La depressione non è un difetto del carattere: celiachia e depressione

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Dr.ssa Adelia Lucattini Psichiatra, Psicoterapeuta

                 

 

LA DEPRESSIONE NON È UN DIFETTO DEL CARATTERE

 

La depressione è un disturbo frequente nella popolazione ed è caratterizzata da sentimenti continui o di lunga durata di tristezza, mancanza di interesse, tensione che possono interferire con la vita di tutti i giorni. Ogni persona può sperimentare la depressione a qualsiasi età.

La depressione è due volte più comune nelle donne che negli uomini.

Segni e sintomi di depressione più comuni includono tristezza, ansia, irritabilità, energia diminuita, difficoltà di concentrazione, abitudini di sonno anomale, alterazioni dell'appetito e altro ancora. Questo requisito è spesso trattata con successo con una combinazione di farmaci e psicoterapia, tuttavia molti individui con depressione non cercano un trattamento a causa di stigma, vergogna o pregiudizio.

La depressione non è un difetto di carattere o un segno di debolezza, è un disturbo che se non trattato può diventare una vera e propria malattia.

 

CONNESSIONE TRA CELIACHIA E DEPRESSIONE

 

Da un punto di vista organico

Secondo diversi studi, c'è una possibile collegamento tra le funzioni cerebrali e malassorbimento che è l'incapacità di assorbire le sostanze nutrienti dei cibi in modo corretto.

Quando l'intestino è “danneggiato”, le sostanze indispensabili per l’organismo transitano attraverso l'intestino senza passare nel sangue per essere poi distribuite in tutto l’organismo.

Il rischio di sviluppare la depressione per le persone affette da celiachia è di 1,8 volte più probabile, rispetto alla popolazione generale

Adottare la dieta priva di glutine possono contribuire ad alleviare i sintomi della depressione per le persone affette da celiachia poiché i nutrienti essenziali anche per mantenere buono il tono dell’umore, vengono di nuovo assorbiti.

 

Da un punto di vista psicologico

La depressione può verificarsi prima della diagnosi poiché i disturbi provocati dal glutine in soggetti geneticamente predisposti alla malattia sono molto forti.

Convivere con dolori gastrici (allo stomaco) e addominali, le reazioni cutanee, l’anemia, rendono la vita dei celiaci difficile e molto faticosa.

Dopo la diagnosi, soprattutto se avviene dopo lo svezzamento o anche da più grandi, vi è un grande contraccolpo nel cambiarmento delle abitudini alimentari; abituarsi a nuovi sapori, fare il “lutto” dei cibi di prima che si sono amati e che hanno caratterizzato una parte della propria vita.

Questo distacco è reso arduo anche dalla difficoltà soprattutto da bambini di poter collegare i disturbi fisici ai cibi, soprattutto quelli migliori: il pane fresco del forno, la pizza, la pasta con un sugo preparato con amore dai familiari, i cibi delle “feste”, i dolci, le torte di compleanno.

Tutti i cibi sono investiti di grande valore affettivo, mezzo e tramite di scambi relazionali profondi con i propri genitori, i familiari, gli amici.

Dopo la diagnosi la persona celiaca scopre che avrà una vita “tutta curve”, in cui l’attenzione ai cibi e alla contaminazione, impegna molto la volontà e da un punto di vista emotivo.

Le persone celiache sono dotate di grande spirito di sacrificio che ha un grande impatto e carico emotivo nella loro vita.

L'impatto è significativo anche nella vita quotidiana in cui l’attenzione all’alimentazione è una continua sfida, sia per le sollecitazioni che possono venire sia dalla dieta priva di glutine, non semplice da attuare fuori casa, sia dalla gestione di una condizioni cronica, non suscettibile di cambiamento.

 

CONSEGUENZE PSICOLOGICHE NELLE VARIE ETÀ DELLA VITA

 

INFANZIA

 

Se la diagnosi viene fatta allo svezzamento il bambino non conosce altre abitudini alimentari e quindi la dieta viene più facilmente integrata allo stile di vita.

Sembra che la celiachia sia percepita dal bambino in modo diverso a seconda che la diagnosi avvenga prima o dopo lo sviluppo del linguaggio (1,5/2 anni): prima il bambino cresce semplicemente in un mondo senza glutine e non conosce un altro modo di vivere, mentre dopo egli sente che qualcosa nella vita gli è stato tolto e vi deve rinunciare.

Se la diagnosi avviene con l’inizio della scolarizzazione, anche se i disturbi fisici scompaiono generalmente in breve tempo con la dieta senza glutine, possono permanere più a lungo alcune alterazioni emotive e nel comportamento: rabbia, irritabilità, svogliatezza a scuola, aggressività apparentemente immotivata con amichetti e compagni, agitazione psicomotoria come espressione di un disturbo depressivo e manifestazione di un disagio interiore, per l’ ”ingiustizia” di avere una malattia che costringe a fare una vita diversa rispetto agli altri e che fa sentire “diversi” anche se non si “vede” e forse per questo anche più dolorosa per la paura di non essere creduti e di non essere capiti.

 

ADOLESCENZA

 

Nell’adolescenza si possono avere reazioni contrapposte, si possono osservare adolescenti rigidamente ligi alla dieta o “trasgressivi”.

