Sara Tommasi e il disturbo bipolare - il coraggio di conoscerlo contro la confusione di negarlo

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Torniamo a parlare di Disturbo Bipolare. Oggi prendo spunto da un video de “Le iene”, un'intervista a Sara Tommasi, che commentava l'insieme delle sue vicende e si mostrava come è ora.

https://www.iene.mediaset.it/video/nina-sara-tommasi-oggi_83499.shtml

La giudico un'intervista coraggiosa, soprattutto perché si dicono chiaramente alcune cose, che in genere non passano il filtro automatico della comunicazione pubblica.

Intanto, la prima è la diagnosi: la Tommasi dice chiaramente che il nome della sua malattia è Disturbo Bipolare. La quasi totalità delle persone pubbliche che ne soffre non usa questo termine, o lo sfiora, per poi buttarsi a parlare di depressione. Gli interventi di tutti gli improbabili “depressi famosi” - abbinamento dubbio in partenza – possono al limite chiarire qualcosa in tema di depressione, ma hanno la pecca di distorcere l'oggetto della discussione, forse per renderlo in qualche modo più “dolce”. Dire depressione fa sentire più vicino alla gente, perché un po' tutti potremmo dire di averne sofferto, perché si può scambiare così a prima vista per uno stato dell'anima che prima o poi capita a tutti, e anche perché si può pensare che a monte ci siano dolori, dispiaceri, fatti da raccontare. Insomma la depressione attira delle reazioni di compassione, di comprensione, e neanche dà l'idea che si parli di una vera e propria malattia.

Disturbo Bipolare lascia pochi equivoci: è una cosa più precisa, non è ansia, non è depressione, semplicemente è una malattia con le sue caratteristiche. Cosa viene in mente quando si dice malattia? Che può capitare, che non necessariamente se ne deve cercare una causa all'esterno, e che possibilmente si cura per star meglio.

Sembra strano ma pur di non passare su questo piano, molte persone rifiutano il concetto di malattia, e rimbalzano tutto ciò che vivono o hanno vissuto su spiegazioni che tirano in ballo gli altri, il mondo, gli eventi negativi (mai quelli positivi, che invece nel disturbo bipolare hanno un ruolo importante nello scatenamento della mania).

Nella storia della Tommasi ad esempio salta fuori, non solo da questa ricostruzione che fa più fede, ma anche da altre, che la fase di grande successo è stata come un salto nel vuoto, una rapida accelerazione che in qualche modo ha poi prodotto una serie di conseguenze. L'uso di droghe può essere una di queste, così come anche non esserci, perché la mania può essere scatenata da eventi positivi (come anche essere spontanea, a freddo).

Ma al di là del ruolo degli eventi, quel che le è capitato è espressione delle dinamiche di un disturbo, non delle dinamiche del sistema, del mondo dello spettacolo etc.

La Tommasi afferma che non ce l'ha con nessuno, almeno non ritiene cause del suo disturbo gli incontri “infelici” che può aver avuto. Questo è un altro punto importante: durante le fasi del Disturbo, soprattutto quelle maniacali, si trovano persone disposte ad approfittarne. La persona in fase maniacale non va immaginata come un gigante di pietra, che si staglia su tutto e tutti, ma come una persona che si sente potente e invulnerabile, amata e spalleggiata, piena di risorse e destinata ad aver successo, in un mondo che invece è, banalmente, sempre il solito. Le sue disavventure (truffe, raggiri, spesso abusi di ogni tipo, derivano fondamentalmente dalla vulnerabilità che il Disturbo, e la Mania in particolare, pone in essere).

Anche questo tipo di dichiarazione è coraggiosa. Poiché in mania si fanno cose “imbarazzanti” spesso, sarebbe una facile via d'uscita addossare la colpa ad altri. Non è una malattia, è una colpa, e di altri. Non è invece una colpa, perché non può esserlo una malattia, ma è mia.

 

Riguardando le interviste della Tommasi nel periodo di malattia, a più riprese, il Disturbo si nota. Nella maggior parte dei casi i commenti alle sue iniziative di quel periodo riguardavano o la sua evidente alterazione, o invece una sua confusa e goffa volontà di apparire a tutti i costi. Difficile dire quali fossero nei vari momenti le droghe in azione, o se ve ne fossero o meno, ma questo non cambia, poiché il Disturbo si riconosce anche a parità di droghe.

