Vizio di mente ed imputabilità: la pericolosità sociale

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Dr. Otello Poli Neurologo, Algologo, Esperto in medicina del sonno

Quanto è lecito che l'eventuale "vizio di mente" sia motivo di non imputabilità di un assassino?

La pericolosità sociale formerà, pertanto, oggetto per una restrizione presso un OPG...

La prima domanda vorrebbe costituire oggetto di seria riflessione. La conseguente constatazione vuole solamente richiamare la attenzione al c.p. sottolineando come la società civile abbia diritto e dovere di difendere sé stessa ed i propri figli.

Innanzi ad un fatto di cronaca eclatante il nostro sentimento prevale sovente sulla nostra razionalità e la risposta è sempre, o quasi, la medesima: non è possibile pertanto non è normale.

La domanda topica è: ma il "raptus" esiste realmente?

Secondo il Prof. Claudio Mencacci, ex presidente della Società Italiana di Psichiatria, "il raptus non esiste" (http://27esimaora.corriere.it/articolo/lo-psichiatra-il-raptus-non-esiste-e-vi-dico-perche-sono-malvagi/).

Il collega aggiunge "...si vedono le cose dal fondo e non si riflette su ciò che c’è dietro. Bisognerebbe imparare a capire che ci sono individui che covano malvagità, crudeltà, cattiveria. Che quando accade un fatto di violenza apparentemente improvvisa c’è sempre una spiegazione, un motivo che si è costruito nel tempo...".

Il ragionamento, a mio avviso, è che una persona sa di vivere un disagio psichico e via via di accumulare aggressività sempre più difficile da contenere.
Ergo il non cercare aiuto è "un atto di omissione colpevole di negligenza quanto la commissione".

Riduttivamente, ma neanche tanto, è come quando una persona si mette abitualmente alla guida di un auto dopo aver abusato di alcol o di sostanze stupefacenti: è la "legge di Murphy" ovvero sia prima o poi qualcosa accadrà, qualcosa di brutto, alle volte di irreparabile.

Omettere coscientemente nel cercare aiuto per il proprio status è una colpa.

Nel contesto dei recenti fatti di cronaca avreste mai pensato come la difesa del reo si basasse su quella che nel diritto anglossassone è detta "insanity defence"?

Personalmente non avevo alcun dubbio.

Ed infatti leggiamo sul Corriere della Sera quanto segue: http://www.corriere.it/cronache/14_agosto_20/padre-accoltella-figlioletta-18-mesi-una-voce-mi-ha-detto-ucciderla-51f93dac-2876-11e4-abf5-0984ba3542bc.shtml

 

Data pubblicazione: 21 agosto 2014 Ultimo aggiornamento: 27 agosto 2014

35 commenti

#1
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Dr. Alessandro Raggi

Egregio collega Dott. Poli, molto opportuno e utile ricordare che c'è sempre una fase prodromica, spesso con sintomi aspecifici, che costella l'insorgenza di psicopatologie gravi.

Il "raptus" è un po' come l'"esaurimento nervoso", un luogo comune privo di fondamento scientifico.

Mi trovi perfettamente d'accordo anche sull'idea di "responsabilità" individuale per i soggetti psicopatologici in questo senso, e a mio avviso ciò va esteso anche all'ambiente in cui si trova il soggetto (genitori, parenti).

Un ulteriore luogo comune da sfatare, a questo proposito, attribuisce ai crimini efferati quasi sempre un certo grado di "vizio mentale" o di "insanità". Nessun dato statistico rilevante però ha mai correlato significativamente alcuna psicopatologia con una o più forme specifiche di crimine.

Insomma, tra "devianza" criminale e psicopatologia intesa come "devianza" dalla norma, di strada ancora ne corre.


#2
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Dr. Otello Poli

Caro Collega Raggi,
ti ringrazio per il feedback positivo.

