Covid-19: una pandemia anche di ansia e depressione
Sono stati mesi duri, di panico e paura, restrizioni sociali, serrate, chiusure di scuole, attività commerciali e sportive, perdita di mezzi di sostentamento, crisi economica, passi avanti e immediati dietro front legislativi, soffocanti mascherine, insopportabili code fuori dai supermercati, guanti e amuchine varie ed eventuali, eppure, lentamente e con molti intoppi, ce la stiamo facendo! Già, ma a che prezzo?
Covid-19 e salute mentale
Ricordando sempre chi non ce l’ha fatta e tralasciando le ovvie conseguenze legate all’economia globale dobbiamo valutare, oltre ai danni diretti dell’infezione virale a volte di lunga durata, anche un aspetto meno noto, ma altrettanto importante: l’impatto di Covid-19 sulla salute mentale.
Cerchiamo di comprendere, quindi, se e come la pandemia abbia contribuito all’aumento o all’esacerbazione dei disturbi d’ansia e di depressione nella popolazione.
Prima e dopo Covid-19: le conseguenze della pandemia sui disturbi depressivi e d’ansia
Già prima del 2020, anno di insorgenza di Covid-19, i disturbi mentali, in particolare quelli depressivi e d’ansia, erano inclusi fra le prime 25 cause di malattia e disabilità al mondo¹.
La diffusione mondiale di Covid-19 ha determinato, oltre agli effetti diretti sulla salute che tristemente conosciamo, una situazione socio-ambientale in cui molti fattori, che da sempre condizionano la salute mentale, sono stati esasperati.
Quarantene, restrizioni delle libertà individuali e chiusura di scuole e attività lavorative, nel tentativo di contenere gli effetti devastanti dell’infezione con le gravi conseguenze sulle condizioni socio-economiche di gran parte della popolazione, sono tutti fattori che possono influire significativamente sulla salute mentale, non solo delle persone già affette, ma anche di coloro che non hanno mai sofferto di ansia e depressione.
Un recentissimo studio comparso sulla prestigiosa rivista Lancet² si è posto come obiettivo proprio la valutazione delle conseguenze della pandemia da SARS-CoV-2 in termini di diffusione planetaria di ansia e depressione. Attraverso una comparazione dei dati epidemiologici pubblicati tra il 1 gennaio 2020 e il 29 gennaio 2021, dopo l’avvento di COVID-19, con quelli pre-COVID-19 (dal 1980 al 2019), i ricercatori hanno studiato l’effettivo incremento dei casi di disturbi depressivi e d’ansia legati alla pandemia in 204 Paesi del mondo, sparsi in tutti i continenti, inclusa ovviamente l’Italia.
Per approfondire:Come riconoscere i disturbi d'ansia
Quantificare l’impatto di Covid-19 su disturbi d’ansia e depressione: uno studio approfondito
Complessivamente, quale conseguenza della pandemia, è stato registrato nel 2020 un incremento del 28% (ben 53 milioni di casi in più rispetto agli anni precedenti!) del disturbo depressivo maggiore. Allo stesso modo, i disturbi d’ansia sono aumentati globalmente del 26% (+76 milioni rispetto agli anni pre-COVID-19). L’Italia, purtroppo, ha presentato aumenti analoghi sia dei disturbi di depressione che di quelli d’ansia.
Come atteso, le zone del mondo più colpite da COVID-19 hanno presentato il maggior incremento di disturbi mentali.
Donne e giovani hanno pagato il prezzo più alto
Rispetto agli uomini, le donne hanno presentato un maggior incremento sia dei disturbi depressivi (30% contro il 24% degli uomini) che dei disturbi d’ansia (28% contro il 22% degli uomini). Un risultato, questo, in parte attribuibile alle disparità tra i due sessi ancora presenti nella società, per cui le donne hanno maggiori probabilità di essere colpite dalle conseguenze sociali ed economiche della pandemia:
- Ricade soprattutto sulle donne la responsabilità della gestione del carico familiare, in particolare degli anziani malati e dei figli, accentuato ulteriormente dalla chiusura delle scuole durante la pandemia.
