La morale della psicosi e il cervello della psicosi

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Il caso della madre trovata morta con il figlioletto in Sicilia è l'occasione di alcune osservazioni. Diverse cose mi hanno colpito nella narrazione del caso.

La prima è il ripetersi di una formula che ho letto in diverse testate, e che più o meno dice che la donna soffriva di "crisi paranoidi dopo crollo mentale a causa di una crisi mistica".

Questa notizia, ricavata da documenti sanitari che la donna aveva con sé, è esattamente quello che la situazione lasciava sospettare, visto il tipo di fatto e la notizia che la donna aveva recentemente manifestato interessi “nuovi” di tipo religioso.

Il punto è che in questa frase si riassume tutta la cecità rispetto ai fenomeni psichiatrici, cioè la tendenza a non considerarsi come espressione di un organo, funzione organica.

Se la donna soffriva di crisi paranoidi, non è che queste crisi paranoidi fossero “causate” da una crisi mistica: sono due modi per dire la stessa cosa, magari in un caso sottolineando aspetti religiosi e nell'altro aspetti di tipo invece persecutorio, o paure che potesse succederle qualcosa di negativo.

Ma la linea di pensiero che sottende a questi fenomeni è unica, ed è poi polivalente rispetto al contenuto. Poco importa come inizi una crisi delirante, se con un tema mistico o con un tema ipocondriaco, i contenuti poi si complicano, si moltiplicano, sono uno evoluzione dell'altro. I contenuti, non la forma.

Detto invece così come nella formula giornalistica, sembra quasi che ci sia un livello che ha una crisi mistica, magari anche in senso positivo, e poi un altro livello mentale in cui si sviluppa una paranoia, magari per “eccesso” di crisi mistica. O come se magari finché i contenuti sono religiosi la cosa non dovesse destare preoccupazione, mentre invece quando uno inizia a dire di essere seguito o minacciato, allora si sospetta che sta delirando.

In verità, la forma alterata del pensiero è ben riconoscibile anche prima, e ben riconoscibile anche rispetto ad una persona abitualmente religiosa.

Questo vale un po' per tutti i temi deliranti che hanno anche versioni “non patologiche”. Come si farebbe a riconoscere un delirio di gelosia, un delirio di persecuzione o di malattia se ci regolassimo soltanto su manifestazioni eclatanti (di agitazione o di pericolosità) o sulla bizzarria del contenuto.

Così facendo non soltanto sarebbero evidenti solo alcuni casi e in alcuni momenti, ma non si avrebbe neanche una chiara idea del delirio in sé. Per contro poi, per definire qualcosa “bizzarro” o “eccessivo” si dovrebbe avere prova che il pensiero della persona è infondato, oppure che il suo convincimento è incomprensibile. Figuriamoci poi nell'esaminare persone con culture diverse.

In effetti putroppo il nostro sistema funziona un po' così.

I casi che ricevono maggiore attenzione sono quelli con agitazione, con comportamenti visibili (non necessariamente pericolosi, ma visibili), mentre gli altri possono sfuggire o essere sottovalutati, e sono la maggioranza.

Le esplosioni psicotiche ci sono, ma più spesso sono precedute da fasi preliminari, addirittura a volte non soltanto la persona non è agitata, ma è più distaccata, fredda, taciturna. Nelle psicosi bipolari accade proprio che vi siano fasi di delirio calmo, non espresso a parole, seguite poi da esplosioni che vengono apparentemente dal nulla, quando subentrano le fasi agitate.

Infine, il “crollo mentale” di cui si parla, come se fosse qualcosa di ancora diverso da crisi mistica e crisi paranoidi, allude forse ad una qualche depressione precedente, o semplicemente al fatto che se ci si sente male, si è “crollati” in senso deficitario, come uno che per debolezza si accascia a terra.

In realtà non c'è sempre un meccanismo di deficit, la fase poteva anche essere opposta, di eccitamento, e non avere alcun nesso con nessun tipo di fatto negativo nella vita.

Ancora non è chiaro che un certo tipo di disturbi non richiedono che succedano eventi esterni, e che non funziona sempre il modello della perdita di energia, che a immaginarlo fa pensare ad un malato che è debole chiede aiuto e si fa sorreggere. Non funziona così nelle psicosi, in cui non vi è consapevolezza, la persona può essere agitata e sentirsi anche bene. Non di rado pervasa da una nuova energia, magari con in cuore la sensazione di attraversare un cambiamento importante, e così via.

Se quindi ci si aspetta che la malattia mentale sia un “crollo”, e di trovare il malato a terra, ci si sbaglia. Lo si può trovare in piena attività, a seconda dei casi, e che non si sente per niente crollato, ma magari al contrario in fase di crescita mentale. Pensa di aver capito qualcosa, di aver intuito, di vedere cose che gli altri non vedono ancora, e così via. Più che crollare, sta prendendo il volo, ed è quindi difficile da intercettare.

 

Il secondo aspetto che mi ha colpito è lo sforzo per determinare se la morte del figlio sia stata accidentale o provocata dalla madre.

In situazioni come questa, sembra uno scrupolo morale, come dire che “non si può accusarla di un gesto così atroce”.

Ma questo è evidente, poiché parliamo di uno stato di alterazione, non sarebbe neanche necessario specificarlo, la persona moralmente non ne esce in maniera diversa. Il fatto di poter aver soppresso il figlio durante un delirio (di solito per evitare che lo prenda il demonio, che lo raggiungano dei persecutori, che sia rapito e sottoposto a violenze etc) è un tipo di coinvolgimento presente nelle fasi psicotiche, quasi legato ad un istinto che unisce ancora in maniera stretta madre e figlio. Questo legame rimane anche dentro il delirio, e implica un coinvolgimento del figlio piccolo nel tema delirante.

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In generale, al di là delle risultanze del caso che sono comunque state anticipate, si percepisce la necessità di porre in continuità il delirio con quello che la persona è moralmente in condizioni normali.

Non ve ne è necessità.