#3
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Dr.ssa Nunzia Spiezio

Gentile Dott. Poli, il triste fatto di cronaca che citi, insieme a molti altri, sempre più frequenti degli ultimi anni, sembrano aver portato il delitto sempre più vicino a noi; quando una volta era cosa lontana, che capitava agli altri, in altri ambienti e in mezzo ad altra gente. Qualcosa sta cambiando: lo scivolamento della società sempre più dal nevrotico allo psicotico registrato anche dall' A.P.A ne sembra una testimonianza. La domanda sulla quale ci si dovrebbe incentrare piuttosto è: perchè accade? L'etimologia di "Raptus" dal latino "rapimento", nella pericolosità sociale, sembra più che altro chiamare in causa l'amigdala: il "grilletto" dell'aggressività che risiede nel nostro sistema limbico e che, aggirando il lobo frontale del senso morale e della responsabilità, scatena inaspettati impulsi aggressivi anche efferati.
Le ricerche in genetica e neuroscienze, sempre più, si incentrano sulle motivazioni di crimini commessi da chi "nessuno si sarebbe immaginato facesse una cosa simile, era buono, altruista, una persona per bene" insomma era il perfetto vicino di casa e proveniente da un humus sociale anche buono.
Insomma, come la cardiologia incentra i propri studi su quella percentuale, neanche tanto bassa, di persone colpite da infarto pur se non detentori di fattori di rischio, così le neuroscienze incentrano le loro ricerche su atti criminali compiuti da "insospettabili".
"Gene guerriero", amigdala, raptus(che anche io credo sia oramai un obsoleto termine svuotato di significato psichiatrico e da relegare, se ancora lo vogliono, solo a quello giuridico);nell'eterna lotta tra innatisti ed ambientalisti nel determinare la responasabilità della pericolosità sociale di un individuo, io ritengo entrambi i fattori importanti nella formazione di una mente criminale. Anzi, proprio quella interazione andrebbe studiata in sinergia tra scienze psichiatriche,sociali, psicologiche e genetiche, per individuare i fattori di rischio del criminale apparentemente "all'improvviso". E lo dimostra il fatto che in una ricerca americana il cosidetto "gene dell'aggressività" è stato trovato presente sia nel DNA del "testacalda" incallito, sia in quello di monaci tibetani.
"il non cercare aiuto è "un atto di omissione colpevole di negligenza quanto la commissione". D'accordo.
E Dott. Raggi "Mi trovi perfettamente d'accordo anche sull'idea di "responsabilità" individuale per i soggetti psicopatologici in questo senso, e a mio avviso ciò va esteso anche all'ambiente in cui si trova il soggetto (genitori, parenti)" D'accordissimo, ma non dimentichiamo che il primo responsabile del benessere per gli individui a rischio di sviluppo psicopatologico o già conclamati tali e delle loro famiglie che io ritengo "psicopatologiche di riflesso" è il welfare in cui essi sono inseriti. E, ancor più, il controllo sociale di noi onesti, assennati ed attenti cittadini. Grazie per questo prezioso spunto riflessivo fornitoci.

#4
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Dr. Otello Poli

Gent.le Collega Spiezio ti ringrazio per aver fornito il tuo parere sull'argomento. Ti ringrazio anche per la lezione sulla anatomia e fisiopatologia delle neuroscienze. Al di fuori di questa battuta di cattivo gusto concordo con te come sia fattori genetici che fattori ambientali determinino il comportamento delle persone. Mi fa piacere che tu condivida il concetto "...il non cercare aiuto è un atto di omissione colpevole di negligenza quanto la commissione...". Purtroppo non mi sento di condividere, come tu scrivi, che il primo responsabile di coloro che manifestano comportamenti eteroaggressivi fino all'assasinio in particolare poi di un figlio/a sia il welfare in cui sono inseriti. Forse non sono certo di aver compreso cosa tu voglia significare con ciò. Esiste un "libero arbitrio"? Io penso di SI, in ogni caso. Pertanto ognuno è responsabile di quel che fa od omette di fare fino a che era in tempo. Grazie per il feedback.

#5
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Dr.ssa Nunzia Spiezio


"Ti ringrazio anche per la lezione sulla anatomia e fisiopatologia delle neuroscienze" . Non la trovo di cattivo gusto. :-) Anzi, ti invito a leggere il mio articolo dedicato proprio all'argomento predisponendomi a giusti appunti e bacchettate al servizio di un'informazione sempre più accurata e corretta su MI.
"Purtroppo non mi sento di condividere, come tu scrivi, che il primo responsabile di coloro che manifestano comportamenti eteroaggressivi fino all'assasinio in particolare poi di un figlio/a sia il welfare in cui sono inseriti. Forse non sono certo di aver compreso cosa tu voglia significare con ciò. Esiste un "libero arbitrio"? Io penso di SI, in ogni caso.."
Non puoi trovarmi più d'accordo. Esiste un libero arbitrio. Sempre. Ma in caso di soggetti psicopatologici il discorso non può rimanere sempre così lineare. Mi spiego: effettivamente, e questo mi avrà resa fraintendibile, scrivendo, non pensavo solo al padre di Ancona e al suo gesto scellerato ma, in generale, al soggetto psicopatologico ( e l'assassino di Ancona tale apparirebbe non so quanto per strategia dei suoi legali) inserito in una famiglia "che non vuol vedere" e che si rende, di fatto, corresponsabile di una mancata richiesta di aiuto alle istituzioni. Senza citare casi di cronaca pur presenti, pensavo alla mia esperienza personale e, in particolare, ai genitori di un bambino con disturbi del comportamento che "se ne sono resi conto" solo una volta che costui è arrivato alle superiori(?) O a genitori di un giovane adulto schizofrenico(che rifiutava qualsiasi cura) che neanche ci pensavano lontanamente a permettere un TSO(?) O ancora ad una moglie che mai si era accorta dell'abuso del compagno sulle figlie benchè accadesse da anni(?)E la lista sarebbe lunghetta. Generalizzo troppo pensando che, probabilmente, molti soggetti poi da adulti identificati come socialmente pericolosi ed autori di delitti anche efferati abbiano passato una trafila più o meno simile? Gli esempi fatti sono di natura diversa ma con l'unico scopo di spiegare come questa sorta di alienazione della famiglia del soggetto psicopatologico, con la quale, come vedi, io stessa mi sono scontrata moltissime volte nel mio lavoro sui i minori e non, venga rinforzata anche dall'assenza delle istituzioni che lasciano tali famiglie sole ed in difficoltà. Poi, il mancato controllo sociale, a mio avviso frutto di un ripiegamento su sè stessa sempre maggiore di una società ogni giorno più in crisi, gioca la sua parte. Salvo poi e con senno postumo, all'arresto di un femminicida, di un pedofilo, di un patricida, di un infanticida o di uno stragista che sia, affrettarsi ad elencare tutti i segni evidentissimi di una pericolosità sociale annunciata ma che nessuno aveva voluto vedere. Spero di essere stata più chiara. Ciao

