L'apostolo: tutti i volti della mania euforica
Un film del '97 interpretato da Robert Duvall, incentrato sul personaggio di un predicatore che vive in un frenetico e irrinunciabile bisogno di fare, di celebrare, di comunicare. La storia è semplice. Il predicatore Sonny, capo carismatico di una congregazione religiosa, scopre che la moglie lo tradisce con il collega più giovane, e che a causa dei suo comportamenti non proprio coerenti con quanto predica sarà anche rimpiazzato alla guida della comunità di preghiera. Dopo aver aggredito l'amante della moglie in pubblico, per sfuggire alla polizia cambia stato e si stabilisce in un paesino dove lavora dal nulla per costruirsi una nuova vita. Il suo scopo sarà quello di riprodurre una nuova comunità di preghiera, per continuare quello che sa e ama fare, il predicatore, fino a quando la polizia, come lui stesso prevede, lo rintraccerà.
Duvall è un attivista di se stesso, il suo fervore religioso è una spinta "primaria", in cui Dio sembra più una proiezione di questa spinta. Dio è per lui uno scopo, una risposta, una domanda che lo spinge in avanti, la gratitudine per ciò che ha, la speranza, in altre parole è lo scopo a cui votare e indirizzare tutto se stesso, e condurre gli altri. Poco importa che in tutto questo slancio e sforzo si perda continuamente, e si scopra molto più umano. I tradimenti, l'ira, l'egocentrismo, sono tutti "peccati" che come tali sono accettabili, perché riconducono sempre sulla strada maestra, quasi fossero delle vie per riconfermare tutte le volte la sua fede attraverso l'errore.
Il predicatore non si sente in colpa, oppure si sente in colpa in maniera compiaciuta, perché in questo si sente "giusto" nei confronti di se stesso, e pronto anche a punirsi. Il suo Dio è qualcuno con cui "litiga" ad alta voce quando si sente vittima di torti. Se scappa, è Dio che lo guida verso un'altra missione, magari per espiare la colpa di aver agito con ira e rancore. Dove arriverà, sarà Dio a deciderlo, e cosa farà è celebrare la volontà di Dio.
Sonny vive un "sentimento di realtà" di impronta ottimistica-maniacale, ovvero che "siamo oggetto di amore", che quel che abbiamo è "un dono", e che siamo "chiamati a fare" qualcosa in nome di "qualcosa di più grande". Il principio di movimento che domina lo stato euforico-maniacale diventa un sistema religioso, come una proiezione di quell'essere in moto, spinto, e spinto verso il meglio, il più. Gli ostacoli sono il male, e la massima tentazione è quella di non reagire, di fermarsi, di non parlare, di restare in disparte. L'umanità de predicatore non subisce alcuna evoluzione in virtù della sua fede, se mai la sua fede segue gli automatismo del suo comportamento.
Il crescendo di movimento segue quello di religiosità: anziché "fermarsi" quando gli altri lo criticano e lo sostituiscono, reagisce rilanciando, muovendosi ancora di più. Scappa, cambia luogo, e rifonda un'altra congregazione. Il movimento maniacale non è semplice euforia, è carica che riverbera. Se l'ambiente la agevola, scorre veloce; se l'ambiente la ostacola, gli scorre sopra, attraverso, lo aggira, scivola altrove. Non c'è un movimento di decelerazione.
Sonny non delira, non argomenta neanche mai la sua religione, non gli interessano i contenuti, la teologia. La sua religione è una logorrea di citazioni bibliche anche elementari, è un parlare e scherzare, un dipingere un'idea maniacale (l'amore, la spinta, la speranza, la forza) con metafore sempre diverse. Il diavolo è per lui il silenzio, la demoralizzazione, la rinuncia. La depressione è una tentazione. Sonny stesso si "prende in giro" da solo dicendo che lui "ha sempre qualcosa da dire" e che non sa star fermo al punto che smise di andare a scuola da bambino perché non sopportava la ricreazione.
Non per tutti ovviamente la religione è maniacale, per molti è depressiva, ansiosa. Per pochi è psicotica. Certamente i capi carismatici, e in particolare i predicatori nella versione americana, che ballano, cantano, somigliano molto di più a venditori, promotori che non a ministri del culto così come li concepiamo noi. Del resto, la religione "statica" dell'occidente europeo è diversa da quella che ha accompagnato i pionieri americani. Si potrebbe addirittura pensare che quelle confessioni si siano appieno realizzate uscendo dalla piccola e statica europa, e entrando in una nuova dimensione esplorativa, in cui portare in là la frontiera in uno spazio grande e infinito, costruire ancora e ancora (sempre le stesse cose magari). A differenza di altri predicatori, Sonny non è in malafede, anche se la sua religione è di fatto uno sfogo istrionico, un'ubriacatura di parole. Non inganna i fedeli, anzi li ama sinceramente, e, come nella sequenza iniziale in cui soccorre dei feriti in un incidente, pensa sinceramente che pregare per loro abbia significato "far del bene". Lo pensa perché lo sente, perché è lui che sta bene, e quindi in questo star bene vede un principio che può trasmettere agli altri, non importa in che senso.
La scena finale vede Sonny tratto in arresto che viene via dalla sua chiesa, che al posto della tradizionale croce ha un'insegna luminosa a forma di freccia curva che dalla terra gira e punta verso il cielo. Un dinamismo essenziale, gratuito, che è l'unica traduzione possibile di Dio, ovvero la promessa di qualcosa di grande e buono, forse semplicemente la celebrazione di ciò che si ha, e l'annullamento del dolore con la forza di muoversi verso qualcosa di meglio, sempre e comunque. Come recita la scritta sull'insegna "One way Road to Heaven", ovvero "Senso unico per il Paradiso". Quest'immagine (la chiesa e la freccia in su) è un'efficacissima trasposizione grafica dello stato maniacale, non semplicemente "carico" ma "in movimento verso l'alto", così come il suo venir meno è percepito dalla persona non tanto come un essere spento ma come un essere "puntato verso il basso", lontano dal proprio Eden, dal proprio paradiso, che già in terra si realizza quando si crede in sé e si ha un "sentimento di realtà" euforico.