La percezione
Qualcuno ha detto che gli organi di senso sono le nostre “finestre aperte sul mondo”. Questa espressione ci permette di cogliere la natura della percezione. La percezione, infatti, che è stata definita come la base della conoscenza del reale, costituisce il processo con cui la nostra mente entra in comunicazione con tutto ciò che le proviene dal mondo esterno. Ma non si tratta di una rappresentazione per così dire “fotografica” della realtà esterna: i dati sensoriali vengono da noi organizzati secondo una necessità finalistica. La percezione non è fine a se stessa, ma ha il compito di metterci in condizione di reagire nel migliore dei modi alle stimolazioni che vengono ad eccitare i nostri recettori sensoriali. Quando noi, per esempio, siamo di fronte ad una tavola imbandita, la nostra retina può registrare “fotograficamente” nella sua forma rotonda solo il piatto che abbiamo davanti, mentre quelli più lontani assumono una forma ellittica più o meno pronunciata; nell’organizzare i dati sensoriali, noi correggiamo la stessa impressione retinica e abbiamo in definitiva una percezione globale della tavola in cui tutti i piatti sono rotondi. Nei minorati psichici si osservano frequenti fenomeni di dissociazione psichica dovuti a una carente operazione di percezione. Tali soggetti, infatti, incontrano grande difficoltà nell’identificazione di una immagine che rappresenti soltanto il dettaglio di una figura oppure nel distinguere, in una immagine complessa, le diverse figure che la formano. Infatti, il riconoscimento della forma e della grandezza, del numero, della posizione e della distanza dei corpi, oltre che dai dati sensoriali, anche dall’operazione percezionale. La funzione percezionale sta a fondamento dell’attività conoscitiva; essa è la prima forma di riconoscimento e di interpretazione della realtà anche se non è ancora una forma di conoscenza consapevole. Infatti, riferendoci ancora a quanto detto poc’anzi paragonando la percezione ad una “finestra aperta sul mondo”, dobbiamo aggiungere che quello che vediamo dalla finestra è anche legato alla nostra personalità. Se ad una stessa finestra si affacciano più individui, ognuno attribuirà significati diversi a ciò che si può vedere; se la scena che mi appare ricorda qualcosa di particolare per me (per esempio i luoghi della mia infanzia), questa visione potrà anche commuovermi, mentre un’altra persona, di fronte allo stesso spettacolo, resterà indifferente e potrà chiudere la finestra perché ciò che vede non ha per lui alcun interesse. Tra le tante osservazioni che si potrebbero fare, è importante notare che, se certamente è necessario sapere com’è fatta la finestra, l’essenziale è conoscere la persona che ad essa si affaccia.