#6
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Dr. Otello Poli

Bene vedo che siamo più in accordo di quanto mi sembrasse d'aver compreso. Oh SI il libero arbitrio esiste: anche in chi è affetto da siturbi neuropsichiatrici, uno sviluppo un processo non avvengono improvvisamente, ritengo occorra tempo per giungere al discontrollo. L'intera la fase che precede è da sanzionare, poi non resta che piangere. Concordo in particolare con il passo "...assenza delle istituzioni che lasciano tali famiglie sole ed in difficoltà. Poi, il mancato controllo sociale, a mio avviso frutto di un ripiegamento su sè stessa sempre maggiore di una società ogni giorno più in crisi...". Siamo un Paese, una Europa, un Occidente in grave decadenza e caduta libera vittima di invasioni barbariche, da un lato, e di ignavia, dall'altro. Cosa resterà ai nostri figli?

#7
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Dr. Alessandro Raggi

Cara Collega, concordo con molte osservazioni che hai fatto, solo un'ultima frase, della quale forse non ho colto io bene il senso, potrebbe essere equivocabile.

<<(...) femminicida, di un pedofilo, di un patricida, di un infanticida o di uno stragista che sia, affrettarsi ad elencare tutti i segni evidentissimi di una pericolosità sociale annunciata (...)>>

Io credo che il senso della news del collega Poli - mi corregga se sbaglio - è anche nel distinguere tra psicopatologia e crimine (oltre che segnare il punto sulla responsabilità soggettiva in fase prodromica).

Un "pedofilo" può essere un semplice criminale e non necessariamente un soggetto psicopatologico. Nella maggior parte dei casi è esattamente così.

Idem per gli "stragisti", i femminicidi o i figlicidi (che dir si voglia) anche quelli improvvisati. Per fare un esempio recente Breivik quello della famosa strage di Oslo in cui persero la vita oltre 70 persone innocenti, è stato dichiarato "sano di mente" da più perizie psichiatriche.

I soggetti con infermità psicologiche sono per lo più vittime e quasi mai "carnefici". Un altro elemento da ricordare è che una diagnosi di psicopatologia - qualunque essa sia - non esclude le altre caratteristiche del soggetto. La crudeltà non è necessariamente un attributo sindromico e neppure un sintomo, è semplicemente il segno del fatto che nel mondo alberga il "male" oltre che il "bene".

#8
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Dr.ssa Nunzia Spiezio

Poli,
"Siamo un Paese, una Europa, un Occidente in grave decadenza(....)Cosa resterà ai nostri figli?
Il discorso dovrebbe essere lungo ed articolato e travalicherebbe l'intento della tua news facendomi sentire ospite invadente.Mi limito a scriverti che mi trovi in piena sintonia.
Collega Raggi,
penso in accordo con te che "La crudeltà non è necessariamente un attributo sindromico e neppure un sintomo, è semplicemente il segno del fatto che nel mondo alberga il "male" oltre che il "bene".
Che poi atto criminale e psicopatologia siano due categorie che possono sussistere, ma più spesso divergere nel soggetto a pericolosità sociale, nonchè il mio accordo sulla responsabilità soggettiva o di rete in fase prodromica erano cose che intendevo per sottintese.
Facevo "quegli" esempi di reato di natura diversa in riferimento allo scarso o nullo controllo sociale e all'abbandono da parte dello Stato di alcune periferie esistenziali. Concorderai sul fatto che tali periferie risultano essere l'humus più fertile, anche se non scontato ed esclusivo, per drammi familiari, abusi al loro interno, basso riconoscimento del disagio possibile passo a futura psicopatologia, bassa capacità di richiesta di aiuto alle istituzioni e via di questo passo.
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/08/22/news/catania_padre_uccide_figlia-94247835/
e di notizie più o meno simili, in Italia, negli ultimi tempi ve ne sono state tante ed in aumento esponenziale rispetto al passato.
La presenza dello Stato attraverso un Welfare più ragionato verso le nuove periferie esistenziali, e quello dei disoccupati io la ritengo tale, e la presenza di un controllo più presente e non solo sociale ma anche formale, di sistema, al fine di monitorare situazioni familiari ritenute a rischio sarebbero utili per lavorare in prevenzione.
Responsabilità dell’assassino? Quanta ne vuoi. Crudeltà? Salta all’occhio. Libero arbitrio? Non si discute. Ma mi chiedo: se si fosse magari intervenuti con un supporto PRIMA di arrivare all’esacerbazione di collusioni familiari, in questo come in tanti altri casi, si sarebbero potuti evitare tanti omicidi e suicidi per via della disperazione di un futuro senza prospettive?





