Costretta a fare la chemio: fra legge, buon senso e libertà personale

luigilaino
Dr. Luigi Laino Dermatologo

Apprendo dai media la notizia della decisione di un Tribunale del Connecticut (USA), confermata dalla Corte Suprema dello Stato americano, a carico di una ragazza minorenne di 17 anni, la quale sarà costretta dalla Legge ad effettuare un ciclo di Chemioterapia per un Linfoma di Hodgkin.

Sono state pertanto respinte le istanze dei giudici della famiglia della ragazza, le quali avrebbero dovuto provare la piena consapevolezza della scelta.

Per i medici che la tengono in cura presso il Connecticut Children's Medical Center di Hartford, questa cura le darà l'85% di possibilità di sopravvivere al linfoma di Hodgkin, un tumore linfocitario che ad oggi possiede un'altissima percentuale di sopravvivenza a lungo termine grazie alle terapie tradizionali (chemio e radioterapia).


Trapela una dichiarazione della madre della giovane paziente, nella quale si afferma la volontà di non voler far morire la propria figlia, ma di scegliere assieme a Lei cure alternative che non immettano - testuali parole - "veleni" nel suo corpo.

Conoscendo come ogni medico e come dermatologo oncologo il Linfoma di Hodgkin, posso confermare che questo tumore ad oggi può essere curato con successo.

Parimenti, riconosco la libertà di ogni singolo paziente e in caso di minore età dei genitori o facenti funzione alla libera scelta.

Rimangono i dubbi sulla reale percezione da parte della famiglia della paziente del rapporto rischio/beneficio della medesima terapia.

Probabilmente, in questo contesto, il rapporto fra corretta informazione medico-paziente rispetto ad un altro tipo di informazioni, ha subito un cortocircuito.

Mi piacerebbe sapere quanto questa famiglia abbia appreso dai medici e quanto da probabili altre fonti di informazione: di sicuro, avrei combattuto con i Medici per convincere la giovane paziente ad effettuare le cure.

Lascio questa notizia agli utenti e ai colleghi per aggiungere una discussione in merito a questa difficilissima vicenda e sottolineo un libero pensiero che esula dalla specificità della vicenda:

Servizi come medicitalia.it possono ad oggi rappresentare un piccolo patrimonio a tutela della salute, per orientarsi al meglio nel mare spesso oscuro della disinformazione telematica - che ad oggi dati alla mano, soprattutto per la Salute, detiene un'altissima percentuale di impatto sociale a detrimento dei cittadini/utenti.

 

Fonte:

http://www.quotidiano.net/tribunale-obbliga-chemioterapia-1.559712 

Data pubblicazione: 09 gennaio 2015 Ultimo aggiornamento: 01 marzo 2015

10 commenti

#1
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Dr. Vito Barbieri

Le parole della madre sono una delle cose più sbagliate che si possano dire. Effetto di luoghi comuni che solo parzialmente sono giustificabili in situazioni di malattie in cui il beneficio atteso è limitato e gli effetti collaterali molto probabili. Invece nel linfoma di Hodgkin questo proprio no! Uno dei tumori che ha massime possibilità di guarire con la chemioterapia nota. Un caso come questo mi fa ricordare una persona che 15 anni fa, affetta da linfoma faceva da tempo la terapia "di bella" ed ormai stava per morire. Ho avuto la soddisfazione di convincerlo a sospendere quella cura e fare la chemio. Dal letto di morte in cui era si è alzato due giorni dopo la prima chemio ed è guarito ..vive ancora oggi. Questa madre è solo una ignorante anticonformista. Merita l'ergastolo per tentato omicidio della figlia. Criticate pure ...con tutti i luoghi comuni cospirazionisti di moda oggi ...ma la verità l'ho esposta ...anche se swmbra presunzione. Solo esperienza professionale ventennale, in scienza e coscienza.

#2
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Ex utente

La verità è che non esistono altre cure possibili tranne quelle tradizionali e riconosciute dalla medicina ufficiale. quindi, o così o così, non o così o pomì. mia madre sta curando un mieloma al midollo spinale e con la chemioterapia (per fortuna non è troppo pesante) è come risorta. non è guarita, ma questa estate sembrava morta. già dopo il primo giorno di chemioterapia, riusciva a camminare con un busto

#3
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Medico

Barbieri,
per quello che vale il mio pensiero di internista, condivido pienamente il tuo commento!
Saluti.

