Panico e ossessioni: quali terapie?

a.devincentiis
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta

In alcuni ambienti della psicologia del profondo esiste l’opinione condivisa che risalendo alle cause di un malessere psicologico e rendendole note al suo portatore (paziente) esse ridurranno la loro carica patogena.

Se questo può essere vero per alcune dinamiche comportamentali, tuttavia, in molte patologie invalidanti come i disturbi d’ansia quali il panico e le ossessioni, non vi è alcuna conferma di questo, né l’efficacia terapeutica di rendere cosciente ciò che è inconscio non ha certo resistito alla prova del tempo così come la stessa esperienza clinica ne evidenzia la sua fallacia.

 

Nei post precedenti si è evidenziato come si impianta e si mantiene un attacco di panico https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/816-la-trappola-del-panico.html

così come si determina e si protrae un pensiero ossessivo https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/895-la-trappola-delle-ossessioni.html

ed abbiamo osservato come l’elemento cardine che è in grado di mantenere in vita i disturbi sono i maldestri tentativi di gestirli e che, paradossalmente, non fanno altro che aumentarne la loro carica patogena.

 

Gli interventi di tipo psicoanalitico ortodosso, orientati a ricercane le cause profonde, inconsce, traumatiche, pur attribuendo un significato, seppur verosimile, al contenuto sintomatico della malattia, non sono in grado di garantirne la sua remissione dal momento in cui, comprenderne l’origine non è sinonimo di guarigione.

Sotto certi aspetti, soprattutto nei disturbi ossessivi , l’intervento psicoanalitico di tipo interpretativo tenderebbe addirittura ad incrementare il sintomo dal momento in cui l’interpretazione non farebbe altro che fornire ulteriori elementi di riflessione all’ossessivo, quella riflessione che rappresenta proprio l’aspetto sintomatico per il quale è stato chiesto aiuto.

Così come l’esperienza clinica ha evidenziato che risalire le cause del panico (la cui ricostruzione è sempre arbitraria e mai veritiera)* non ne garantisce  la sua soluzione.

 

A tal proposito un noto psicologo americano del prestigioso Mental Research Institute californiano, Paul Watzlawick, afferma:

(..)Per quanto le correnti classiche della psicoterapia differiscano e siano spesso tra loro in contraddizione, esse hanno una ipotesi in comune: che i problemi si possano risolvere soltanto scoprendone le cause. Questo dogma è fondato sulla credenza in una causalità lineare e unidirezionale, che scorre dal passato al presente, e che a sua volta genera l’apparentemente ovvia necessità di raggiungere un insight sulle cause prima che possa avvenire un cambiamento.

Permettetemi di fare un’osservazione per certi versi eretica: né nella mia vita personale (a dispetto di tre anni e mezzo di analisi in formazione) né nella mia successiva attività di analista junghiano, né nelle vite dei miei pazienti mi sono mai imbattuto in questo magico effetto dell’insight"(…)in Guardarsi dentro rende ciechi, Ponte alle Grazie, 2007.

 

Che fare?

Se comprendiamo il meccanismo pragmatico e non inconscio che mantiene in vita i sintomi di un attacco di panico o di un disturbo fobico e/o ossessivo (vedi sopra) possiamo interromperlo e far si che quel circolo vizioso, inceppandosi, induca paradossalmente un riequilibrio del processo comportamentale che ha determinato il cortocircuito.

Ma non è la ricostruzione del rapporto con i propri genitori, dei vecchi traumi o di cause inconsce in grado di operare tal processo, bensì l’utilizzo di tecniche specifiche orientate a modificare la percezione del sintomo, a comprenderne i segnali che lo scatenano e a saperlo addirittura riprodurre per poterlo padroneggiare.

Nessuna interpretazione, nessuna ricerca di esperienze infantili, bensì esercizi di esposizione graduale, di decondizionamento, di abituazione e di prescrizione paradossale che gli stessi studi empirici secondo la Clinical Evidence hanno dimostrato la loro efficacia.

 

Quindi, le psicoterapie pragmatiche, come quelle di stampo comportamentale o le terapie brevi sistemico-strategiche, sono quelle che, in questo campo, hanno dato maggiori risultati e sono da considerarsi di maggior elezione.