#9
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Dr.ssa Franca Scapellato

Molto interessante la news del collega Poli e la discussione successiva.Dato che non c'è limite al peggio, è di oggi l'orrore del giovane che ha decapitato la donna ucraina, finendo poi ucciso dalle forze dell'ordine. Anche in questo caso nessuno ha visto, ha capito, ha agito prima della tragedia. Tre anni fa avevo scritto una news sui "raptus", incentrata principalmente sulle madri omicide e su come la stampa le presentava: https://www.medicitalia.it/blog/psichiatria/379-i-raptus-dei-mass-media.html . In questi casi le madri assassine sono a loro volta vittime di quelli che, come dice la dottoressa Spiezio, non vedono e non vogliono vedere. Naturalmente ci sono anche i criminali freddi, controllati, come dice il collega Raggi, e quelli non li puoi identificare né aiutare, ma la maggior parte dei violenti non è fatta di "mostri", ma di persone che potrebbero essere curate.

#10
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Dr. Otello Poli

Ciao Franca,
ti ringrazio per feedback positivo.
Mi sono trovato a Parma alcune volte purtroppo andando di fretta per sottoporre ad indagine peritale alcuni detenuti nel carcere di massima sicurezza della tua città.
Secondo me, avendo ben colto il senso della news, va distinto tra:
-disagio esistenziale psichico consapevole (e come avrai letto considero il non chiedere aiuto e non farsi curare una omissione colposa da parte del paziente che poi commetterà un crimine di sangue),
-disturbi (o malattie) mentali appartenenti alla sfera psicotica per le quali sono applicabili gli articoli art. 88 e 89 del c.p.,
-fatti/reato riferibili a puri crimini in assenza di disturbi mentali (asse I),
-concordo, inoltre con il Prof. Mencacci il quale afferma, motivando, come sia sua opinione che "il raptus non esiste" http://27esimaora.corriere.it/articolo/lo-psichiatra-il-raptus-non-esiste-e-vi-dico-perche-sono-malvagi/

#11
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Dr. Otello Poli

Link:
http://mobile.tgcom24.it/checkexistpage.shtml?/cronaca/marche/2014/notizia/papxc3-killer-nel-sangue-un-mix-di-cocaina-steroidi-e-anabolizzanti_2064379.shtml

C'è da chiedersi chi e come conduca le indagini. Un esame tossicologico immediatamente post-atto/reato così efferato e così "incomprensibile" ??
Ed ecco che la luce sembrerebbe illuminare (qualora confermata la notizia) il mistero di un uomo descritto come tranquillo tutto lavoro/famiglia (seppur con riferiti problemi di coppia dalla consorte durante varie interviste: ma chi non ne ha?).

Gli accertamenti posticipati (perchè poi aspettare tutti questi giorni?) potrebbero ingenerare sospetti, illazioni, dubbi, contestazioni.

#12
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Dr.ssa Chiara Lestuzzi

Scusate se intervango pur essendo una profana. D' accordo che il termine "raptus" sia abusato, ma non tutti i fatti di cronaca sono uguali. Quello che ha assassinato la colf era già in cura da uno psichiatra (che recentemente gli aveva fatto sospendere la terapia farmacologica -pare- per il rischio di allucinazioni) e la famiglia era già da molto tempo preoccupata per molti suoi atteggiamenti (compresa la mania dei coltelli). Peraltro non credo ci fosse modo di sottoporlo a TSO finchè questi atteggiamenti non fossero sfociati in qualcosa di clamorosamente pericoloso.
Molti di quelli che ammazzano mogli, ex mogli ecc. hanno in effetti alle spalle un periodo più o meno lungo di minacce e persecuzioni, se non addiruttura di violenze fisiche, e non credo proprio ci possa essere l'alibi del vizio di mente (a meno che non si consideri "vizio di mente" la gelosia patologica, la cultura del padre-padrone ecc.).
Il padre che ha ucciso il bambino piccolo, però, e che non era un padre violento, nè aveva un motivo per uccidere il bambino (non è -tanto per dire- il padre che uccide i figli per vendiocarsi della moglie che lo ha abbandonato, nè il depressograve che uccide i figli prima di suicidarsi perché pensa che il mondo sia un posto così brutto da non poterci vivere). Se si trattava dell' esordio clinico di una schizofrenia, con allucinazioni uditive, davvero non so come lo si possa considerare imputabile. Anche perché per definizione -se non sbaglio- gli schizofrenici (come quelli affetti da psicosi delirante) non sono consci della loro malattia.