Nella fattispecie, quello che si notava era uno stato di assenza, di coartazione emotiva, cioè reazioni emotive tutte appiattite su un versante unico (quello della risata, dell'allegria fatua, della scherzosità vuota di contenuti), oppure un'emotività letteralmente schiacciata (la persona non reagisce, non ha niente da dire, ripete quello che le si dice, è distratta facilmente). E' sbagliato pensare che la mania sia sempre uno stato francamente euforico, o agitato. Ne esistono forme dissociative, e anche l'effetto delle droghe, che in generale è euforizzante, se una persona ha una biologia Bipolare può indurre più facilmente degli stati paradossali, i cosiddetti stati misti: la depressione agitata, la mania confusa, la mania con iinibizione motoria. Situazioni in cui ci sono elementi di eccitamento ed altri di blocco.

 

Punto secondo è la cura. La Tommasi dice chiaramente che ne è uscita curandosi, e che forse la cura la dovrà proseguire anche tutta la vita, e che se la sospendi, è più che possibile che tu perda un'altra volta il filo della tua vita. Sono affermazioni semplici, ma coraggiose poiché rinunciano a tutta una serie di presunzioni. Per esempio quella di dire “è una malattia, ma ora che lo so la controllo da me”, oppure “E' stata una malattia, ora ne sono uscito, non ricapiterà perché non ormai ho capito i miei errori”, oppure “I farmaci mi hanno aiutato, ma finché non decidi tu di venirne fuori, non ne puoi uscire veramente”.

Appare anche evidente, per come parla, si muove, e ragiona, che “sotto farmaci” si può stare benissimo. Molte persone invece, proprio nel momento in cui stanno bene, “vendono” a tutti pubblicamente la versione che stanno bene per grazia divina, o meglio per forza propria, e omettono di dire che la terapia c'è ancora, e che anzi quel benessere è sostanzialmente il risultato della terapia che c'è ancora.

Anche la consapevolezza della ricaduta è sorprendente, perché pochi avrebbero la lucidità per dire seccamente che il rischio di ricaduta dipende dal fatto di rimanere senza cura. Spesso è il contrario, è una rincorsa con se stessi per sospendere la cura, come se il tassello finale per uscire dal Disturbo Bipolare fosse “smettere la cura”.

 

Un messaggio quindi completo e diretto, che non lascia spazio a inutili sfrangiamenti per cui “tutto può dipendere da tutto” e “tutto può curare tutto”. Sperando che sia utile per chi, affetto da questo Disturbo, evita la cura anziché il Disturbo, e è trascinato verso la ricaduta credendo di correre libero.

 

 

Data pubblicazione: 21 aprile 2018

14 commenti

#1
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Dalle persone che si ammazzano e ammazzano sotto effetto di psicofarmaci ne vogliamo parlare dottore?

#2
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Dr. Matteo Pacini

Intanto dovremmo cominciare a cambiare terminologia, onde evitare appunto di diffondere informazioni prive di senso medico, tipo "psicofarmaci".

Il senso dell'articolo era anche questo, parlare di cose precise e non a vanvera con slogan che evitano di entrare nel merito.

Parliamo invece di persone che stanno male per effetto delle loro malattie, e che per effetto di campagne anti-farmacologiche non trovano una via.
Parliamo di inutili atteggiamenti che pretendono dalla medicina sempre una soluzione, sempre ottima e sempre definitiva, e invece poi di fronte al primo che "guarisce tutto" con chissà quale teoria non biologica sono pronti ad accorrere mettendosi una benda.

Quindi no, di psicofarmaci non parliamo perché è un termine privo di senso. Cerchiamo di parlare di qualcosa invece.