 

(*)A tal proposito di vedano i risultati sperimentali di Elizabet Loftus che dimostrano come la rievocazione mnemonica di eventi passati sia soggetta a ricostruzioni arbitrarie e non veritiere https://it.wikipedia.org/wiki/Elizabeth_Loftus

Fonti:

- Paul Watzlawick ,Guardarsi dentro rende ciechi, Ponte alle Grazie, 2007.

- Pierluigi Morosini, et al.. Efficacia degli interventi, profili professionali e qualità in salute mentale Centro di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute Istituto Superiore di Sanità, Roma

Data pubblicazione: 23 settembre 2011 Ultimo aggiornamento: 03 dicembre 2011

7 commenti

#1
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Utente 171XXX

Cosa intende, Dr De Vincentiis, per esercizi di abituazione e prescrizione paradossALE?potrebbero essere interessanti per me che soffro di DOC!

#2
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Dr. Armando De Vincentiis

Per abituazione si intendono quegli esercizi orientati a far abituare il paziente allo stimolo fobico.
Per quel che riguarda la prescrizione paradossale la logica di fondo è la seguente:
il più delle volte il soggeto panicante, ossessivo ecc, passa la maggior parte del tempo ad evitare lo stimolo fobico o l'eventuale pensiero ossessivo. Questo fa si che, nel tentativo di difendersi dalla paura di un nuovo attacco, crea un nuovo sintomo, l'evitamento, peggiornado quindi il problema. Prescrivendo di subire intenzionalmente gli effetti degli stimoli fobici o di un pensiero ossessivo si fa in mdo che il soggetto non solo eviti di evitare ma lo si induce ad avere un maggior controllo sul sintomo. La prescrizione paradossale insegna al soggetto di riprodurre il sintomo intenzionalmente e questo lo induce a controllarlo in tempi piuttosto brevi.

#3
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Utente 261XXX

Salve,non ho mai scritto qui,ma spesso ho letto molti consigli nelle mie nottate in cui risolvere tutto sembra possibile.Da circa tre mesi sono in un vortice e non riesco a trovarne via d uscita.Ansia e vertigini, sensazione di “testa vuota” o leggera e sensazione di sbandamento sono le mie compagne di giornata insieme a un malumore diffuso che pian piano stanno limitando la mia vita.Tutto mi risulta difficile e così faticoso,anche uscire con un' amica!All inizio ho assunto pillole alla melissa ed erbe varie prese in erboristeria,ma niente.Ho anche per due mesi seguito una terapia da uno psicologo ma,a parte che lui non fa miracoli,non ho più i soldi necessari per continuare e a quanto pare qui a Salerno non ci sono consultori....Ora uso alprazolam che prendo mediamente 3 volte al giorno per 5 gocce.Il mio medico curante dice che devo farcela da sola (infatti alprazolam mi è stato dato dal mio psicologo).Chiedo:quanto tempo devo assumere questo medicinale perchè faccia effetto?Si,quando prendo le goccine sto un pò meglio,ma l effetto dura massimo 4 ore e comunque in quelle 4 ore non sono 'io'...Come fare?Sono pessimista ed ho paura...Grazie

#4
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Dr. Armando De Vincentiis

la terapia farmacologica deve essere prescritta dallo specialista psichiatra. Purtroppo i consigli sul "farcela da soli" non servono a nulla poichè è necessario interrompere quei circoli viziosi in grado di mantenere in vita il problema. é necessario l'intervento psicoterapico di elezione.
saluti

#5
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Utente 261XXX

dottore io ho tentato,ma non posso reggere economicamente...100 euro a settimana.Adesso sono in balia,continuo a prendere queste gocce ed ho paura per la dipendenza,le vertigini non passano ed intanto io devo vivere,devo continuare il lavoro,gli impegni...non ce la faccio...sembra che nessuno mi capisca...Grazie per l immediata risposta

#6
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Dr. Armando De Vincentiis

intanto si faccia valutare la prescrizione farmacologica da uno psichiatra, le sole gocce di ansiolitico non sono risolutive.
può provare il servizio pubblico .
saluti

#7
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Utente 261XXX

grazie mille

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