#13
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Dr.ssa Franca Scapellato

All'inizio l'informazione era: l'assassino era in cura da uno psichiatra, che di recente gli aveva consigliato di sospendere gli PSICOFARMACI che assumeva, perché potevano provocargli allucinazioni. I giornalisti non sanno più fare il loro mestiere, purtroppo! Dalle ultime notizie, più credibili, pare che il tipo dell'EUR si facesse di metaqualone, che è una droga, altro che essere in cura con psicofarmaci! Se era stato visitato da uno psichiatra, ovviamente il professionista gli aveva consigliato di sospendere non la cura, ma la droga. Se uno si droga, acquista coltelli da combattimento e dice di voler andare a combattere a Gaza, forse un margine per il TSO c'è, anche se col senno di poi è troppo facile giudicare. Non occorrono comportamenti clamorosi, non occorre che diventi violento, basta un fondato sospetto.

#14
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Dr.ssa Nunzia Spiezio

" Non occorrono comportamenti clamorosi, non occorre che diventi violento, basta un fondato sospetto"
Cara Scarpellato,il tuo pensiero rispecchia pienamente il mio ma, sembra che il TSO non sia facile da attuare perchè non "pensabile". Dalla famiglia, dai vicini, dagli amici, dai conoscenti. Nell'immaginario collettivo il TSO sembra afferisca solo a crolli psicotici e camicie di forza. Rispetto ad esso sorgono, a mio avviso, due ordini di problemi: da un lato sembra un dato che la crisi economica attuale veicola, amplifica e dèflaga preesistenti focolai nevrotici all'interno delle famiglie con aumenti, secondo me sempre più esponenziali, di reati efferati. Rispetto a ciò non si potrebbe pensare( e chiedo il parere di voi psichiatri e neurologi)a come aggirare questa "impensabilità" collettiva del TSO (che viene nell'immaginario visto come una indelebile macchia etichettante) ma comunque spingere “i soggetti a rischio” a curarsi attraverso terapia farmacologica e psicoterapica?
Il secondo ordine di problemi nasce su CHI, oltre al medico di base, dovrebbe monitorare le situazioni familiari a rischio ( forse lo psicologo di base per cui si stanno battendo gli ordini?) ed attivarsi quando le collusioni familiari diventano tossiche?

#15
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Dr. Otello Poli

Cara Lestuzzi il link da me inserito:http://mobile.tgcom24.it/checkexistpage.shtml?/cronaca/marche/2014/notizia/papxc3-killer-nel-sangue-un-mix-di-cocaina-steroidi-e-anabolizzanti_2064379.shtml
si riferisce proprio al personaggio che tu dici nella seconda parte del tuo intervento "...Il padre che ha ucciso il bambino piccolo, però, e che non era un padre violento, nè aveva un motivo per uccidere il bambino...".

#16
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Dr.ssa Chiara Lestuzzi

Chiedo scusa, mi era sfuggito (avevo seguito la cosa sui giornali e non credevo ci fossero novità). Peraltro l' avvocato nega... siamo sicuri che non sia una bufala giornalistica? Se era intossicato, certo non c' è scusante. Se è psicotico però sì.

#17
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Dr.ssa Franca Scapellato

Gentile dottoressa Spiezio, quando lavoravo su per i monti capitava che ad es i carabinieri o il parroco ci segnalassero situazioni di disagio, e come servizio di salute mentale ci attivavamo. Una volta è stata l'impiegata dell'anagrafe che ha chiamato perché un giovane del paese era venuto a prenotare un loculo del cimitero (era un grave schizofrenico, non ancora curato, che dopo una serie di tentativi di suicidio, aggressioni dei familiari e innumerevoli ricoveri ora sta meglio, vive in un appartamento seguito dai servizi). Ben venga lo psicologo di base, se può essere una figura meno minacciosa dello psichiatra, ma il punto è che le persone hanno una visione distorta della psichiatria e raccontare che gli psicofarmaci danno allucinazioni non aiuta. Nel caso di famiglie abbienti mi è capitato che lo psicotico venisse isolato, magari lasciandolo nella casa di campagna, così da toglierselo dai piedi, o iscrivendolo a una qualche università o corso all'estero, ben lontano. La cura e l'assistenza di uno schizofrenico o di un bipolare sono dolorose e faticose anche per chi ne avrebbe le possibilità economiche.

#18
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Dr. Otello Poli

Cara Collega Lestuzzi, io infatti ho solamente riportato la notizia giornalistica. Pertanto al momento non siamo del tutto sicuri che sia una "bufala" o meno. Nell'articolo si legge come quello sia il risultato dell'esame tossicologico sull'autore dell'infanticidio della figlia.
Immagino, come di rito, disposto dagli inquirenti che in questa fase sono diretti/coordinati dalla Procura della Repubblica (il PM incaricato) competente per territorio.