- Le donne hanno maggiori probabilità di essere finanziariamente svantaggiate durante la pandemia, a causa di salari più bassi e un’occupazione meno protetta rispetto alle controparti maschili.
- L’obbligo di stare in casa e l’isolamento sociale associati alla quarantena rende le donne più vulnerabili a episodi, spesso già presenti, di violenza domestica.
È intuitivo che tutti questi fattori possano associarsi all’insorgenza di disturbi depressivi o d’ansia o al loro peggioramento, se già presenti.
Allo stesso modo, lo studio ha evidenziato come anche le fasce d’età più giovani, soprattutto quelle comprese fra 14 e 30 anni, sono state maggiormente colpite dagli effetti del Covid-19.
La chiusura delle scuole, la limitazione delle attività sportive e le restrizioni sociali in genere, imposte dall’emergenza pandemica, hanno ridotto, se non annullato, la possibilità per i giovani di riunirsi in spazi fisici.
Ciò ha decisamente influenzato la socializzazione e, di conseguenza, lo scambio di opinioni e l’apprendimento, elementi alla base di un naturale e corretto sviluppo della personalità, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza. Un dato a conferma di quanto la situazione per i giovani sia preoccupante arriva dall’UNESCO, che ha dichiarato come la pandemia da SARS-CoV-2 abbia rappresentato il maggior impedimento all’istruzione globale nella storia, e ha stimato in 1,6 miliardi gli studenti di oltre 190 Paesi che, nel 2020, sono stati completamente o parzialmente privati della frequenza scolastica³.
Le conseguenze si sentiranno negli anni a venire in termini di aumentata probabilità di disoccupazione e sottoccupazione giovanile, elementi che non potranno che aumentare la frustrazione e la diffusione di disturbi depressivi e d’ansia nelle fasce giovanili.
Si è visto come, già prima della pandemia, i disturbi mentali rappresentassero un serio problema a livello sanitario globale, anche in virtù del fatto che in molti Paesi le strutture per la salvaguardia e la cura della salute mentale sono spesso trascurate e scarsamente sviluppate, nonostante esistano strumenti efficaci sia di prevenzione che di trattamento.
A questi impedimenti preesistenti si sono aggiunte dal 2020 le limitazioni imposte dalla pandemia, che hanno reso più difficile, se non impossibile in alcuni casi, l’accesso alle strutture sanitarie, inclusi i centri di salute mentale, e la possibilità di ricevere assistenza e terapie adeguate davanti alla recrudescenza di depressione e ansia.
La situazione si sta, poco per volta, normalizzando, ma sarà sicuramente complicato, nel prossimo futuro, riuscire a soddisfare la domanda crescente di servizi dedicati alla pandemia di disagio mentale generato da COVID-19.
Nell’articolo di Lancet², dunque, viene prospettata l’urgenza per governi e autorità regolatorie di trovare strategie valide per rafforzare le strutture sanitarie dedicate alla salute mentale. Occorre attivare risorse adeguate per approntare misure che migliorino e semplifichino l’accesso ai servizi dedicati, specie per la categorie più fragili e le fasce di popolazione più vulnerabili, anche attraverso l’uso della telemedicina e dei servizi online.
Ed è assolutamente indispensabile, specie nei paesi meno sviluppati, una campagna d’informazione per ridurre la stigma (Lo psichiatra è il medico dei pazzi?) che ancora accompagna i disturbi mentali e che allontana troppe persone depresse e ansiose dalla ricerca di un aiuto valido e terapie efficaci che potrebbero cambiare la loro vita.
Bibliografia
- GBD 2019 Disease and Injuries Collaborators. Global burden of 369 diseases and injuries in 204 countries and territories, 1990–2019: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2019. Lancet 2020; 396: 1204–22.
- Global prevalence and burden of depressive and anxiety disorders in 204 countries and territories in 2020 due to the COVID-19 pandemic. COVID-19 Mental Disorders Collaborators. Lancet 2021 Nov 6;398(10312):1700-1712.
- UNESCO. Education: from disruption to recovery. UNESCO, 2021. https://en.unesco.org/covid19/educationresponse#:~:text=One%20 year%20into%20the%20COVID,result%20of %20the%20health%20 crisis.