A letto col nemico: la paranoia e il suo Palazzo del Terrore
Un celebre film intitolato "a letto col nemico" descriveva la storia di una donna che ad un certo punto finge sottomissione al marito psicopatico e violento per riuscire a simulare la morte e rifarsi una vita. Ci sono invece situazioni in cui la persona cerca di difendersi rimanendo davvero vicino al nemico, o addirittura volendolo vicino. Come la paranoia.
La paranoia è una condizione presente in una serie di disturbi psichiatrici. Anche se può essere intesa come sinonimo di “pensiero delirante”, in termini più specifici indica i deliri persecutori, cioè quelli in cui la persona lamenta la presenza di persone, più o meno concretamente identificate, che compiono azioni ostili, lesive o vessatorie nei suoi confronti, o che guidano o manipolano la realtà circostante al fine di condizionare, spiare in maniera malevola, o indurre la persona a determinate azioni, in maniera subdola, indiretta o per prepararsi ad azioni più dirette e definitive.
In una forma di psicosi, detta semplicemente “paranoia” o “disturbo delirante”, questa forma di delirio è presente in una forma particolarmente “fredda” (non agitata) e organizzata, cosicché la persona non risulta sganciata dalla realtà, o incapace di gestire la propria vita, ma anzi può farlo a livelli anche elevati. Tuttavia, questo si accompagna ad una rigida adesione al convincimento che esistono “forze” esterne in attività contro di lui, che identifica in maniera fissa o cangiante con persone specifiche.
Quel che rimane fisso nel delirio è tipicamente il sistema generale, il “complotto” che la persona è convinta di aver individuato, e che tiene sotto controllo. Cambiano gli attori, ma il copione rimane quello. Il complotto è qualcosa a cui affluiscono persone vicine, sconosciuti, persone già in origine non gradite o amici, presenze costanti o occasionali. In questo senso la volontà ostile alla persona è come se si identificasse non con uno o l'altro dei persecutori, quanto con una volontà superiore, che emana il complotto, e a cui gli altri aderiscono in maniera non casuale, quasi ne rispettassero delle regole scritte uguali per tutti, verso uno scopo comune che non hanno deciso, ma a cui aderiscono.
Il corrispondente non patologico della paranoia sono ad esempio le cosiddette “teorie del complotto” sono oggetto di discussione, di pubblicazioni e anche di rappresentazione cinematografica. Si intende quella visione di un problema, di solito con implicazioni che investono poi l'intero mondo e il complesso della storia dell'uomo, in cui una minoranza occulta di soggetti seguono un piano per avere il potere, o per celare una verità, o per manipolare la storia nella direzione voluta. Questo accordo coinvolge tutti, in questo caso con un grado di consapevolezza massimo per i capi, minimo per chi si trova a obbedire agli ordini per pura convenienza, senza sospettare nulla. Il fascino della paranoia sta nel fatto che essa, come tutti i deliri, produce una verità che corrisponde ad una convinzione assoluta, incontestabile, e intuitivamente evidente. La persona che delira può non sapere quando e come ha iniziato a pensarla così, ma questo è irrilevante: crede che sia vero, gli appare così, gli risulta evidente così. Quella convinzione, anche se negativa, spiega tutto, non lascia dubbi, è definitiva, e fa quindi sentire nella posizione di chi ha capito ogni cosa, di chi ha trovato il bandolo della matassa.
Alcuni fenomeni persecutori veri, tipo il mobbing o lo stalking, diventano facilmente oggetto di un delirio paranoico, anche se visitando la persona non è difficile intuire la costruzione delirante della convinzione, e distinguerla dal fenomeno realmente esistente. Altri fenomeni sono vere e proprie teorie del complotto, ma concepite secondo una logica paranoide, come lo stalking collettivo organizzato (gang), per cui la persona si ritiene vittima di comportamenti di una moltitudine di persone, che ritiene volti a disturbarlo o farlo impazzire, o controllarlo.
