Sindrome da Fatica Cronica: luci spente sull’origine virale della malattia

massimo.lai
Dr. Massimo Lai Psichiatra

Stanchi di essere considerati degli scansafatiche, non essere presi sul serio ed essere considerati al più pazienti con disturbi psichiatrici (come se ci fosse qualcosa di male), fu accolta con favore l’ipotesi dell’origine virale della Sindrome da Fatica Cronica (CFS).

Tale sindome provoca uno stato cronico di profonda disabilità fisica e mentale che spesso compromette seriamente la vita di chi ne soffre.

Categorizzata come sindrome negli anni ’80, con i primi studi sono stati ipotizzati possibili collegamenti con il Virus di Epstein-Barr o altri herpesvirus, il Parvovirus B19 e altri enterovirus come anche con alcuni batteri.

Nel 2009 sulle pagine della prestigiosa rivista Science (Lombardi et al, 2009) fu ipotizzato il possible collegamento tra la malattia e la famiglia dei retrovirus, per la precisione il retrovirus murino XMRV, suscitando grande clamore nella comunità scientifica internazionale e l’origine di un acceso dibattito non ancora concluso.

L’ipotesi dell’origine virale della malattia, riconoscendone una causa biologica, dava lo statuto di “veri” malati organici a quanti soffrivano della malattia e accendeva la speranza di poter trovare una terapia adeguata e definitiva.

I retrovirus sono una famiglia di virus nota da tempo che spesso non causano alcuna patologia, altre volte patologie innocue, talvolta patologie gravi (tra questi retrovirus il più noto è l’HIV che causa l’AIDS).

L’accostamento tra CFS e AIDS è stato molto criticato per la differenza tra le due malattie e la paura e pregiudizio che avrebbe potuto provocare nell’opinione pubblica.

Il pubblico ha invece reagito in parte con sollievo per il riconoscimento dello statuto di malato organico e non psicologico (sic!), e naturalmente con un po’ di apprensione e non poche pretese, cercando di arrivare alle costose terapie antiretrovirali che si utilizzano per l’HIV e chiedendo a gran voce il test per depistare la malattia (in realtà non esiste un vero test specifico, ma un test usato ancora solo nella ricerca che costa intorno ai 500 dollari e che può misurare solo la carica virale).

Sono seguiti investimenti per milioni di dollari in ricerche che tentavano di replicare i risultati ottenuti, ma più passava il tempo più il dibattito si faceva acceso e polemico, l’ipotesi di un falso positivo e di contaminazione dei campioni di sangue diventava mano a mano più attendibile, fino a portare Robert Gallo (famoso per le sue ricerche sul virus dell’HIV e per la disputa con il Nobel Luc Montagnier) a dire che si trattava solo di spreco di denaro, che era tutto sbagliato e di essere come in un brutto sogno (“All of it's a waste of money and it's wrong”. “It's like a bad dream”).

Contemporaneamente in Inghilterra il gruppo di ricerca di cui fa parte lo psichiatra Wessely del King's College di Londra che da anni studia la CFS, ha pubblicato una ricerca in cui affermava di non aver trovato alcuna traccia del retrovirus XMRV in un campione di 186 pazienti sofferenti di CFS (Erlwein et al, 2010). Questo ha attirato non poche critiche allo studioso e suscitato la rivolta delle associazioni di pazienti con episodi incresciosi da dimenticare (si veda anche: https://www.medicitalia.it/blog/psichiatria/1350-quando-al-malato-non-piace-la-diagnosi-il-caso-della-sindrome-da-fatica-cronica.html)

Finalmente, appena due giorni fa, 22 settembre 2011, arriva la smentita ufficiale. La stessa prestigiosa rivista Science ha pubblicato un articolo in cui vengono presentati i risultati condotti in più di dodici laboratori differenti che non sono riusciti a replicare i risultati dello studio di Lombardi e colleghi, escludendo definitivamente il collegamento tra il retrovirus murino XMRV e la CFS (Simmons et al, 2011).

Questo articolo sembra mettere fine alla vicenda che va avanti da anni, fino alla recente richiesta da parte della rivista Science agli autori dell’articolo del 2009 di ritrattare il loro studio, richiesta respinta con la laconica risposta che i dati non sono concludenti (Silverman et al., 2011).

Ieri, 23 settembre 2011, sulle pagine della stessa rivista, Jon Cohen e Martin Enserink hanno cercato di scrivere la parola “fine” a questa vicenda: “Done. Case closed. Finito, lights off, The End”. Luci spente, ma pochi ci credono.

 

Fonti (in ordine cronologico):

Lombardi VC, Ruscetti FW, Das Gupta J, Pfost MA, Hagen KS, Peterson DL, Ruscetti SK, Bagni RK, Petrow-Sadowski C, Gold B, Dean M, Silverman RH, Mikovits JA.

Detection of an infectious retrovirus, XMRV, in blood cells of patients with chronic fatigue syndrome.

Science 326, 585 (2009).

 

Erlwein O, Kaye S, McClure MO, Weber J, Wills G, Collier D, Wessely S, Cleare A.

Failure to Detect the Novel Retrovirus XMRV in Chronic Fatigue Syndrome.