#4
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Dr.ssa Chiara Lestuzzi

"Probabilmente, in questo contesto, il rapporto fra corretta informazione medico-paziente rispetto ad un altro tipo di informazioni, ha subito un cortocircuito."

E' vero. Mi ricorda il caso di una dolcissima ragazzina che ho conosciuto per la prima volta due anni fa. Sei mesi prima era stata salvata da un bravissimo chirurgo toracico che le aveva asportato un enorme sarcoma che occupava mezzo torace. I genitori avevano rifiutato la chemioterapia post operatoria perchè la ragazzina, prima del risveglio dall' intervento, aveva sognato Gesù che le prometteva la guarigione, perché lei non voleva perdere i capelli e perché avevano tutti un rapporto particolare con un gruppo di preghiera... L' oncologo pediatra ci aveva litigato, aveva minacciato di far togliere loro la patria potestà (ma poi non l'aveva fatto. Forse perché sapeva bene che -nel caso di un sarcoma- il rischio di recidiva nonostante la chemio era molto elelvato). Quando la ragazza è arrivata da noi era in una situazione spaventosa: una massa di 15 cm di spessore in tutto l'emitorace, infiltrante il pericardio e il diaframma ed estesa all' addome. Lei ancora non voleva fare la chemio (io in cuor mio pensavo ceh a quel punto forse era meglio lasciare perdere; ma l'oncologo nostro sperava in un effetto positivo). La sua preoccupazione erano i capelli, e poi diceva che stava bene. Ho cercato di essere molto dolce con lei, e le ho spiegato che s eanche stava bene, mi aspettavo che potesse stare molto male in poco tempo, e che quindi, se non voleva rischiare di finire di nuovo in sala operatoria un tentativo era meglio farlo. Ho dimostrato comprensione per la sua preoccupazione per i capelli, ma le ho garantito che sarebbero ricresciuti ancora più folti. Pur con i miei dubbi, l' ho incoraggiata a seguire i consigli dell' oncologo, e mi sono limitata a dirle cose che erano assolutamente vere, e che io fossi sincera si capiva. Anche l' oncologo era stato gentile, pieno di tatto, ma fermo nel dire che IL SUO CONSIGLIO era quello. Quando la mamma mi ha chiesto "Lei cosa farebbe?" io le ho risposto che io non sono un' oncologa, ma che del nostro oncologo pediatra mi fidavo, che era bravo e attento e prudente, e che io avrei seguito i suoi consigli.
Ho evitato di fare commenti sulla scelta precedente di non fare una adiuvante subito dopo l'intervento (scelta che ritenevo assurda), per non fare inutili polemiche: ma non ho nenache detto (come loro speravano) "Avete fatto bene". Ci ho perso 4 o 5 ore (mi avevano chiamato di sabato, in reperibilità, per un eco urgente per paura di un tamponamento cardiaco; ho perso tre quarti d'ora a visitarla e fare l' eco, il resto del tempo a studiare le carte e a parlare con loro. Sono uscita a ora di cena!)
Alla fine hanno deciso per la chemio; ma quello che mi ha fatto piacere è stato sentirmi dire che se sei mesi prima avessero trovato medici come noi forse avrebbero fatto una scelta diversa.
Dov' era la differenza? Il primo oncologo aveva detto "Bisogna fare così" e alle loro titubanze aveva reagito con durezza. Noi li abbiamo ascoltati, abbiamo considerato che c' era della logica nelle lori posizioni, ma -dopo aver esaminato con cura e d evidente attenzione tutti i dati, abbiamo ragionato con loro e concluso che -vista la situazione- la chemioterapia era l' opzione migliore.