Proprio perché il cervello non rimane “sempre e comunque” dietro la malattia, ma in essa è inglobato quando c'è una psicosi grave, è un controsenso voler pensare che la parte “sana” comunque avrebbe impedito a quella persona, pur in preda a un delirio, di compiere azioni estreme.

Sarebbe come sostenere che una persona con un forte attacco di panico si tranquillizza da sola, o che una persona con la depressione reagisce e se la scrolla di dosso. O uno in preda all'ossessione se vuole può distrarsi. Sono quei modi di vedere le funzioni e le malattie mentali che immaginano una specie di livelli mentali, a gerarchia. Uno basso che può essere perturbato, ma che comunque serve, una specie di motore. L'altro più alto, spirituale, che comunque mantiene sempre il suo punto anche in mezzo a una tempesta mentale.

La verità è se mai che quando ci sono delle alterazioni come queste, i cervelli finiscono per assomigliarsi molto di più di quanto non si assomiglino a cose normali, la malattia li fa essere più simili e più semplici, meno elastici, a volte completamente “appiattiti” su un tipo di funzionamento, che è l'unico in quel momento possibile.

In sostanza, il cervello è uno, e così come un atleta può avere una gamba rotta, una madre amorevole può compiere gesti estremi durante fasi deliranti, senza che ci sia bisogno di trovare una coerenza qualsiasi tra le due cose. La coerenza si trova con la malattia, con le sue leggi. A volte con quello che si sa del delirio.

 

Data pubblicazione: 24 agosto 2020

51 commenti

#1
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Buongiorno,
sono curabili queste malattie terribili?

#2
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È vero. Una persona che conosco ha la mamma con una psicosi paranoide. Mi sorprende sempre molto che si offenda perché la madre la accusa di prenderle i soldi... Non è forse proprio la paranoia la manifestazione della sua malattia?

#3
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Per esempio. E' chiaro che un familiare ha una reazione, ma purtroppo la malattia consiste in questo, non in altro.
Un altro capitolo è quello delle persone che sviluppano demenza.

#4
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Poi un' altra cosa che mi da fastidio da morire è quando la stampa ha questo atteggiamento da fulmine a ciel sereno, come se una persona che va fuori di senno in maniera così feroce non avesse mai dato alcun segnale, che non si potesse prevedere. Invece non è così, mi conferma lei nell'articolo che non è così. Diciamo invece che non si fa questa prevenzione, che non si investono più di pochi spiccioli nella salute mentale, nella salute mentale delle mamme italiane, le mamme più belle del mondo che reggono le sorti del Paese, sembra... E i risultati sono questi.

#5
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Tralasciando ciò che riportano i giornali , in psichiatria cosa s'intende per "crisi mistica"?

#6
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In senso medico, niente. In senso fenomenologico si intende un rapido svilupparsi di un interesse o orientamento verso una verità non comunicabile ma "intuita" o ricercata con riferimenti religiosi già noti, riguardante le grandi domande aperte, il sovrumano etc. Questo tipo di interessi può avere vario sviluppo: vocazioni, conversioni etc. Il termine "crisi" è chiaro che richiama la strana rapidità, ma tecnicamente per cercare la psicosi si cerca una forma di pensiero.
Se è una psicosi, rientra semplicemente nelle psicosi acute con un tema di quel tipo.

#7
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La risposta non è scontata!

#8
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A sto punto non comprendo più molte cose.
Ritornando ai fatti visti in TV ,tutto è scaturito da un sorpasso azzardato della signora con evidente danneggiamento dell'altro veicolo , da qui , comprendo la psicosi avuta da qualsiasi fattore scatenante ma dall'essere sicuri che sia mistico/religiosa mi lascia un po' perplessa .

#9
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Butto lì un'ipotesi, che mi è venuta in mente. La psicosi è in corso, da Marzo, va e viene di intensità. Quel giorno può esser capitato che abbia intuito che stava accadendo qualcosa di negativo, mettiamo la fine del mondo. Si sposta in auto in una maniera che non è risultata comprensibile, dopo di che nel bel mezzo di questo stato forse concitato capita l'incidente. Mettiamo che abbia interpretato l'incidente come qualcuno che la stava seguendo, già da prima, e abbia creduto che l'avessero raggiunta per ucciderla, o rapirli. Scende e scappa, e ha l'impressione che la stanno raggiungendo. In tutto ciò si deve considerare che nella psicosi ci sono anche allucinazioni, si possono vedere mostri, demoni, gente che ti rincorre armata, sentire voci. Se tutto ciò si è intensificato in questo modo, non stupirebbe che uno cerchi di scappare e poi o cada o si lanci.

#10
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Così mi è più chiaro , grazie per la spiegazione .
I fatti visti da un punto di vista medico risultano più chiarificatori di qualsiasi articolo scritto da un giornalista ignaro delle modalità di come si sviluppino determinate condizioni del cervello.

#11
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A me è capitato di essere talmente depressa da sentirmi come in un film dell'orrore e da pensare addirittura di uccidere la persona che amo di più al mondo perché pensavo che fossero tutti psicopatici e che lo avrebbero macellato. Fortuna che ho tenuto botta e che ho pensato che era un sintomo, anche se sono rimasta timorosa di chiedere aiuto per un po', perché quello che sentivo era reale, ero terrorizzata. Bisogna educare le persone a riconoscere la psicosi come li si educa a riconoscere l'infarto, perché salverebbe delle vite.

#12
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Come fa uno a riconoscere che è psicotico? Se si riconosce come psicotico, per definizione, non lo è. Piuttosto, bisognerebbe convincere i familiari a non esitare a fare curare il proprio congiunto, perché in una situazione di allucinazione come quella ipotizzata dal dott. Pacini, non è possibile che i familiari non si accorgano di nulla.
Il marito (stando a quel che che dicono i giornali, che spesso prendono lucciole per lanterne) ha affermato che la moglie non prendeva farmaci, come se fosse un "merito"... mah

#13
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Si riconosce secondo me, si riconosce perché cambia rispetto al solito. Qualcosa trapela, come dice il dr. Pacini, magari la persona è impaurita, si isola, non parla, oppure comincia a parlare spesso di argomenti specifici, non ha voglia di fare nulla oppure si comporta in maniera aggressiva, ha un'ansia fortissima... Si cambia dentro, cambia la prospettiva sulla realtà. Non ha più senso dell'umorismo, l'ambiguità non c'è più, è "sicura" che quello che penso è vero. Con un po' di esperienza la persona stessa lo capisce, specie se come me questi cambiamenti li ha già visti, da fuori.

