Tossicodipendenza dietro e attraverso le sbarre: il ruolo del metadone nel carcere
Di oggi la notizia che, durante le rivolte in carcere, alcuni detenuti hanno preso d'assalto le infermerie e in particolare i farmaci come il metadone, ma anche altri di tipo sedativo-ipnotico.
Proprio questa sarebbe la causa delle morti, o di alcune delle morti, che si sono verificate nel contesto di queste sommosse.
La causa della sommossa è stata l'esigenza di interrompere i colloqui, esigenza dettata dalle precauzioni per l'epidemia di coronavirus.
Di solito le ragioni per cui una persona dovrebbe prendere d'assalto un armadietto dei medicinali, e cercare il metadone, sono tre.
Premettiamo che il metadone, nell'uso medico, è disponibile nelle carceri così come nelle strutture sanitarie in generale, per due usi, di cui quello prevalente è il trattamento della tossicodipendenza da oppiacei (da noi eroina principalmente).
Il farmaco non è “ambito” dai tossicodipendenti, che in presenza di eroina sono soliti non ricorrere al metadone, o farlo in dosi contenute, per poter così essere in condizioni di usare e sentire eroina senza poi, in mancanza di eroina, dover soffrire dei sintomi di astinenza.
Naturalmente questa non è una situazione stabile, il tutto degenera facilmente verso un uso crescente di eroina. Quando il tossicodipendente ricade, ricade nella sostanza da cui è dipendente, cioè l'eroina. La spinta verso un farmaco oppiaceo con le caratteristiche del metadone in sciroppo non è una spinta “da droga”, ma se mai un uso “da medicamento” per vari scopi.
L'unico uso che il tossicodipendente non fa è quello anti-dipendenza da eroina, perché questo tipo di uso presuppone un cervello che “mira” a estinguere l'uso di eroina, e il tossicodipendente, che pure auspica e si danna per il fatto di non riuscire a fare a meno dell'eroina, ha un cervello che poi “mira” verso l'eroina.
La stessa disintossicazione, praticata a ripetizione dai tossicodipenndenti, con o senza l'aiuto dei medici, è tipicamente intrapresa non mirando alla soluzione del problema, ma mirando al ripristino di uno stato di tranquillità e di sensibilità all'eroina, così da poterne (nell'illusione tossicomanica) ricominciare ad usarne una quantità limitata e nel modo giusto.
Nelle carceri, ammettendo anche che non ci sia l'eroina, la tossicodipendenza c'è sempre. Per questo si impiega il metadone, cosa che altrimenti potrebbe sembrare strana. Così come si dovrebbe fare all'interno di comunità terapeutiche e altri centri riabilitativi, la cura per la tossicodipendenza mira alla prevenzione delle ricadute, a tenere il cervello occupato nelle sue attività fisiologiche, senza il richiamo (che è interno) alla sostanza. Il tossicodipendente, se “ricade” mentalmente e non ha a disposizione ciò con cui ricadere, inizia a cercarlo, o a cercare sostitutivi, o al limite qualsiasi cosa per drogarsi, senza più distinguere, oppure si lascia andare ad atti autolesionistici o aggressivi.
Ritorniamo ai tre motivi per cui un tossicodipendente in carcere dovrebbe razziare il metadone dell'infermeria.
- Perché improvvisamente va in astinenza.
Si può pensare che in carcere la droga non arrivi, eppure ci sono canali con cui arriva. In più, i costi in carcere lievitano. Per alcune gang carcerarie il controllo dell'afflusso e della circolazione delle droghe in carcere è un vero e proprio business. - Perché c'è improvvisamente bisogno di qualcosa che abbia un potere sedativo o calmante.
- Per accaparrarselo e venderlo ad altri.
Un tossicodipendente che si trovi improvvisamente senza eroina va in astinenza, o prevede di andarci, e allora può diventare aggressivo nel pretendere il metadone. Questo specialmente se non era uno di quelli che lo riceveva su prescrizione. Finché c'era eroina, consumava quella; quando non c'è più, si “butta” sul farmaco antiastinenziale con urgenza.
Non lo può chiedere facilmente come niente fosse, perché dovrebbe comunque spiegare perché, da dove prendeva l'eroina etc. Così facendo si brucerebbe il canale di approvvigionamento, tra l'altro.