Ricordo un' altra paziente, con un tumore alla mammella e metastasi comparse dopo qualche anno. Rifiutava ostinatamente qualsiasi chemioterapia che le potesse far cader i capelli. Gli oncologi -ovviamente- insistevano sul fatto che perdere i capelli non è una gran tragedia, in confronto al rischio della malattia, ma lei era irremovibile. Con calma le ho chiesto il perché, e la risposta era spiazzante: "Abitiamo in un piccolo paese, tutti se ne accorgerebbero." Era strana, allora ho insistito "Dov' è il problema? Sono tanto pettegoli?". E allora è uscito il rospo: aveva una bambina di 10 anni. Due anni prima, quando aveva fatto la prima chemio, nelle case avevano commentato il fatto che evidentemente aveva un tumore, poi la cosa si era ingigantita nelle chiacchiere, fatte anche in presenza dei figli, e così la bambina a scuola si era sentita chiedere dai compagni "E' vero che tua mamma sta per morire?". Quindi non voleva far sapere a nessuno che era di nuovo ammalata. Io le ho proposto due cose: primo, procurarsi una parrucca molto sfiziosa con le treccine afro, da indossare saltuariamente come fosse una sua scelta di moda, prima che le cadessero i capelli; secondo, annunciare lei per prima al macellaio, alla giornalaia ecc. che doveva riprendere le cure per qualche mese ma che era solo una cosa da poco, in modo da troncare i pettegolezzi sul nascere.

Non è la prima volta che mi succede di incontrare pazienti (anche cardiologici) che avevano ostinatamente rifiutato una terapia salvavita e che sono riuscita a convincere ad ascoltare i miei consigli.
Certe volte, il problema è solo di comunicazione: il medico vede i pericoli della malattia e insiste con decisione per una cura che a lui appare ovvia e indiscutibile, ma non capisce PERCHE' il paziente (o il parente) la rifiuta. Il malato (o il parente) vede i pericoli della terapia (magari perché mal informato dalle bufale che girano si Internet) ma non ha chiara le percezione del rischio della malattia. Se queste due poizioni diventano antagoniste, fatalmente il paziente -se maggiorenne- scapperà. E magari non tornerà neanche dopo aver verificato che sta peggio, per paura di sentirsi dire "Io glielo avevo detto!" o -poeggio "Ormai è troppo tardi!".
Noi medici dobbiamo avere l'intelligenza e il tatto di sederci accanto al paziente, di guardarlo negli occhi, prendergli la mano e chiedergli con partecipazione "Perché non vuole la cura? Che cosa la spaventa?"; ascoltare le sue ragioni; dimostrargli che non sono sciocchezze (anche se per noi lo sono, per lui/lei NO!), e poi guidarlo con un ragionamento con cui gli facciamo capire i pro e i contro della nostra proposta e della sua attitudine, e lo invitiamo a metterli sui piatti di una bilancia. A quel punto la decisione terapeutica non sarà un' imposizione del medico, ma una scelta condivisa.
Però, se -nel caso qui riportato- i genitori nonostante tutto sono impermeabili, doveroso togliere loro la patria potestà.

#5
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Dr. Vito Barbieri

Brava Chiara. Condivido tutto in pieno. Mi sono ritrovato spesso in situazioni in cui ho percepito cose simili. Fare il medico è una cosa dura. Come si dice: sapere, saper fare, saper essere.

#6
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Ex utente

La chirurgia e la chemioterapia/radioterapia sono le uniche armi valide che abbiamo per sconfiggere il cancro. forse tra qualche decennio troveranno altri sistemi altrettanto validi e meno invasivi e tossici, ma per ora, la situazione è questa qua

#7
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Dentista

Pemetto che non sono più "medico" da trent'anni, mi occupo solo di odontoiatria, ma cosa pensate della rivalutazione che si legge sui media del metodo Di Bella?

#9
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Ex utente

Forse c'è il problema che le terapie alternative sono efficaci in 1 caso su 10.000. credo che la medicina funzioni anche per statistiche. mia madre sta facendo la chemio per un mieloma multiplo da otto mesi e mezzo e ora sta abbastanza bene (e con pochi effetti collaterali, per fortuna). una sua amica, pure affetta da mieloma multiplo, ha scelto da subito di curarsi solo con l'alimentazione e ora è moribonda (proprio ieri l'hanno portata d'urgenza in ospedale per fare una trasfusione di sangue), ma è anche vero che, con questa cura "alternativa", ha retto per un due anni e mezzo (ma c'è da dire che il mieloma al midollo spinale non è come avere un tumore al polmone o al pancreas)

#10
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Ex utente

PS: aggiungo questa ultima (e triste) notizia riguardo a quell'amica di mia madre che, pur affetta da mieloma multiplo, ha rifiutato le cure farmacologiche, "curandosi" solo con le piante e con un alimentazione vegana: è morta ieri pomeriggio. le cure mediche, quando ci sono, bisogna farle!

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