Qual'è il comportamento più particolare del paranoico? Di tutti, è quello di star vicino al persecutore. Il paradosso è che il perseguitato finisce per perseguitare il suo persecutore. Lo pedina, gli fa la posta, lo controlla, gli rivolge allusioni, lo fa seguire. Addirittura, può trovare scuse per stargli vicino, proprio per la necessità (assurda) di controllarlo, non certo per capire se lo fa apposta. In sostanza, per coglierlo sul fatto, in attesa di carpire l'ammissione del complotto, la prova inconfutabile di una cosa che sa già, come dovesse presentarla in un ipotetico tribunale. E' come se avesse deciso che qualcuno è colpevole, ma gli mancasse di raccogliere le prove, in maniera convincente. Il paradosso è che la discussione di quanto le prove siano evidenti oscilla tra la ricerca di un livello di evidenza della prova in sé, e la spiegazione dell'evidenza in maniera deduttiva, cioè sulla base del convincimento che c'è già.
Un aneddoto storico che quasi rappresenta l'architettura del pensiero paranoide è quello del “Palazzo del Terrore” di Stalin. In un sistema in cui il nemico era per definizione l'anti-comunismo, l'attenzione del dittatore si rivolge invece maggiormente al nemico “interno”, secondo l'idea che il rischio maggiore proviene dalla vicinanza. Il paranoico infatti spesso intesse rapporti, anche amicali o sentimentali, ma finisce per includerli nel complotto proprio quando diventano molto vicini. Gli alleati divengono facilmente cospiratori, i servitori fidati divengono spie del nemico, e così via. Una reazione può essere quella di disfarsene e di allontanarli, ma se la paranoia è meno agitata il ragionamento è quello di un Servizio Segreto: la spia o il nemico devono essere controllati senza che se ne accorgano, magari facendo finta di aver concesso loro di stare vicini a chi vogliono colpire.
Il Palazzo del Terrore (https://www.youtube.com/watch?v=NkLEYW-q1II) era un grande collegio del Partito in cui si ospitavano le famiglie dei dirigenti che lavoravano a Mosca, un albergo lussuoso ma egualitario, in cui tutti erano serviti e riveriti, on un rigido controllo su chi entrava e usciva. L'intento iniziale subì una deriva paranoica, e si trasformò in una specie di anticamera dell'eliminazione fisica di chi era sospettato di tradimento. Nel sospetto, la persona era avvicinata a Mosca, e di fatto costretta a vivere dentro questa struttura piena di microfoni e telecamere, alla ricerca di passi falsi. Quasi inevitabilmente chi passava dal quel Palazzo finiva male. Le persone sapevano alla fine che questo era lo scopo, ma il solo dirlo sarebbe stata prova che essi avevano la coscienza sporca.
Sistemi simili sono presenti in alcune organizzazioni criminali. Nella Mafia rappresentata in Donnie Brasco, per esempio, il personaggio di Lefty sintetizza la Mafia come “persone che ti conosci che ti mandano a uccidere altre persone che conosci”, con ciò spiegando la differenza tra una Mafia e un esercito, in cui i generali sono sconosciuti che ti mandano a uccidere altri sconosciuti. Nelle famiglie mafiose i traditori erano tenuti legati fino al punto da maturarne l'eliminazione, con prove che spesso erano false, strumentali ad un passaggio del potere da un gruppo all'altro.
La condivisione diviene talora talmente stretta che la persona ipotizza complotti (per esempio avvelenamenti) da parte di persone con cui condivide il cibo, anzi da familiari che glielo preparano. Mentre rispetto a un nemico sconosciuto che cerca di avvelenarti sarebbe ovvio mangiare da solo cibo che ti procuri da solo, se il nemico è persona nota la paranoia ti dice di lasciarlo lavorare accanto a te, fino a quando non si tradirà. Benché si possa pensare che il fine ultimo sia quello di organizzare un “processo” al nemico, sta di fatto che il paranoico sembra appagato del suo controllo, della raccolta di prove, più che di un momento finale, che peraltro già potrebbe avvenire con un singola prova. Egli sembra cioè preso dall'idea di dover spiegare il dettaglio della persecuzione, a documentarla mentre si svolge, coerentemente all'idea di base di identificare determinate persone come “persecutori”. Non che non ci possa essere un momento finale, ma non è ricercato in particolare. Se il momento si verifica, e un personaggio cade, è sostituito da un altro.
Proprio come nelle stanze del Palazzo del Terrore, che si liberavano per accogliere prontamente qualcun altro.