propria opinione, valutare un segnale negativo per abbandonare completamente la situazione.
Purtroppo se il risultato a breve termine di queste strategie è quello di ridurre l’ansia, a lungo termine l’evitamento e la conseguente insoddisfazione nelle relazioni interpersonali tenderanno a peggiorare l’umore, l’autostima, il generale benessere psicofisico e non consentiranno di disconfermare le proprie paure relative all’opinione altrui, mantenendo così di fatto il problema.