#3
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Veramente é la medicina allopatica che di fronte a una apparente guarigione sotto utilizzo di chemio valida (o meglio falsifica) la propria efficenza, mentre per coloro che muoiono sottoposti sempre alla stessa cura diamo la responsabilità alla malattia. E al contrario di come afferma lei, quando metodologie non ufficiali arrivano a dei risultati non se ne parla, confidando la notizia il più possibile, mentre chi muore non accettando chemio e pesanti farmaci ha la colpa di aver seguito quelli che voi definite venditori di fumo e metodologie magiche. Caro dottore lei stesso descrive una realta opposta a quella esistente e tanto basta a far riflettere sulla consapevolezza che dimostra nelle sue affermazioni. In secondo luogo: Sono stato in cura con paroxetina a causa di una derealizzazione presentatasi in seguito ad un jet leg dopo un viaggio di lavoro all estero molto stressante. Dopo due mesi di cura, come effettivamente riportato nei bugiardini, ho incominciato ad avere comportamenti aggressivo e violenti che mai mi sono appartenuti e di cui ho preso consapevolezza successivamente alla dismissione di quella porcheria, dopo aver distrutto la mia reputazione sociale e lavorativa. Il tutto seguito dall'ennesimo luminare in psichiatria, convinto di sapere come funziona il cervello umano solo perché all università studiava la reazione dei ratti alla somministrazione di veleni. Gli psicofarmaci di qualsiasi tipo non curano nulla, alterano l'equilibrio del cervello per mezzo di sostanze tossiche e nocive, e sinceramente non conosco nessuno guarito con psicofarmaci. Lo stesso premio Nobel Nash affermò più volte che il decorso della sua schizzofrenica avvenne quanso sospese l'assunzione di neurolettici. E perfavore non mi venga a dire che ogni caso a sé, lei mi può parlare di sarà Tommasi, una persona che appare chiaramente sedata in ogni intervista che rilascia per affermare la sua guarigione, ma io le potrei portare centinai se non migliaia di casi di suicidi e stragi dove in mezzo vi erano psicofarmaci, ssri il piu delle volte, ma se vuole aprire gli occhi distaccandosi dalla sua predisposizione scolastica e deformazione professionale medica, che le porta ad affermare solo ed esclusivamente ciò che é stato scritto su un libro che le é stato imposto di imparare a memoria, questa enorme casistica la può cercare da se. La medicina quella psichiatrica dovrebbe usare un approccio che sia veramente scientifico, come quello di un ingegnere, che se casca un ponte non può inventare scuse, e non come il vostro che se si ammazza un paziente sotto psicofarmaci, come recentemente e successo a un giovane attore teatrale, e colpa della malattia. Spero che questa mia riflessione venga letta da un ragazzo che in difficoltà possa evitare di fare l'errore che ho fatto io e a lei possa aprire gli occhi rendendoli utile realmente per le persone in difficoltá. Cordiali saluti

#4
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Aggiungo che provo un gran dispiacere per la signorina Tommasi, che per quanto se ne dico sono convinta sia stata come molti succube di gente sbagliata e di una società profondamente malata, la stessa società che pensa o vuol far credere di averla riabilitata.

#5
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Dr. Matteo Pacini

La medicina allopatica è una creazione di chi si innamora delle medicine alternative. In teoria tutte valide, in pratica quasi nessuna interessante, proprio per il modo in cui sono poste, così come sta facendo Lei. Purtroppo persone che scrivono le cose che scrive Lei non hanno idea di cosa sia la ricerca scientifica. E' solo una presunzione polemica. Che fa morti e malati.

Lei dice una marea di sciocchezze con arroganza e ignoranza. Vergogna.

#6
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Buongiorno,
Non entro nel merito della vostra diatriba però vorrei ricordare ,se il dottore me lo permette,a chi ha una visione ancora un po' distorta sull'omeopatia la posizione presa dalla Federazione MEdica

MILANO – Dall'8 maggio, sul sito https://portale.fnomceo.it si può leggere il documento relativo e la presa di posizione da parte della Federazione Italiana contro le terapie omeopatiche. «Allo stato attuale – si legge sul sito – non ci sono prove scientifiche né plausibilità biologica che dimostrino la fondatezza delle teorie omeopatiche secondo i canoni classici della ricerca scientifica».


«Secondo la legge europea e anche quella italiana infatti, i preparati omeopatici non possono avere indicazioni terapeutiche, quindi non si capisce per quali fini debbano essere utilizzati. L'Associazione dei Medici della Gran Bretagna ha equiparato l'omeopatia a ciarlataneria. Il Consiglio di Sanità dell'Australia ha reso noto ai suoi cittadini che l'omeopatia è inefficace per la terapia delle malattie. In Italia, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha richiesto che i preparati omeopatici rechino la scritta ‘inefficaci’».