#14
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Il punto non credo sia educare le persone a riconoscere una psicosi causa mancanza appunto di competenze e professionalità , che lascerei appunto ai medici specializzati in questo, ma piuttosto di potrebbe tentare di educare le persone ad estirpare lo stigma insito in loro ovvero il pregiudizio diffuso nei confronti di chi soffre di un disturbo psichico, che porta a etichettare il malato come matto e a considerarlo una persona di serie B. Superarlo permetterebbe ai malati di accedere prima e meglio alle cure, ma a giovarne sarebbe l’intera società.

#15
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Anche, ma come si estirpa lo stigma? Con la conoscenza, così come è stato fatto con i tumori, che un tempo erano un male oscuro e incurabile e perciò temuto come erano temuti coloro che ne erano affetti, quasi fosse contagioso. Io credo che sia necessario educare la popolazione a riconoscere i disturbi mentali, almeno i principali, e investire nelle cure. Queste persone che salgono agli onori della cronaca sono persone non curate o curate male. È anche lo spettro dell'incurabilità che contribuisce allo stigma.

#16
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Penso che molti pazienti abbiano difficoltà a sfuggire dallo stereotipo della propria condizione e forse riversano su se stessi gli stessi giudizi negativi che vengono espressi dalla popolazione generale : vergogna ,senso di Isolamento , difficoltà nel chiedere aiuto .
Moderare lo stigma ,forse è uno dei passi che si potrebbe fare , grazie ad un ambiente familiare ben consolidato , spiegazioni della malattia da parte degli esperti che possono essere comprese e condivise dalla comunità etc
Muoversi da soli in un mondo di matrice nichilista è difficile se non supportato da persone competenti in questo ambito.

#17
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Dr. Matteo Pacini

Non è solo un anti-stigma come può essere quello per l'hiv. In questo caso vi è la non coscienza di malattia, ovvero alcune persone non sono consapevoli di ciò che hanno. Non è che lo considerino umiliante o squalificante, e quindi non ne parlano volentieri (questo anzi è umano e socialmente ammissibile, nessuno è obbligato a raccontare di sé tutto a tutti), ma proprio una negazione vera del problema, che è parte integrante dei sintomi. Un soggetto psicotico per esempio può essere abituato a dire che è malato, in realtà non sempre ha idea del senso in cui è malato, e quindi vive le cure come qualcosa di "sostanzialmente" non necessario, non come una cosa pesante o sgradevole ma necessaria. Se così fosse si riuscirebbe a ragionare meglio su tutto, il problema è che spesso le cure sono impegnative perché non c'è consapevolezza.
Con l'era internet purtroppo la consapevolezza è fasulla, si diventa esperti in dettagli che neanche si possono intendere in maniera corretta e chiara, o si crede di aver compreso "più o meno" la psichiatria, per poi non riuscire a riconoscere i meccanismi base della propria malattia, tanto che le autodiagnosi, anche con tutti i siti del mondo, vengono fatte secondo gli stessi errori, che sono sintomatici dei disturbi.
Purtroppo a fronte di questo ci sono anche fonti antipsichiatriche che alimentano indirettamente lo stigma. Mi spiego: negano la malattia mentale (non so che voglia dire negare la malattia mentale), ma facendo questo è come se ingigantissero poi il problema. La rendono oltremodo etichetta, mostruosità, vedono la diagnosi come da rifuggire, la cura come da limitare a circostanze estreme, il meno possibile e per meno tempo possibile. Il contrario che normalizzare la percezione del problema, e aumentare l'interazione serena e non problematica con la malattia mentale. Ovvero: magari gli altri non possono far nulla, ma sanno di cosa si tratta. Invece è il contrario: gli altri si pongono il problema di intervenire in mille modi, ma di fatto non ne sanno granché e ne hanno paura.

#18
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Mi scusi dottore, ma allora non ho capito bene la sua posizione. Lei non crede che sia possibile prevenire questi eventi e in generale intervenire tempestivamente? Non crede sia utile educare la popolazione sui disturbi mentali?

#19
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Certo che è utile, ma non è così lineare. Il medico che fa cura, mettiamo, un tossicodipendente, non può contare sull'utilità dello spiegargli la malattia, ci devono essere sistemi che rendono conveniente la cura rispetto alla malattia. A volte funziona anche sulle malattie correlate: ad esempio educare alla prevenzione dell'hiv non è efficace nei tossicodipendenti, mettergli a disposizione materiale sterile sì. Se si aspetta che vadano a prendersele da soli, non funziona.
Le cure in generale prevengono anche le complicazioni ma non sempre. Per esempio il suicidio non è linearmente prevenuto da cure che funzionano. Così come gli atti di violenza non sono prevenibili solo tramite la cura delle malattie mentali, anzi, non è neanche chiaro se ci sia in generale una correlazione.
Prevenire significa che dopo una campagna di prevenzione, cambiano i connotati di un problema. Nei singoli casi, purtroppo non significa niente di preciso.
Mia considerazione: un elemento che sarebbe utile è di avere servizi psichiatrici in cui un o possa accedere, ricoverarsi e far cure quando vuole, che non ha vincoli di posti, ha ambienti ospedalieri e più liberi insieme, e che quindi sia una specie di valvola automatica di contenimento delle crisi psichiche dalla strada all'ospedale.

#20
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Ma quindi dottore, se uno è "a rischio suicidio", l'unica maniera per star tranquilli è rinchiuderlo?
Perché se nenache curarlo può bastare...