Gli adolescenti celiaci sono generalmente de “soldatini” con di tratti ansiosi molto marcati e talvolta “fobici”, realmente terrorizzati dalla possibilità di ingerire cibi “contaminati da limitare le proprie relazioni sociali o condizionarle molto. Può diventare un elemento identitario forte che può essere vissuto come una “caratteristica” o come un “problema”. Se la diversità è un problema, si può manifestare con gli amici, dove per allinearsi agli altri gli strappi alla dieta possono essere anche frequenti, nascosti alla famiglia, poiché a casa, dove si sente tranquillo e non giudicato, la dieta è seguita con scrupolo

Poiché nell’adolescenza è naturale la modificazione dell’immagine di sé e dell'immagine che gli altri hanno di lui, l’adolescente celiaco può rifiutare la propria condizione, “combatterla”, ribellarsi ad essa e trasgredire alla dieta nel tentativo di sostenere la propria “autostima” e non sentirsi “malato” o non accettato.

Mentre i bambini si attengono a quello che dicono i genitori e i pediatri, desiderano essere guidati, imparare e fare felici i genitori, rispondono bene alle rassicurazioni e le gratificazioni, desiderano non avere più “mal di pancia” e finalmente stare e sentirsi bene.

Gli adolescenti invece rispetto alla dieta sono influenzati da alcune variabili:

-L’età della diagnosi

-L’ansia e la preoccupazione dei genitori

-Il legame di dipendenza che la malattia induce tra genitori e figli

-L’assenza di sintomi acuti dopo gli “strappi alla dieta”

-Il vissuto e l’esperienza di “diversità” rispetto ai coetanei e ai familiari se non celiaci

 

ETÀ ADULTA

 

Accettare l’idea che per tutta la vita si debba rispettare rigorosamente la dieta non è semplice ma più accettabile e alla fine una consuetudine se si proviene da un’esperienza di sofferenza fisica importante.

Questo è più semplice nella vita privata, in famiglia, mentre è più complesso nella vita lavorativa e nella vita sociale, anche a causa della scarsa conoscenza del problema in generale e della scarsità di strutture adeguatamente attrezzate per i celiaci.

I celiaci desiderano vivere una vita il più possibile normale, non amano isolarsi e non si sentono “speciali”, ma gli ostacoli della vita quotidiana, in primis il timore di rimanere senza cibo, è un pensiero che li accompagna costantemente, anche se non viene dichiarato.

Anche le continue “rinunce” hanno un peso sull’equilibrio emotivo, i controlli costanti e periodici, i protocolli di prevenzione entro i quali sono inseriti.

Holmes (1996) ha condotto uno studio su celiaci adulti a dieta da 10 anni e ha riscontrato una percentuale di depressione, anche grave, nel 10% dei celiaci.

Infatti, mentre lo stato d’ ansia seguente alla diagnosi decresce con il passare del tempo, lo stesso non avviene con lo stato depressivo, che sembra essere frequentemente associato alla celiachia, insieme ad una qualità di vita percepita significativamente peggiore rispetto alla popolazione generale, in termini di vitalità e benessere generale. Si può ipotizzare che la presenza di disturbi psicologici possa ridurre la percezione della qualità di vita e della compliance alla dieta, questo a confermare che non è sempre detto che l’adesione alla dieta garantisca la percezione della salute (globale, fisica + psicologica) nel paziente.(I.G. Cimma).

 

IL SUPPORTO PSICOLOGICO 

 

I bambini come gli adolescenti celiaci e le loro famiglie necessitano oltre che il supporto da parte dell’équipe medica di riferimento, anche di un supporto psicologico, di una psicoterapia analitica o di un'analisi sia essa individuale, della coppia genitoriale o della famiglia.

Vivere con una malattia cronica, anche se asintomatica grazie alla dieta, non è facile.

Molti pazienti riferiscono che a periodi sia “sfibrante”, una sorta di “spina irritativa” che li accompagna.

La psicoterapia e l'analisi sono importanti poiché permettono di lavorare sugli aspetti micro-traumatici quotidiani della dieta; rendono più resistenti rispetto alla tentazione di “cedere”; aiutano ad “integrare” il proprio essere celiaci in modo armonioso all’interno della personalità che è un’entità complessa e va ben oltre il disturbo; aiutano ad “organizzare” la propria vita non in funzione della celiachia ma comprendendola e adattandosi così alle variabili che la vita sociale, lavorativa e familiare comportano; permettono di affrontare le difficoltà con maggior forza, fiducia e determinazione; curano o prevengono gli scivolamenti depressivi.

 

LA TERAPIA FARMACOLOGICA

 

Quando necessaria, anche una terapia psicofarmacologica, prescritta dallo specialista, può essere indicata.

 

CELIACHIA E SCUOLA

 

I genitori di bambini e adolescenti celiaci, dietro certificazione specialistica che ne attesti la necessità, possono richiedere l’attivazione di un B.E.S (legge 170/2010) in ambito scolastico che potrà essere temporaneo o prolungato a seconda delle necessità soggettive.

 

Data pubblicazione: 13 giugno 2017

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