Alcune persone che abusano non di oppiacei, ma ad esempio di cocaina, quando si trovano privi di cocaina iniziano ad agitarsi, e possono ricorrere al metadone, in maniera molto rischiosa, per placare l'agitazione. Il rischio è dettato dal fatto che questi non sono abituati ad un altro oppiaceo, per cui se sbagliano la dose possono morire di arresto respiratorio (overdose).
Perché dovrebbero rischiare prendendo dosi senza calcolarle?
Perché sono persone in preda ad uno stato agitato, impulsive, che possono calcolare le dosi in base all'impulso di assumerle. Se hanno un tot, prendono tutto, senza porsi il problema, specie se la quantità può sembrare apparentemente piccola (flaconcino).
Approfittando della notizia ho voluto quindi ribadire alcune informazioni sulla dipendenza e sul ruolo dei farmaci come il metadone.
In generale, quando un proprio caro deve essere detenuto, e ha un problema di dipendenza, è opportuno che ci si attivi per garantirgli una cura anti-tossicodipendenza dentro il carcere.
In assenza di avvocati o di familiari che si attivano in tal senso spesso si assiste a terapie interrotte, o mai iniziate, sulla base di ragionamenti del tipo:
“...deve starci un anno, mica può continuare per un anno a prendere il metadone in carcere?”
Oppure
“...e che deve iniziare il metadone proprio in carcere?”
Ne deriva che spesso chi entra lo scala fino a toglierlo, e chi non lo assume lo inizia a prendere solo se in astinenza, e per poco.
Ciò è invece un'assurdità medica.
Si pensi che la storia della terapia metadonica inizia proprio agganciata al problema della scarcerazione “sicura”.
Il tossicodipendente in trattamento è affidabile,mentre quello non in trattamento no. Inoltre, il tossicodipendente non in trattamento è a rischio di overdose, rispetto alla quale il metadone è protettivo. Stiamo naturalmente parlando dei regimi a dose costante.
In USA ci sono numerosi programmi di scarcerazione “in prova” vincolati alla prosecuzione del trattamento fuori. Questo è possibile anche da noi, ma purtroppo è possibile sia che una persona si curi con farmaci metadone-simili (approccio corretto sul piano medico-scientifico), sia che lo faccia in maniera non scientifica.
I tossicodipendenti carcerati che non ricevono terapia divengono spesso ingestibili, autolesionisti, insistono per avere, con mille scuse, farmaci antidolorifici, calmanti, perfino farmaci in generale da cui possano avere qualche effetto gradito.
La scarcerazione di un tossicodipendente da oppiacei dovrebbe essere sempre “sicura”, poiché l'overdose diviene drammaticamente probabile quando la persona torna libera. Nessuna punizione, rieducazione o riflessione personale ha a che vedere con la ricaduta di una malattia, e con la probabilità di overdose alla ricaduta.
Lo stesso problema è applicabile alle “evasioni” dai domiciliari o dai permessi, dovute al fatto che il tossicodipendente (non in trattamento) è fatto uscire. Una volta fuori può ricadere, e come conseguenza non rientrare in carcere o evadere dai domiciliari, e in questo modo incorre in sanzioni che il giudice interpreta come incapacità di rispettare le regole.
In carcere, come anche altrove, si procede come dicevamo a togliere il metadone.
I tossicodipendenti tipo pensano sia un'idea giusta, anche se soffrono togliendolo. Ad un certo punto però cominciano a non tollerare la riduzione. In quei casi può essere che lo chiedano in maniera urgente, quello o altro. Approfittando di una sommossa, potrebbero esserselo procurato. Strano però in “overdose”.
Oppure, ci sono alcuni malati che, abituati a usare eroina, e poi metadone, per controllare i propri stati mentali alterati, possono pensare di autogestirsi. Questo riguarda soprattutto malati psichiatrici “disintossicati”, che se lasciati liberi tendono ad abusare di qualsiasi cosa conoscano come sostanza “placante”, similmente a quelli che sono intossicati dall'uso di cocaina o eccitanti.
Lascio a voi, in conclusione, trovare il nesso tra l'epidemia di coronavirus, lo stop alle visite in carcere, e gli assalti alle farmacie interne al carcere per farmaci anti-astinenziali. Ci sono ipotesi più o meno maliziose. Ne approfitto per riparlare dell'argomento.