#21
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Ricordo il motto una campagna di sensibilizzazione internazionale :"
La prevenzione del suicidio è possibile, e riguarda tutti"

Entrare in questo intimo dialogo è possibile e lo psichiatra, facendo leva sull’empatia, può, in punta di piedi, diventare per il soggetto in crisi quell’interlocutore e quella sponda sicura da cui guardare a quella sofferenza che altrimenti finirebbe per ucciderlo.

#22
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Qui si sta parlando di violenza utilitaristica o comunque impulsiva, ma coerente con il proprio desiderio, come in genere è la violenza criminale. Si parla di suicidio, di matricidio, di omicidio "altruistico". Certo si può uccidere un figlio perché ci impedisce di vivere la vita che vogliamo, ma di norma si tiene alla prole, è naturale.

#23
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Volevo dire figlicidio. Questa specie di centri diurni che descrive servirebbero a prevenire la violenza in che modo? Non è polemica, non ho capito.

#24
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Non esistono questo tipo di strutture, in parte esistevano.
Il rischio non è un elemento che c'è o non c'è. E' un rischio. Sarebbe come dire che è a rischio d'infarto è bene stia fermo a letto per tutta la vita...
Invece no, magari farebbe anche peggio poi. idem per il suicidio. Lì c'è una medicina che previene, ma non al 100%. Le medicine sul suicidio forse 1 o 2, ma ancora c'è dibattito su questo.
Per esempio gli antidepressivi no, non sono preventivi. Ma non stupisce questo se uno va a vedere i correlati psicopatologici del suicidio.
Dopo di che un conto è qualcosa che se si manifesta tende a rendersi evidente sempre di più, e un conto è qualcosa che non funziona così.
Su alcune cose anziché studiare miglioramenti si parte da una pretesa di effetto assoluto, e poi ci si stupisce. Essendo poi un evento doloroso e irreversibile, ci si pone il problema di dargli un significato.

Quanto a quello slogan, è un insieme di buone parole, che diventano da una parte quasi un'acrobazia indefinita, dall'altra dovrebbero indicare una via netta e chiara. E' una rappresentazione del suicidio molto gentile, in cui ci si incontra, ci si trova, ci si capisce. Va bene dare speranza e sensibilizzare, ma col senso della misura.

#25
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La prevenzione non è mai prevenzione al 100%, è più che altro questione di riconoscere la possibilità che un evento possa verificarsi e mettere in atto ciò che si sa possa prevenirlo. Tornando all'argomento dell'articolo, lei sembra dire a volte che questi eventi sono prevenibili, a volte no, che ci sta. Non c'è niente che possa insospettire un familiare, un amico, il medico di medicina generale, il pediatra, ecc? Voi cosa guardate, se non è troppo esoterico? Scusi l'ironia ma lei per primo sottolinea che la psichiatria è tanto meno compresa quanto più se ne parla al grande pubblico. Questo dispiace me in quanto credo fermamente nel valore dell'informazione e dell'educazione, purché adeguata chiaramente.

#26
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Ci sono una trentina di fattori con un peso statistico significativo, di cui pochi con un peso elevato. Ma sono fattori che non sono sempre prevedibili: per esempio uno stato di intossicazione da sostanze. Un esito negativo di qualcosa. Un evento andato male che però la persona descriveva come destinato al successo.
E' come stimare il rischio di ricaduta depressiva, soltanto che in quel caso se c'è, non è un evento istantaneamente irrimediabile.

Se Lei guarda per esempio il rischio di morte cardiaca improvvisa, in quel caso ad un certo punto si impianta un pacemaker se c'è un rischio legato a fattori non modificabili o senza spiegazione, che portano all'arresto cardiaco o alla fibrillazione ventricolare.

In questo caso dovremmo avere qualcosa del genere. Infatti gli ultimi antidepressivi punterebbero su un effetto di questo tipo cioè un rapido azzeramento del rischio suicidario. Il problema è che molti dei fattori di tale rischio sono post-evento, post-diagnosi, post-accertamento.

#27
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Forse è destino del medico scontrarsi con il limite, e tuttavia continuare a tentare, mentre forse l'uomo della strada come me può ancora rifugiarsi in un infantile senso di onnipotenza.
È troppo banale se domando se parlare di morte può essere un segnale valido? Molte persone, tra cui io, quando sono depresse dichiarano di voler morire, anzi, la morte diventa un pensiero ricorrente.

#28
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Più si è vicini all'uomo ,"al cuore della vita" , più si percepisce che insieme alla spinta vitale vi è anche il suo opposto.

Di fatto , se ho compreso quel che il dottore ha spiegato, le evidenze scientifiche sono tali da consentire di affermare che il suicidio non è prevedibile con un
grado di certezza tale da poter disporre di metodi scientifica-
mente dimostrati per poterlo prevenire. Ciò non esime in nes-
sun modo il discorso etico di cercare di fare di tutto per poter dare speranza alla persona ed aiutarla ad uscire dalla condizione esistenziale che ha determinato tale ideazione.

Prevedibilità e evitabilita' risultano un obiettivo a cui tendere con determinazione ,competenze ,impegno , professionalità nonostante sia arduo e difficile da raggiungere se non impossibile.

Ora mi chiedo ,ma come può quindi un perito , spesso inesperto , non a conoscenza di tutti questi fattori così complessi e articolati, che non ha conoscenza di pazienti con sofferenza acuta ,che non svolge un lavoro clinico , a stabilire con un parere scientificamente provato che un suicidio sarebbe stato prevenibile e poi evitabile?

#29
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Penso sia molto difficile trovare il "colpevole" di un suicidio. Certo è che se una persona con un tentativo di suicidio alle spalle che dichiara di volersi ripetere non viene presa seriamente e non viene curata, bene o male che sia, potrebbe essere una negligenza del medico, che comunque sarebbe responsabile della sua negligenza, non del suicidio, almeno secondo me.