#19
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Dr.ssa Nunzia Spiezio

"Ben venga lo psicologo di base, se può essere una figura meno minacciosa dello psichiatra"
Cara dott.ssa Scarpellato,
sono d’accordissimo e aggiungo che lo psicologo ,a mio avviso , non credo possa risultare una figura meno minacciosa dello psichiatra tout court. Ho sempre creduto che a dare connotazione emotiva a cose e figure sia sempre la sovrastruttura nella quale esse sono inserite e che conferisce loro senso. Lo psichiatra viene dall'immaginario comune mediamente percepito come(ma non si creda che, in una sorta di percezione confusiva, lo psicologo ne sia completamente esente e così il neurologo)quello che "cura i pazzi". A riprova del destino comune è che la battuta più frequente "su per i miei monti" è "mica son fuori di testa che devo andare dallo psicologo!?” Credo che, per gli ambiti che ho negli interventi precedenti esaminato, psicologo e psichiatra dovrebbero essere impiegati ,ad interfaccia l'uno dell'altro, per lavorare insieme sulla prevenzione del disagio familiare. Di fatti in questo momento storico, la coppia/famiglia, per una serie di ragioni che non è il caso di elencare in questa sede, penso risulti essere il focolaio da dove, più spesso e più imprevedibilmente che altrove, può divampare l'incendio dell'abuso, del maltrattamento fisico e psicologico, del femminicidio e di tutti gli altri delitti da humus familiare tossico. La famiglia è un’entità complessa che oggi più che mai, e ne discutavamo in precedenza, non è in grado di fare passi verso l’istituzione e la richiesta di aiuto anche, probabilmente, perché essa è per antonomasia ente collusivo e, a meno che non vi sia segnalazione da controllo sociale (anch’esso in clamorosa ritirata)i carabinieri, la polizia, i servizi sociali e il servizio di salute mentale non possono venire a conoscenza di anomalie ed intervenire.
Ecco che occorrerebbe una figura, o una serie di figure istituzionali che “vadano” esse verso il disagio famiglia per lavorare in prevenzione anziché in emergenza. Perché sembra, più vero che mai e in modo tragico, che il disagio non va, (o non si fida più di andare?) verso l’istituzione.







#20
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Dr. Otello Poli

Mi sembra ci sia contraddizione in termini tra le due ultime affermazioni. 1)"...occorrerebbe una figura, o una serie di figure istituzionali che “vadano” esse verso il disagio famiglia...", e 2)"...Perché sembra (...) che il disagio non va (...) verso l’istituzione...".
Come saprai le "figure" professionali non possono andare verso nessuno se non ne viene richiesto l'intervento proprio da parte di coloro che vivono il disagio e che, come scrivi, "non vanno" verso l'istituzione.
Non riesco ad immaginare "ronde di psichiatri e psicologi" del servizio territoriale avventurarsi nel nostro Paese "alla ricerca del disagio".
nb: ovviamente l'esempio è molto stressato al fine di evidenziare la inattuabilità della proposta fatta ricca di buoni propositi.
nb2: mi sembra che ci si stia via via allontanando dal focus dell'argomento proposto che era;
-vizio di mente ed impuntabilità,
-ma il "raptus" esiste realmente?
-il non cercare alcun aiuto o rifiutarlo se esso viene offerto nella lunga fase di disagio psichico, pertanto nella lunga fase di consapevolezza del medesimo, potrebbe costituire un comportamento nel quale ravvisare una una "negligenza colposa" se esaminata nel contesto Medico Forense e del Diritto?

#21
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Dr.ssa Franca Scapellato

Hai ragione. Provo a rispondere.
Il raptus, inteso come evento critico, auto o eterolesivo, che si verifica "a cortocircuito", come reazione immediata a un evento, esiste, però di solito non nelle storie raccontate dai giornali. Un borderline, un soggetto con disturbo di personalità, anche una persona senza patologie di rilievo in situazioni estreme possono reagire con violenza (es un padre che investe per sbaglio il proprio figlio e disperato si spara subito dopo).
Un soggetto (ad es) affetto da gelosia patologica, o che abbia manifestato ideazioni persecutorie e che compia atti violenti contro le persone che ritiene nemiche NON agisce in preda a raptus ma con una progettualità, più o meno coerente a seconda della gravità della patologia.
Il rifiuto delle cure a mio parere rientra nella libera scelta dell'individuo, sancito dalla Costituzione. E' anche per quello che esistono ASO e TSO. La negligenza può essere imputata (e in passato ci sono stati numerosi casi) al sanitario che non abbia messo in atto provvedimenti per curare, anche contro la sua volontà, una persona malata. Che poi non ci siano posti letto, le forze dell'ordine a volte non collaborino, i familiari siano oppositivi, ecc è un'altra storia.

