Il cervello in fiamme: la storia di Susannah
Se conoscete un po’ l’inglese, leggete “Brian on fire: my month of madness” (tradotto: il Cervello in fiamme: il mio mese di follia), il libro scritto da una giovane e bella giornalista di New York, Susannah Cahalan.
A questa ragazza, nel 2007, all'età di 24 anni, in poco più di un mese, furono fatte molte diagnosi diverse: disturbo bipolare, epilessia, schizofrenia, sindrome da astinenza da alcol, possibile tumore al cervello. Neurologi e psichiatri si avvicendavano al suo letto senza trovare una spiegazione ai suoi sintomi.
Il quadro clinico era davvero una sfida diagnostica perché Susannah aveva presentato un decorso molto particolare.
Nella settimana precedente il suo ricovero aveva notato una leggera spossatezza, un po’ di malessere, e una leggera febbricola. Niente che non si potesse confondere con una banale influenza. Infatti il medico le prescrisse un po’ di riposo dal lavoro. Era molto impegnata in quel periodo: un impiego nuovo al New York Post, il tabloid cittadino, il trasloco nel nuovo appartamento con il fidanzato musicista...
Dopo una settimana però, quella che era una semplice influenza, si trasformò in un inferno. Susannah incominciò ad avere improvvisi cambiamenti dell’umore. Passava dal riso immotivato al pianto a dirotto con molta facilità (“Mentre singhiozzavo piangendo istericamente, un minuto dopo mi ritrovavo a ridere a crepapelle” racconta nel suo libro).
Passava dalla logorrea irrefrenabile al non dire più una parola. Spesso senza motivo diventava aggressiva, all’improvviso. Molto presto comparvero svenimenti improvvisi, allucinazioni; i suoi discorsi si facevano sempre più confusi e contorti, iniziò a credere che attorno a lei qualcosa si fosse modificato, che “il padre l’avesse rapita”.
Presentava movimenti del corpo molto strani. Fu lei stessa a raccontare:
“Avevo dei bizzarri movimenti anormali che non riuscivo a controllare. Mi hanno detto che sbavavo e, quando ero stanca, lasciavo la mia lingua penzoloni su un lato della bocca, come fanno i cani quando hanno caldo”.
Venne ricoverata in una clinica psichiatrica. Tante le diagnosi, tanti i tentativi terapeutici effettuati. Ma Susannah anziché migliorare, peggiorava sempre di più. Come disse un suo amico, era diventata uno zombie.
Tutto questo fino a che un medico siriano le chiese di disegnare il quadrante di un orologio, ottenendo dalla paziente il disegno di una sola metà dell'orologio, “la prova concreta che il lato destro del suo cervello era in fiamme”, racconta il dr. Najjar.
Susannah iniziò delle cure che modulano il sistema immunitario, di tipo anti-infiammatorio, e nel giro di un mese ritornò alla vita. Il recupero fu un po’ più lento, ma il peggio era passato.
La malattia che ha colpito Susannah è una infiammazione del cervello di tipo autoimmunitario. Appartiene al gruppo delle Encefaliti Autoimmuni. La forma più comune di encefalite autoimmune è da anticorpi diretti verso recettori che si chiamano NMDA, recettori coinvolti nei processi della memoria, come nel caso di Susannah. Ma sono descritte molte forme che colpiscono altre strutture recettoriali.
Sono malattie molto simili alle malattie autoimmunitarie della tiroide, per farvi capire. Solo che gli anticorpi prodotti si dirigono verso strutture cerebrali che regolano la vita emotiva, cognitiva, affettiva, portando a quadri clinici molto simili ad alcune sindromi psichiatriche.
In Italia, molto poco si sa di queste malattie. Ma leggendo la storia di questa ragazza di New York, ci si accorge di quante storie di questo tipo sono arrivate nei reparti di neurologia e psichiatria di tutta Italia, anzi di tutto il mondo. E molti pazienti che in passato erano stati etichettati come schizofrenici e che avevano affollato le cliniche psichiatriche, i manicomi, gli istituti di neurologia e psichiatria, probabilmente, alla luce di queste nuove scoperte, avrebbero potuto avere un destino diverso.
La stessa Susannah lo dice:
“Quello che mi è capitato era qualcosa al di fuori del mio controllo, qualcosa di diverso da me, che ha avuto il sopravvento sulla mia vita, derubandomi buona parte della mia giovinezza.
Alcuni dicono che vorrebbero vivere in epoche diverse. Io, invece, sono molto grata di vivere in questa epoca. Se avessi avuto la malattia in un qualsiasi momento prima del 2007, o fossi nata in un qualsiasi altro momento, probabilmente non sarei qui a parlare con voi.
Eppure, nonostante i trattamenti, c'è ancora un 7% di persone che continua a morire. Altri, invece, ricevono un grave deterioramento cognitivo. Ho il sospetto che tantissime persone hanno passato la loro vita in istituti psichiatrici, senza aver mai avuto la diagnosi corretta”.
Beh, è una cosa che penso anche io.
In medicina non bisogna dare mai nulla per scontato. Un errore di valutazione, un tentativo mai fatto, un abbaglio, può cambiare il destino di una persona, forse per sempre.
In bocca al lupo, Susannah.