#30
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Perché cercare un colpevole?
A volte , nonostante la fine di ricovero l'atto viene compiuto ugualmente,
che l’atto suicida possa essere
una risposta a un sentimento dell’onore offeso, della vergo-
gna sociale, della rabbia e dell’impulsività, senza rilevante
depressione; che possa essere attuato per vendetta contro
qualcuno o per protesta (come in carcere); per una pulsione
distruttiva verso altri, come nel terrorismo; che possa essere
espressione del valore supremo, come nella morte di martirio o semplicemente la volontà di annullarsi o annullare le sofferenze fisiche come scelta ...le ipotesi sono molte purtroppo ..e credo che anche i medici chi più chi meno ,abbiano i loro cimiteri su cui piangere.

#31
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Mi riferivo al commento precedente.

#32
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Dottore ,
Dato che per molti vi è impossibita' di comprendere la definizione di psicosi ,potrebbe essere paragonata ,anche se in modo rudimentale e non con termini scientifici ma dialettali, con la parola "chiacchera" ?
Le chiacchere alimentano uno stato non veritiero della realtà non vissuta e non percepita ,così come lo è una psicosi ,un alterazione della realtà con impossibilità di comprendere come siano andati realmente i fatti?

#33
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Dr. Matteo Pacini

Eh, no, perché della chiacchiera si è consapevoli. Ci può piacere alimentarla, renderla verosimile, darla per vera, ma poi di fatto non ci mettiamo la mano sul fuoco. Ad esempio ci sono chiacchiere che non sono gradite e non attecchiscono, si lasciano perdere.
E' come la fantasia. Non importa quanto sia spinta, c'è consapevolezza che l'ho creata io. E la chiacchiera, c'è consapevolezza che proviene da tizio, caio etc.
Nella psicosi nessuno me l'ha effettivamente detto, non l'ho inventato io, ma è vero. Come se l'avessi vissuto, visto, toccato con mano. O come se fosse cosa già nota senza ricordarmi di preciso come e perché.
Infatti già una formulazione in cui vi è certezza di dettagli senza certezza del tema generale è sospetta, tipo quando uno dice "mi vogliono uccidere" , senza sapere chi, come e perché.

#34
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La chiacchera è malafede ,la psicosi no, perché malattia .
Tra le due paradossalmente , meglio la seconda perché possibile da curare .

#35
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È vero, è come un fulmine a ciel sereno, tutto cambia alla luce di una cosa che prima non c'era e ora non può non esserci. Poi la chiacchiera si fa in due, è anche funzionale a migliorare le relazioni, il delirio anche minimo isola.

#36
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Se per "chiacchiere" intendi ragionare per comprendere concordo .
Nell'accezione negativa mi ricorda un filosofo dell' 800 che
le defini così:
"Ancora ci si muove sempre in direzione del perfezionare i mezzi di comunicazione, perché la comunicazione delle chiacchiere possa avere una diffusione sempre maggiore. E a nessuno viene in mente che il compito sarebbe piuttosto di cercare di scoprire delle macchine assorbenti, per aspirare il fumo delle chiacchiere per non peggiorare la società ".

#37
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Salve.
Esulo dal caso in particolare poichè non ne conosco i dettagli, tranne le caratteristiche generali.In genere mi stupisce che informazioni cosi sensibili vengano divulgate dalla stampa, mi chiedo come possano conoscerle(non è una critica anche io lo sottolineo,anche io chiedo perchè non capisco)
Magari potrò scriverne successivamente, per porre eventualmente dei quesiti su tale caso specifico.
Mi chiedevo se oltre ad un'eventuale psicosi, quindi, e mi si corregga se utilizzassi termini impropri o inadatti,patologia(?) , si possano anche avere o vivere in soggetti sani ?La domanda verte sulla/ psicosi in soggetti che accumulino particolari stress,quindi indotte da accadimenti reali, ma gestite dagli stessi in maniera disfunzionale.Quindi su uno stato di coscienza alterato però da accadimenti concreti, che alteri una forma di pensiero scevro da meccanismi mentali che in condizioni di calma e non di stress, non avrebbe.
Le psicosi possono essere vissute da chiunque?Anche da individui senza patologia alcuna?Grazie

#38
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Ciao @257028 , ipotizzo che se il dottore non ti abbia risposto ci sia un difetto di domanda.
Sano o malsano difficile da distinguere se lo determini solo a livello psichiatrico
Tommaso Moro sosteneva "che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare ,che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare ,ma soprattutto che io possa avere l'intelligenza di saper distinguere".

Unirsi è necessario non per stare uniti ,ma per fare qualcosa insieme .
La conoscenza ha bisogno di esprimersi in parole x esser partecipata e e condivisa a livello di comunicazione ed insegnamento .
È possibile così imparare una grande quantità di nozioni anche su realtà mai incontrate né viste , conoscenza imperfetta,di seconda mano,si potrebbe dire,ma sempre possibile di approfondimento.
Buona domenica e buona scrittura.

#39
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"Magari potrò scriverne successivamente, per porre eventualmente dei quesiti su tale caso specifico"

Perfetto ,dato che in Italia mancano giornalisti che facciano una qualsiasi seconda domanda :)

#40
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"Ciao @257028 , ipotizzo che se il dottore non ti abbia risposto ci sia un difetto di domanda."
Ciao @519858 :)
Può darsi tu abbia ragione, magari è poco chiaro come l'abbia esposto, di questo allora mi scuso con voi.
"Sano o malsano difficile da distinguere se lo determini solo a livello psichiatrico"
Per me non è malsano ne sano, cioè nella mia domanda intendevo se,in soggetti nei quali non è presente una problematica di tale tipologia vi fosse una possibile propensione a viverla, in un momento molto difficile per chi fosse coinvolto in determinate problematiche .Pongo degli esempi, una psicosi di massa per un virus,o la reazione a una violenza,il bullismo a scuola se vissuta in maniera pervasiva...possono ingenerare psicosi in soggetti che mai le avevano vissute prima?
Esulavo dal caso che propone il dottore poichè non conosco bene i dettagli e replicare a questo nello specifico è per me non possibile (al momento).

