Sul suicidio del copilota della Germanwings
In occasione di questo evento ho sentito luoghi comuni e invenzioni sulla psichiatria che ormai, da repertorio di cattivo giornalismo, sembrano diventati presunte basi per ragionare davvero sulla sicurezza e sulla prevenzione.
Prima cosa: il pilota aveva una storia di malattia mentale, non è dato sapere cosa perché l'unica malattia psichiatrica che sembra esistere è la “depressione”.
Che una persona depressa si metta alla guida di un aereo è abbastanza improbabile. Certo, può avere dei pensieri di morte, magari da mesi e mesi, ma essere apparentemente funzionale, magari perché ha una cura addosso che corregge parte ma non tutti i sintomi della depressione. Possibile, ma non la prima cosa che viene da pensare. Per quanto ne sappiamo, lo spunto per il gesto potrebbe anche essere venuto da voci nella testa, la visione di Dio in cima ai monti, l'intuizione che schiantandosi avrebbe salvato il mondo dalla distruzione, e così via delirando.
Oppure, può averlo progettato, genericamente, di uccidersi in un modo eclatante. Certo non sono cose che uno intenzionato a uccidersi va in giro a raccontare, è già tanto se qualche volte lo fa capire, lascia messaggi, e di solito quando questo accade è nell'imminenza del gesto.
E' invece vero che in caso di suicidio la persona aveva in qualche modo “chiesto aiuto” ad un medico, ma ad oggi non abbiamo dei forti fattori predittivi per poter identificare chi sta progettando un suicidio. La depressione non è il disturbo che linearmente (più è grave, più c'è rischio) si associa al suicidio, e i fattori principali che predicono il suicidio sono la familiarità per suicidio e i precedenti tentativi falliti.
Quando una malattia pone a rischio, questo rischio si ripropone con le ricadute, e sembra un fattore indipendente dalla risoluzione di alcuni sintomi considerati principali. L'unica terapia preventiva sembra quella a base di sali di litio, che previene gli atti suicidari anche quando non funziona egregiamente nel prevenire le ricadute umorali.
Ora, si dice che le compagnie aeree fanno i test psicologici e psichiatrici. Certamente, ma chi ha stabilito che esistano dei test utili a identificare chi si suiciderà, e chi lo farà sul lavoro soprattutto?
L'idea che questi test identifichino l'impossibile corrisponde più a un'illusione di controllo che tutti sembrano avere, piuttosto che ad una realtà tecnica. Da qui poi lo scandalo che la compagnia “sapeva” che il pilota era a rischio: sapeva solo che aveva avuto bisogno di cure psichiatriche, come migliaia di persone che risultano assolutamente innocue per gli altri. Era stato in cura per “manie suicide”: non mi risulta che questa sia una malattia o una diagnosi, suona come un “modo di dire” paradossale. O significa suicido-mania, ovvero tendenza seriale al suicidio, oppure significa che aveva idee depressive, tra cui quella della morte, ma senza aver tentato il suicidio, il che evidentemente è una situazione di diverso peso.
Infine, il luogo comune più comune: dare l'idea del rischio per il fatto che “faceva uso di psicofarmaci”, come se questo fosse uno stadio di non-ritorno, anziché l'esatto contrario, ovvero un modo di migliorare quel che i disturbi mentali invece creano. Secondo questa logica le compagnie aree non dovrebbero assumere o far lavorare chi “fa uso di psicofarmaci”, e quindi si ritroverebbero a favorire la sospensione o il mancato inizio delle cure. Nella guida e nell'uso delle armi a volte è già così, ovvero orientamenti permissivi per chi “nega” disturbi mentali e non risulta in cura e invece restrittivi e vessatori per chi dichiara di essere in cura, o non può negarlo.
In conclusione: la prevenzione del suicidio può contare su alcuni test specifici (non quelli comunemente utilizzati per selezionare il personale), ma è ben diverso se questi test sono fatti ad uso del medico di fiducia o di chi deve garantirti il posto di lavoro.
Chi è depresso gravemente o ha idee negative a causa della depressione non tende a chiedere aiuto, se non a sprazzi, e la paura di essere licenziato se si sa che fa uso di farmaci non favorisce certo questa scelta. Il messaggio che i soggetti con problemi mentali possono essere “pericolosi” è inesatto, perché ci sono alcuni disturbi che correlano con questo, ma non “i disturbi psichici” in generale.
Si fa finta di poter prevenire tutto, inventandosi strumenti inesistenti, ma alla fine invece si fa poco per incoraggiare l'uso degli strumenti esistenti. L'assistenza sanitaria psichiatrica è un campo in cui quasi tutto può presentarsi come “terapeutico”, e le terapie vere e proprie sono spesso additate come “velenose” o “da ultimo stadio” o come scelta debole.
Il cervello è il grande assente nella visione che la maggior parte delle persone ha dei disturbi mentali: colpa della società, della famiglia, ma quasi come se il cervello fosse un contenitore e niente più. Quando si sta male, le persone sono più interessate al “perché” che al “come”, e la prima soluzione che tutti sembrano cercare è inventarsi un fantomatico altro cervello che dovrebbe controllare, moderare, dare una spinta, far ragionare e così via. Ne abbiamo uno solo, e può essere curato quando si ammala in una o più delle sue parti. Tutto qui.