«Tutti i medici, d'ora in poivdovranno tener conto che prescrivere un prodotto omeopatico significa fare qualcosa che è al di fuori delle evidenze scientifiche. Le Regioni non avranno più scuse per organizzare corsi sull'impiego dell'omeopatia, perché questa non sarà più un atto medico e, soprattutto, dovranno chiudere gli ambulatori di omeopatia ginecologica e oncologica. Anche le Università, soprattutto le Scuole di Farmacia e affini, dovranno chiudere i corsi sull'omeopatia»


#7
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Dr. Matteo Pacini

Questo è uno dei casi in cui ho piacere di vedere colleghi che hanno espresso una posizione di categoria. Non sapevo che a livello di associazione professionale fosse stata intrapresa una cosa del genere, ma me ne compiaccio.

E' l'omeopatia ad avere una visione distorta di sé, e del modo in cui dovrebbe rientrare in un ambito medico.

Non vi sono mai stati motivi di sospettarne non dico l'utilità (dimostrata come nulla), ma la definizione. Cioè in altre parole, non si può parlarne male, non sapendo cosa sia.

#8
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Mi fa piacere .


Per definire l'omeopatia ( dal greco simile alla malattia) si usa spesso questo aforisma
similia similibus curantur «i simili si curano con i simili») per il quale le varie forme morbose vanno curate somministrando ai malati, in dosi spesso infinitesimali, quei "farmaci" che, se somministrati alle persone sane, producono in esse sintomi analoghi a quelli della malattia da curare.

Non conoscendo cosa realmente sia ,ha ragione nel dire che non bisogna parlarne male ,ma la sola definizione risulta un po' inquietante .

#9
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Sara Tommasi ha avuto la capacità di capire che quanto è maggiore il pericolo ,tanto è maggiore l'esigenza di accordarsi rapidamente e facilmente su ciò che è necessario. Uso di farmaci tradizionali che hanno stabilito la sua malattia, permettendole di riprendere in mano le redini della sua vita.
Il fraintendersi nel pericolo è ciò che le persone dovrebbero assolutamente evitare,ma questo succede a causa della malattia stessa , giusto?




#10
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Dottore si vergogni lei a somministrare porcherie alle persone. Sono un ingegnere e le assicuro che se c é una materia lontano dalle evidenze scientifiche é quella a cui lei sacrifica il suo tempo. Mi rendo conto che accettare di aver studiato fuffa é una presa di consapevolezza non facile. A ognuno la sua. Cordiali saluti

#11
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Dr. Matteo Pacini

Ora la segnalo allo staff, per le sue ingiurie pubbliche, vediamo che provvedimenti prendono.
Faccia l'ingegnere e si occupi delle sue materie invece di diffamare e di istigare pubblicamente le persone a non curarsi.

Le solite, trite, ingenue, ignoranti e presuntuose sciocchezze sulla medicina.

#12
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Sara Tommasi sì, ci è arrivata ma come si sa dopo un periodo lungo in cui, nonostante fosse chiara l'esistenza di un problema, per varie ragioni non riusciva a fare terapie abbastanza a lungo, e senza scossoni che interrompessero questi tentativi. Il tenersi lontano dalla cura è una delle conseguenze degli stati mentali, in primis la mania, che comporta la negazione dei problemi, e il loro inquadramento come esterni se mai. Si è dato molto risalto alle droghe, che sì hanno effetti, ma di per sé transitori, mentre ciò che tiene lontani dalla possibilità di curarsi anche in assenza di perturbazioni da droghe è il disturbo di fondo, incentrato non sulla depressione, ma sulla mania.

#13
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#14
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Sull'omeopatia, non ha capito niente: non ho detto che non so cosa sia, ma che non può saperlo nessuno, poiché è indefinita, non ha un parametro di definizione. Non può essere riprodotto scientificamente, l'unica caratteristica che rende omeopatico l'omeopatico è un'idea non riferita a sue caratteristiche fisiche. Ciò che si sa, paradossalmente, è che un oggetto indefinito, scientificamente non funziona.

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Disturbo bipolare

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