Molto bella la citazione che descrivi.
"Tommaso Moro sosteneva "che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare ,che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare ,ma soprattutto che io possa avere l'intelligenza di saper distinguere".
Nel corso della mia vita ho cambiato "delle cose fondamentali che mi riguardano".Accettare ciò che non si possa cambiare : si anche perchè sarebbe inutile fare diversamente da cosi.L'intelligenza di sapere distinguere:concetto complesso quello correlabile alle intelligenze(se ne stimano se non erro circa di nove tipologie, e le sottointelligenze, argomento affascinante).A volte ci si può riuscire: il dirimere tra le due eventualità è valutabile nel corso del tempo, cioè, se non capisco non posso cambiare, e per capire il come potere cambiare in ambiti iper complessi possono occorre tanti anni anche una vita intera,Il dirimere non è quindi solo questione di intelligenza/e ma di conoscenza della problematica che ci affligga
"
Unirsi è necessario non per stare uniti ,ma per fare qualcosa insieme .
La conoscenza ha bisogno di esprimersi in parole x esser partecipata e e condivisa a livello di comunicazione ed insegnamento .
È possibile così imparare una grande quantità di nozioni anche su realtà mai incontrate né viste , conoscenza imperfetta,di seconda mano,si potrebbe dire,ma sempre possibile di approfondimento."
Bello il concetto che esprimi.
Condivido la tua forma di pensiero su questo.
Io ho una problematica conosciuta ma nosograficamente non valutabile se non parzialmente (altro esempio),
In Italia siamo bravissimi nel porre domande : mancano le risposte, perchè alcune sono impossibili da fornire,o,come scrivevi tu, le domande a volte sono mal poste.

Magari il dottore non ha avuto il tempo per potere rispondere, oppure ha ritenuto poco significativa la mia domanda.
In Off Topic sul suo discorrere magari.
Non importa, continuerò a leggervi.
Sull'argomento On Topic, non ho potuto documentarmi ,
Non so se il "Buona scrittura" fosse ironico ;magari si, per mie caratteristiche non distinguo facilmente l'ironia in un post o nella vita di tutti i giorni.Capendola ben poco, domando sempre se lo sia stata la frase o la parola/le parole in un post .Penso sia fondamentale porsi sempre in maniera neutra verso chi risponda .Ti ringrazio per le tue notazioni: faccio sempre tesoro delle risposte interessanti.

#41
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Sai, potrebbe esservi una seconda ipotesi oltre a quella da te gentilmente scritta.
Magari la risposta è già compresa nei post precedenti :
O forse il mio post era anche troppo "Lungo": a volte è fastidioso leggere post troppo lunghi.

#42
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Scrivere aiuta a riflettere e riflettere stimola ad una visione più ampia di quanto succede in noi ed intorno a noi ,quindi non voleva essere ironico anzi.
Ti ringrazio per le note positive che ricambio .

#43
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@519858
Ciao: ho chiesto perchè non decifro a volte le frasi ironiche da quelle non ironiche.Questo per via del mio autismo ad alto funzionamento (questione complessa anche questa, magari sarà un input per il dottore per una prossima descrizione o per altri che ne vorranno discorrere, sarebbe molto importante).
Avete scritto tante cose interessanti.
Mi pongo nell'ottica dell'osservatore e vi ringrazio :)
Si; concordo con quanto affermi, lo scrivere aiuta a riflettere,e in un forum si ha molto tempo per "ascoltarsi" ed a volte "Comprendersi".

Tendo a non dare giudizi sulle persone e questo mi è indirettamente di aiuto.
E lo è per le persone amiche.
Mi colpiscono due persone che manifestano forse i sintomi di psicosi.
Scrivo forse poichè una ha diagnosi, ma non essendo un medico evito di "giocare al dottore" come in molti fanno con lei...
ascolto e tento sempre di non giudicare, sbaglio perchè cerco una logica nelle sue azioni/reazioni.Ma Logica non c' è tranne quella relativa al suo disturbo, che si "Veste" e "Maschera" di altre luci per offuscarne la visione a lei in primis.Che come già scritto sa e conosce benissimo il suo funzionamento psicologico.Ne è conscia.E si cura: senza risultati apprezzabili, ma, ritengo fondamentale lo faccia.Altra persona, sempre amica, mi descriveva a modo suo (mentre discorrevamo di tutt'altro) comportamenti di persone tra l'altro anche non vicine, dando una propria spiegazione a non accadimenti .Quel signore ha fatto cosi per ...questo interpretando del tutto distorsivamente un fatto nemmeno accaduto.Banalissimo e di cui non mi ero nemmeno accorto , nemmeno che questa persona fosse passata a trenta metri da noi tra l'altro."Ha fatto questo per controllarci""dissimulando le sue azioni in tal modo..."
il negare l'evidenza non serviva: il fatto non era accaduto: quel signore era solamente uscito di casa e attribuire un pensato ed agito di quel tipo lo trovavo illogico.
La mia risposta fu:"Non mi sono accorto che abbia fatto questo , è solo uscito di casa"
per lui invece aveva sempre tutto un significato chiaro e preciso, ma illogico.