PLoS ONE, 2010; 5(1): e8519. doi:10.1371/journal.pone.0008519

 

Silverman RH, Das Gupta J, Lombardi VC, Ruscetti FW, Pfost MA, Hagen KS, Peterson DL, Ruscetti SK, Bagni RK, Petrow-Sadowski C, Gold B, Dean M, and Mikovits JA

Partial Retraction

Science 22 September 2011: 1212182 Published online 22 September 2011

 

Simmons G, Glynn SA, Komaroff AL, et al.

Failure to confirm XMRV/MLVs in the blood of patients with Chronic Fatigue Syndrome: a multi-laboratory study.

Science, september 22. DOI: 10.1126/science.1213841.

http://www.sciencemag.org/content/early/2011/09/21/science.1213841

 

Jon Cohen, Martin Enserink.

False positive.

Science, 23 September 2011; 333 (6050): 1694-1701. DOI:10.1126/science.333.6050.1694

http://www.sciencemag.org/content/333/6050/1694

 

Data pubblicazione: 24 settembre 2011

3 commenti

#1
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Utente 231XXX

“ il nome sindrome della fatica cronica ( CFS) persisteva da molti anni a causa della mancanza di conoscenza degli agenti eziologici e del processo patologico in causa, In considerazione di piu recenti scoperte e esperienze cliniche che rilevano solidamente una diffusa infiammazione e una neuropatologia multi sistemica è piu appropriato e corretto usare il termine “encefalomielite mialgica”( ME) perché esso indica una fisiopatologia di base. Ciò è anche coerente con la Classificazione Internazionale delle malattie ( ICD 10 G93.3) dell’organizzazione mondiale della sanità ( OMS)- http://esme-eu.com/news/european-translations-of-the-international-consensus-me-document-journal-of-internal-medicine-july-2011-article499-7.html

#2
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Dr. Massimo Lai

Ringraziandola per la segnalazione, riporto anche qui la risposta che le ho dato nell'altro post:


La ringrazio molto per il link, ho scaricato l'articolo che ho trovato molto interessante.

Ho notato tuttavia che tra le fonti bibliografiche della review al n. 79 figura l'articolo che è stato criticato per l'errore metodologico e di cui ho parlato.

Ancora, nonostante il tentativo di dare una più corretta definizione della sindrome con le sue basi fisiopatologiche, credo che siamo ancora lontani dalla determinazione dell'esatta etiopatogenesi, cioè l'origine e svilupo della malattia, anche se questo è comune a molte malattie.

In questo mio blog, come nell'altro in cui ha postato, si parla delle presunte cause (etiopatogenesi) e di un errore metodologico che sta adesso assumendo anche risvolti penali.

Sempre pronto a ricevere bibliografia aggiornata
Cordiali saluti
ML

#3
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Dr. Massimo Lai

Piena Ritrattazione

La rivista Science, la più autorevole rivista scientifica al mondo insieme a Nature, cerca di scrivere la parola fine sulla saga del virus della leucemia murina presunto agente della Sindrome da Fatica Cronica.

“This article has been retracted” (questo articolo è stato ritrattato) appare scritto in rosso vivo in cima all’articolo scritto da Lombardi e colleghi nel 2009, in 2 link che rimandano alla ritrattazione parziale del 14 ottobre 2011 e a quella completa più recente del 23 dicembre 2011.

http://www.sciencemag.org/content/326/5952/585.abstract?ijkey=7b13d4d40b1215b80de8429be4bbe20827d66083&keytype2=tf_ipsecsha

In questa saga durata diversi mesi, è stato inutile ogni tentativo della rivista di arrivare a un ritiro dell’articolo con il pieno accordo di tutti i firmatari, forse a causa anche delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto la principale firmataria dell’articolo che è stata pure arrestata durante la fuga dal Nevada alla California con il database delle ricerche eseguite nel laboratorio in cui lavorava.

L’Editore capo di Science, Bruce Alberts, spiega la presa di posizione della rivista in una lettera apparsa sull’ultimo numero di dicembre (Science is fully retracting the report “detection of an infectious retrovirus, XMRV, in blood cells of patients with chronic fatigue syndrome”).

Le cause sono principalmente 2: la prima è fondamentale per la ricerca scientifica nel processo di validazione di risultati per integrare i nuovi dati nel novero delle conoscenze acquisite. Diversi laboratori di ricerca hanno cercato di replicare i risultati pubblicati nell’articolo senza riuscirci. Senza replica i risultati ottenuti da un solo laboratorio non hanno alcun valore.
Una causa aggiuntiva, scrive sempre Bruce Alberts, è che le ricerche condotte dal gruppo di Lombardi e colleghi sono state giudicate di scarsa qualità (there is evidence of poor quality control in a number of specific experiments in the Report)

Per queste ragioni Science ha perso fiducia nell’articolo pubblicato e sulla validità delle conclusioni riportate (Given all of these issues, Science has lost confidence in the Report and the validity of its conclusions).

L’Editor conclude scusandosi con la comunità di scienziati per il tempo e le risorse perse nel tentativo di replicare i risultati, tempo di cui Science è responsabile avendo accettato la pubblicazione del report originale nel 2009 (We regret the time and resources that the scientific community has devoted to unsuccessful attempts to replicate these results).

Anche se questa storia sembra arrivata alla fine, resta il problema di trovare la causa o le cause della sindrome. Individuare un agente etiologico significherebbe aprire la strada a nuove e mirate terapie.

Fonte:
Science 23 December 2011:
Vol. 334 no. 6063 p. 1636
DOI: 10.1126/science.334.6063.1636-a
http://www.sciencemag.org/content/334/6063/1636.1.full

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