#22
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Dr.ssa Nunzia Spiezio

Gentile Poli,
chiedo scusa, ma poteva essere prevedibile, se il focus ti sembra essersi allontanato dall'argomento proposto.
"Come saprai le "figure" professionali non possono andare verso nessuno se non ne viene richiesto l'intervento proprio da parte di coloro che vivono il disagio e che, come scrivi, "non vanno" verso l'istituzione" Permettimi, ma è proprio perchè lo so che ho fatto ben 5(con questo 6 )interventi sul seguente argomento: la difficoltà della famiglia, con al proprio interno soggetto psicopatologico, nel coscientizzare il potenziale pericolo e nel chiedere aiuto a rete sociale ed istituzioni.
Vorrei ribadire che, per la particolare natura del rapporto che si istaura nel setting psicoterapeuta-paziente (per intenderci no consulto, prescrizione e richiamo dopo più settimane)vi potrebbe essere anche una possibilità maggiore, da spendere poi in sinergia con le altre professionalità territoriali, di apprendere eventuali casi di disagio familiare potenzialmente pericolosi sia nella propria del paziente in setting, sia in quelle della sua rete sociale: vicini, parenti.
Certo, pensarla in senso strettamente letterale come hai fatto tu:
"Non riesco ad immaginare "ronde di psichiatri e psicologi" del servizio territoriale avventurarsi nel nostro Paese "alla ricerca del disagio" appare non solo piuttosto "stressato" come dici ma anche inverosimile, al limite ridicolo. Chiaramente non rendeva la mia idea e che adesso, spero, di averti chiarito.
Inoltre, data la mia non perfetta conoscenza dell'ambito processualpenalistico, e, data al suo interno per certa l’importanza del rifiuto “di aiuto offerto” ai fini di una sentenza, mi incuriosisce come si potrebbe avere prova che l'imputato abbia colpevolmente, oltre ogni ragionevole dubbio, rifiutato "l'aiuto offerto". Potrei immaginare svariate arringhe in grado di scardinare la "validità" ed “accettabilità” "dell'aiuto offerto" da familiari (essendo questi ultimi quasi sempre in status collusivo e concausa, se non causa del problema stesso) amici e conoscenti. Inoltre, ferme le premesse prima fatte, penso che, l’ “aiuto offerto”, potrebbe scongiurare l’evenienza di diventare solo epifenomeno probatorio se provenisse da una figura professionale, ancor meglio se istituzionale, in modo da avere un peso processuale diverso o mi sbaglio? Potrei anche.
Ad ogni buon modo ti riporto passi significativi di una relazione del Prof. Giuseppe Sartori (Ordinario di Neuropsicologia clinica nell'Università degli Studi di Padova) e del
Prof. Antonello Crisci (Associato di Medicina Legale nell'Università degli Studi di Salerno) due dei relatori ad un corso di aggiornamento che ho seguito. La relazione si intitola: Neuroscienze e Valutazione Dell'imputabilità e parla di una sentenza che tu di sicuro conoscerai.
“….le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la storica pronuncia n. 9163/2005, meglio conosciuta come sentenza Raso, hanno finalmente chiarito che la nozione di infermità penalmente rilevante comprende pure i disturbi della personalità ovvero anomalie di tipo non patologico, a condizione, però, “che il giudice ne accerti la gravità e l’intensità tali da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere e di volere, e il nesso eziologico con l’azione criminosa”. Si pone fine, con tale conclusione, agli annosi contrasti che avevano fino ad allora caratterizzato le diverse pronunce in materia….” (…...)La giurisprudenza ribadisce, inoltre, che non vi è alcun automatismo tra diagnosi e vizio di mente ovvero che la diagnosi non è sufficiente a produrre un giudizio di difetto di imputabilità. Il giudizio di “vizio di mente” emerge solo dall’analisi,caso per caso, dal ruolo avuto da quella specifica condizione psicopatologica rispetto al concreto fatto-reato.



#23
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Dr. Otello Poli

Per la Collega Scarpellato.
Pertanto è tua opinione che il "raptus di follia esita" mi par di capire; nel caso di scecie spunto della discussione mi sembra che l'agito criminale sia, comunque, riferibile ad abuso di sostanze stupefacenti ed a problematiche intra-familiari ben al di fuori di disturbi psichiatrici ed in particolare a scompensi psicotici. Circa l'ipotesi di "negligenza colposa" veramente la mia osservazione era rivolta al soggetto che compie il crimine e non al disgraziato collega che potrebbe trovarsi casualmente coinvolto.
Questa era la posizione quando ho scritto sin dall'inizio "...il non cercare alcun aiuto o rifiutarlo se esso viene offerto nella lunga fase di disagio psichico, pertanto durante una lunga fase di consapevolezza e di pieno libero arbitrio, potrebbe costituire un comportamento nel quale ravvisare una una "negligenza colposa"...".

#24
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Dr. Otello Poli

Alla Dr.ssa Nunzia Spezio,
bene diciamo semplicemente che la pensiamo in maniera diametralmente opposta su un argomento di estrema importanza; è "il bello della vita", non siamo tutti uguali ma fortunatamente per tutti siamo ognuno di noi splendidamente unici.
Un'ultima riga e poi credo di non aver più nulla da dirti: bene, quando un'articolo di legge è palesemente sbagliato e "tutela l'assasino e non la vittima ed i suoi famigliari" si può sempre sperare o addirittura impegnare affinchè tale legge, tale articolo venga un giorno modificato al modificarsi delle contingenze della vita e della società nella quale viviamo.

#25
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Dr.ssa Franca Scapellato

Gentile collega Poli, avevo capito bene che la negligenza colposa era del soggetto psicotico parzialmente o a tratti consapevole della gravità del suo stato, ma chiunque può scegliere liberamente di curarsi o di non curarsi, a meno che non rientri in determinate categorie, che impongono il trattamento coatto, quali gravi disturbi psichici oppure malattie infettive contagiose con rifiuto di sottoporsi a trattamento.