Viviana viveva delle ossessioni (da quel poco che ho letto parrebbe cosi)
mi è chiaro se avesse o meno una cura che seguisse alcuni articoli si in altri no.
Nemmeno a me è chiara la situazione: non so se si sia buttata dal traliccio, se il bimbo(Giole) fosse già morto o stato ucciso da lei, o nell'incidente.
Mi pare di capire che una delle chiavi di lettura chiare fosse quello.
Avvenuto e testimoniato.
Il resto è un po' confuso nelle narrazioni.
Farmaci e terapie seguite o no?
Due ipotesi: le cure non le seguiva.La seconda è che una parte delle cure quella farmacologica non fosse per lei o valida o non avesse ancora agito.
Per la terapia psicologico penso ci vogliano mesi o anni (dipende poi da quale eventualmente seguisse).
Il telefono non lo porta con se.
Perchè?"Razionalmente" o per paure sue nelle quali faticheremmo ad avere accesso anche conoscendone i risvolti.
Va verso e non da sola, porta con se la persona che ama di più;suo figlio.
La psicosi è forse nel cercare una via di scampo da accadimento imminente(nella sua mente).
Questo le fa perdere ulteriore razionalità(?)
Ha un incidente: ma sotto un azione di quella tipologia ed alla guida di un auto...
nell'incidente qualcosa accade, sia a lei che al figlio.
Anche qui le ipotesi sarebbero tante.
Muore il figlio in quella circostanza : lei va in panico.
Non muore ma sta male idem panico.
Si ferisce .
Lei lo porta via dal luogo dell'incidente.
Per raggiungere un qualcosa o sfuggire da un qualcosa .
Stanno insieme (lo porta in braccio).
Questo mi fa considerare meno probabile l'ipotesi del traliccio come punto di ricerca a 360 dall'alto.Ma del suicidio omicidio.
Il tutto derivante dalla sua condizione psichiatrica .
Quello che mi appare oscuro è il dopo : si conosce esattamente dove accada ma non si trova che dopo tanti giorni entrambi i corpi o i resti in quel caso.Sarebbero bastati dei cani molecolari per trovarli, e in un lasso di tempo molto breve.Non so se li si sia utilizzati, forse si, forse no, forse male(?)
Tante domande tranne una certezza : lei soffriva psichiatricamente e psicologicamente.
Sullla domanda del si può prevenire: la risposta è ben difficile.
L'idea che mi son fatto è stata quella di una sottovalutazione complessiva sia medica che famigliare(in quel caso: sottolineo che non sia "un sempre cosi accade"poichè è la rarità a colpirci e non la "Normalità"in questo accadimento, cioè qualcosa che di solito funziona e un caso a se stante dove non ha funzionato).
Non era nemmeno sola , ma con un caregiver famigliare potenzialmente in grado di poterla aiutare ad aiutasi.
Una persona malata in genere nega la propria malattia.
A volte per convincimenti propri altre per paure ,non solo degli stigma sociali.E diventa impossibile curare chi non voglia farsi curare .A meno di un TSO .Forse e tranquillizzandola le andava spiegato meglio che la sua cura se ben seguita le avrebbe giovato.Penso che in un primo tempo tempo il bimbo lei da sola non avesse modo di seguirlo: andava affiancata da qualcuno/a che non lo ha fatto , o solo parzialmente fatto(Ipotizzo).
Il risultato finale è stato quello solo di vittime volontarie ed involontarie al contempo.

#44
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Utente 606464
"Buongiorno,
sono curabili queste malattie terribili?"
Risposta da semplice utente.
Magari il dottor Pacini potrà aiutarci con una risposta competente.
Penso di si.
Curare significa trattare aiutare avere cura e cure.
Molti lo confondono con il guarire : e son due cose diverse però.
La remissione totale dei sintomi.
Lo stare bene sotto trattamento medico credo di si.
Terribili, intuisco lo siano per chi ne soffra e per i famigliari e amici della persona "malata".Lo scrivo tra virgolette non per sminuirlo ma perchè facendo,ponendo questa distinzione farei una scelta sbagliata.Con un male (?), malata da l'idea del incurabile, e forse quasi nulla è incurabile...

#45
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Hai ragione la terra gronda di sangue , sangue dell'uomo sull'uomo ma scorre anche tra quello meno visibile.

Avevano prospettato un millennio di pace ma sembrano scenari più vicini all'Apocalisse che a una nuova età dell'oro.
Interessante disamina, rabbia ,odio ,orgoglio ,difesa , vendetta sono parole sulla bocca di molti e non sono parole innocenti.
La strada non nasce dall'opporsi ma dal mettersi in cammino, mutare le parole ,le idee,gli abiti mentali non basta per fare sì che anche ciò che intorno a noi cambi,forse basterebbe non rimanere in superficie ma scendere ad "un livello inferiore " ovvero più profondo.
Il cammino interiore è simile al lavoro che una volta facevano gli uomini per accedere il fuoco
Si batte e ribatte una pietra contro l'altra ,senza stancarsi . Per nascere il fuoco ha bisogno del legno ma per divampare deve attendere il vento.

#46
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Dottore ,
Una domanda.
Freud sosteneva che in ogni persona esiste un lato oscuro,dato che nell'uomo insitano istinti aggressivi e passionali che portano alla violenza ma nella maggior parte delle volte tenuti a freno ,anche se in modo imperfetto, dalle istituzioni sociali o dai sensi di colpa.
Rispetto al comportamento criminale potrebbe essere riduttivo il dualismo
sano =normale
malato= criminale ?
Dato che esistono "sani di mente" criminali e "malati di mente "non criminali"?

#47
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"...la terra gronda di sangue , sangue dell'uomo sull'uomo ma scorre anche tra quello meno visibile."
!Molto belli i tuoi post, scusa se non ti cito con un numero, ma indirettamente con una frase di Pitagora "tutto è numero" :)
La frase delinea vari scenari complessi,comprese antitesi e la scuola segreta su quale si fondava il motto era questo.
In "realtà" nessuno può rispondere univocamente a un enigma, ma solo porre ipotesi, ed alcune tutte valide potenzialmente come nell'enigma di Sant'Ives (Tante risposte).Poco fa (ri) guardavo un film su Alan Mathison Turing.Lui ne cercava una logica per decriptare un enigma sulle comunicazioni militari Tedesca durante la seconda guerra mondiale.Che tra l'altro mutavano.Ma un unica risposta :quella giusta (in quel caso).Le variabili erano un problema nel problema(Ovviamente non vi riusci da solo: qui ritorno a un altro tuo passaggio di un post precedente tuo).Tra l'altro scriviamo qui grazie a lui ! :)

