Negazionismo scientifico e fake news: demenze e false credenze hanno meccanismi cerebrali comuni?
I possibili meccanismi cerebrali alla base dello sviluppo di false credenze e teorie complottiste sono stati oggetto dell’editoriale - della rivista Jama il 2 novembre - del prof. Bruce l. Miller, neurologo dell’Istituto di neuroscienze dell’Università della California.
Le notizie false hanno contribuito alla diffusione del virus
La pandemia da coronavirus è accompagnata da notizie false e teorie complottiste sulle origini del virus amplificate anche dai social media.
Il Prof. Miller mette in evidenza come la retorica antiscientifica, favorita dalle scarse conoscenze scientifiche, abbia vanificato le raccomandazioni delle autorità sanitarie sulla prevenzione del contagio e contribuito alla diffusione del virus.
I dati relativi al Covid-19, alla sua diffusione e alla sua terapia, vengono presentati da virologi e medici con opinioni divergenti e con strumenti poco comprensibili per le persone con insufficiente cultura scientifica.
Possono la carenza di nozioni scientifiche e il basso livello culturale essere sufficienti per giustificare la diffusione di teorie e dati falsi?
Miller individua nelle carenze del sistema educativo la fonte della tendenza a credere alle fake news, in quanto lo sviluppo nell’adolescenza dei circuiti frontali, che presiedono ai processi cognitivi e consentono ragionamenti validi, è anche conseguenza di un corretto processo educativo che include l’alfabetizzazione scientifica.
Senza stimolare la capacità di ragionare razionalmente, senza monitorare e valutare la validità delle informazioni scientifiche, è più facile credere a informazioni false.
Il cervello è organizzato per creare e alimentare le nostre opinioni, valutando l’affidabilità delle informazioni e mettendole in relazione con le esperienze acquisite.
Alla base delle false credenze ci sono gli stessi meccanismi delle demenze?
In base a questo principio, sostiene Miller, i meccanismi neurali alla base delle false credenze sono analoghi ai processi neurodegenerativi delle demenze, si presenta, cioè, un’alterazione del funzionamento dei circuiti cerebrali.
A sostegno di questa tesi, ricerche recenti hanno ipotizzato che le false credenze emergano in presenza di disfunzioni della corteccia frontale, che permette di distinguere i pensieri falsi da quelli veri. Le informazioni non vengono elaborate correttamente, per cui percezioni e pensieri falsi sono accettati come veri.
Partendo da questi presupposti, Miller riporta il caso di due tipi di demenza, quello “a corpi di Lewy” e quella fronto-temporale. In questi pazienti, i circuiti che elaborano la veridicità delle informazioni sono alterati e il cervello riceve informazioni sensoriali distorte, che interferiscono con l’interpretazione del mondo esterno.
Miller ipotizza un’analogia fra le persone senza adeguate conoscenze scientifiche, che non riescono a elaborare le informazioni e i dati scientifici sul COVID-19, e quelle affette da demenza da corpi di Lewy, che, ad esempio, non sono in grado di riconoscere un volto familiare e lo scambiano per un impostore. Non riuscendo a elaborare correttamente i dati, scambiano per vere le informazioni false, e si convincono della loro veridicità.
Credere alla fake news esorcizza la paura
Inoltre credere nelle fake news permette di esorcizzare i sentimenti di paura e angoscia nei momenti difficili, come una pandemia, e permettono di credere che i problemi non esistano o siano molto meno gravi.
Come si può contrastare la diffusione delle fake news?
Nell’editoriale Miller lancia un appello alle istituzioni, alla comunità scientifica e ai mezzi di comunicazione, affinché facciano uno sforzo comune per semplificare e rendere comprensibili le notizie legate alla scienza.
Solo in questo modo si può fa vincere la scienza, e se la scienza vince, vincono tutti.
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