#26
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Dr. Otello Poli

Cara collega Scarpellato, ciò era chiaro anche a me. Il discorso circa la negligenza colposa del reo era puramente speculativo a sottolineare quanta responsabilità consapevole vi sia in agiti/reato che il più delle volte l'Ordinamento Giudiziario, sovente con facilità, tende a far apparire, proprio in quanto efferati e pertanto non comprensibili/non condivisibili, come vizio di mente correlati.
L'intero argomento in proposto, fin dall'inizio, vuol essere una provocazione ma al medesimo tempo motivo di riflessione e comunque una visione della problematica "vizio di mente ed imputabilità" osservata differentemente dall'usuale, con un "taglio" diverso da quanto siamo abituati a leggere nelle motivazioni delle sentenze qualunque siano suggerimenti e conclusioni dei nostri elaborati peritali.

#27
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Dr. Otello Poli

Consiglio la lettura del Blog "Come le Neuroscienze cambiano i Tribunali. RM funzionale e compotamento criminale".

#28
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Io ho un vicino di casa (di 45 anni) che vive con la madre e che ha subito ben 20 TSO (per un disturbo bipolare, ma credo ora sfociato in schizofrenia). spesso picchia la madre, mettendole addirittura le mani al collo per strozzarla. la madre non ha mai sporto denuncia e lui rifiuta di curarsi. il problema è che questo soggetto è pericoloso anche per gli altri, per noi del condominio così per chiunque altro. ha ultimamente molestato una delle ragazze che fa le pulizie per le scale del nostro condominio e questa lo ha denunciato, ma la polizia dice che finché non commetterà qualche reato davvero grave, loro non possono fare nulla

#29
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Dr.ssa Franca Scapellato

Se ha subito 20 Tso vuol dire che qualcuno lo ha segnalato al servizio di salute mentale dell'Asl e che sono intervenuti per ricoverarlo e curarlo almeno per una settimana. La polizia non può fare nulla, ma l'Asl sì. In questi casi di solito si ricorre, dopo il ricovero obbligatorio, a iniezioni mensili di farmaci antipsicotici.

#30
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Ha chiamato sempre sua madre e, spesso, lo rimandano a casa anche due giorni dopo. non c'è niente da fare. non si riesce a mandarlo in una comunità di recupero. tra l'altro, è anche alcolizzato e rende la vita di questo condominio un inferno. due mesi fa ha messo quasi le mani addosso a mia madre di 84 anni. io, il giorno stesso, sono andato al commissariato del carabinieri per sporgere denuncia, ma là stesso mi hanno sconsigliato di procedere per evitare vendette da parte di quel soggetto

#31
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Dr.ssa Franca Scapellato

Mi rendo conto dell'estrema difficoltà, ma anche del pericolo costituito da questa persona. Dato che il Tso è firmato dal sindaco in qualità di massima autorità sanitaria, manderei una lettera raccomandata al sindaco e per conoscenza al questore, al prefetto, al comandante dei carabinieri, al responsabile del Servizio di Salute Mentale dell'Asl, riferendo la situazione e chiedendo una soluzione. Se la lettera fosse firmata da più persone (è difficile, lo so, molti si tirano indietro) sarebbe meglio. Così tutti questi signori non potranno dire che non sapevano. Magari potete chiedere aiuto a un avvocato. Quando lavoravo all'Asl spesso i Tso di alcuni soggetti erano ripetuti anche per molte volte, proprio per evitare certi pericoli, anche se la carenza di posti letto è sempre drammatica.

#32
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Dottoressa Scapellato, pensi che ci sono dei condomini, qua da me, che hanno deciso di vendere la loro casa perché la situazione è diventata insostenibile. la ringrazio comunque per i preziosi suggerimenti. giorni fa si parlava anche di firmare una petizione per mandare via questo individuo. comunque, ad oggi, è l'ottavo giorno che è ricoverato con un TSO. si vede che questa volta, gli psichiatri hanno ritenuto che la situazione è più grave del previsto. la cosa drammatica è che questo, ogni volta che torna da questi ricoveri, è più agguerrito e pieno d'odio che mai

#33
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Buonasera dott. Scapellato, se vuole, la aggiorno sulla situazione. dall'ospedale dove è ancora ricoverato quel tizio con un TSO hanno deciso di portare domani questo soggetto in una comunità di recupero di malati di mente (la Samadi, che è qua a Roma). forse qualcosa si sta muovendo, finalmente

#34
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Dr.ssa Franca Scapellato

Bene, spero che riescano a tenerlo e soprattutto a curarlo, perché le terapie ci sono, ma occorre che il paziente le prenda. Buona serata.

#35
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Ma credo che stavolta ci sia anche un procedimento penale in atto (la denuncia per molestie fisiche a una ragazza che viene a fare le pulizie per le scale del palazzo) e, quindi, suppongo sarà costretto a curarsi

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