Il sangue è spesso inteso come duale .Vita e morte.Senza la vita umana sarebbe impossibile."ma scorre tra quello meno visibile...", questo passaggio non l'ho compreso,per mia incapacità.La spiegazione potrebbe essere interessante.
Sul millennio di pace ...ehm! Lo vorremmo tanto anche per i posteri, significherebbe l'avere "creato"una società ideale.Cosa che al momento non è purtroppo.Spesso si ragiona in maniera limitata : ed è quello che l'essere umano fa adesso(o da sempre),Non solo perchè abbia dei limiti, ma anche perchè tende a porre in atto quello che gli convenga di più.Questo è potenzialmente estendibile alle malattie(?): alcune non le tolleriamo perchè le troviamo inaccettabili socialmente, altre invece si .Tra le non tollerate ci sono quelle psichiatriche, e non tollerandole le si rendono più forti e misteriose di quello che si conosca.Si ha paura di chi le abbia, le si nasconde, non le si tratta, o le si tratta in maniera non precisa a causa di crei dei muri insormontabili.Per quello scrivevo sulle tante possibilità di cura e non solo farmacologica, ma anche farmacologica se ritenuta utile o indispensabile.Altro stupendo ragionamento "La strada non nasce dall'opporsi ma dal mettersi in cammino, mutare le parole ,le idee,gli abiti mentali non basta per fare sì che anche ciò che intorno a noi cambi,forse basterebbe non rimanere in superficie ma scendere ad "un livello inferiore " ovvero più profondo.
Il cammino interiore è simile al lavoro che una volta facevano gli uomini per accedere il fuoco
Si batte e ribatte una pietra contro l'altra ,senza stancarsi . Per nascere il fuoco ha bisogno del legno ma per divampare deve attendere il vento."
Il non opporsi è già un porsi verso una prospettiva di guarigione.
Mettersi in cammino, mutare le parole(le parole che usiamo sono dannose se usate male, e utilissime se usate bene...un pensare corretto è cura nella cura,la mente cambia, cambiando noi stessi , ed in meglio!)
Mi piace il paragone che poni .Lo scendere a un livello inferiore.Quindi più profondo.Comunemente leggo o sento del salire a livelli superiori,per migliorare la profondità di pensiero.E vedere ribaltato ma logicamente un concetto falsato dai mass media lo trovo molto ma molto interessante.Il profondo è sotto e non sopra,eppure lo si percepisce irrazionalmente come un sopra invece ...il cammino interiore...comprendo quanto hai descritto .Per nascere il fuoco ha bisogno di attrito.E di ossigeno.Comburente.Il non chiaro , rientrando sulla tematica è per l'appunto un elemento secondario. cioè il fumo, che nasconde alla vista e crea morte in un incendio .O l'esplosione: che non salva nulla di ciò che era in origine.Forse i primi casi di esplosione di farine furono verificati scientificamente in Francia o negli USA.Anche la Farina può esplodere, ed è altamente esplosiva se concentrata in aria in proporzioni cospicue.Basta un innesco ...e non è affatto facile spegnere un incendio da una polvere non vulnerabile dall'acqua ...il ragionamento è strano, ma come nei vecchi giochi da cruciverba, alcune parole si possono sostituire per rendere la dinamica sotto un 'altra forma.La malattia era molto probabilmente severa come grado, l'innesco della azione è stata quella, poi la reazione pèr ciò che è intervenuto nel caos del fatto casuale(l'incidente),quello ha mutato le prospettive preconfigurate da Viviana.Il risultato è stata una duplice morte, volontaria o involontaria che fosse (sicuramente involontaria quella del bimbo, che non aveva potere decisionale alcuno)...un fuoco divampa anche per vicinanza e perchè non bene spento e "cova sotto ".Anni fa ebbi un esempio di un incendio domato dai vigili del fuoco, ma questo è rimasto come attivo nel sottosuolo, portando a una secondo innesco naturale in tal caso (sul primo non è chiaro cosa l'abbia provocato; forse un corto circuito).
Passando e caso sulla strada dopo un giorno dal primo intervento si percepiva uno strano odore acre...poi il secondo dopo varie ore...
Anche il "cova sotto le ceneri" può avere una potenziale attinenza con il caso in questione...

#48
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Ciao ,
Non vorrei spazientire il dottore con le nostre osservazioni quindi ti rispondo brevemente con una citazione di Keplero:
"La geometria possiede due grandi tesori: uno è il teorema di Pitagora, l’altro la sezione aurea. Il primo può essere paragonato a una manciata d’oro, il secondo a un prezioso gioiello."
Buona giornata.

#49
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Ciao ; a me piace parecchio la matematica.Concordo perchè conosco di quanto scrivi, e ci pensavo mentre rispondevo :)Hai ragione: ed ho pensato anche a questa tua osservazione.SI!Descriviamo in modo differente, però abbiamo le stesse dinamiche di pensiero: questo mi impressiona.Si: lasciamo spazio al thread come da linearità nello stesso.MI scuso per i post in OT.Leggerò e basta .Grazie

#50
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Utente 595XXX

Mi allarmano molto simili notizie: inizio a chiedermi se una cosa tanto brutta possa accadere anche a me, e verificare di non avere quei sintomi... Mi pare chenil confine sia cosi sottile e che basti un passo per ritrovarsi dallaltra parte, nel regno delle visioni e delle voci... Cerco di rassicurarmi che non farei certe cose, ma c'è qualcosa nel mio ragionamento che non mi cnvince, che non è sufficiente mai a placare la paura...

#51
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Dr. Matteo Pacini

Non solo non è sufficiente, la alimenta così la paura. La risposta non è la rassicurazione, il contrario. E' un non-problema, per cui ponendosi il problema è costretto a trovare poi spiegazioni che non sono mai soddisfacenti, perché la paura nasce in maniera iper-razionale, cioè prende i dati di fatto e non se ne contenta, vorrebbe sapere la certezza che qualcosa non accada. Inesistente come dato. Per qualsiasi paura. Per cui da lì, qualunque sia la paura, non si è mai soddisfatti della risposta trovata.

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