Dare sempre speranza: i fattori predittivi sono una mera informazione, non una condanna!
Le più belle parole non sono “Ti amo”, ma “E’ benigno!”
[Woody Allen]
Nessun paziente passa senza lasciare traccia e di qualcuno rimane un ricordo particolare, profondo, che non si dimentica. Che incide a tal punto da modificare il nostro modo di pensare e di agire nella relazione medico-paziente. Si tratta quasi sempre di pazienti che malgrado le nostre pessimistiche previsioni sono “uscite“ dalla griglia delle nostre statistiche.
Alcuni di questi, nella mia quasi quarantennale esperienza oncologica, hanno scritto pagine cruciali, talvolta strazianti, ma sempre straordinariamente lucide sulla loro vita dove non c’è sconfitta, non c’è rassegnazione nelle loro parole. Talvolta c’è palese persino l’incoraggiamento per il medico che non lesina il suo impegno.
Costante la consapevolezza che in momenti simili, quando sembra che ogni speranza sia perduta e che ogni cosa appare sotto una luce diversa, occorre da un versante, quello del paziente, prendere in mano le redini della propria esistenza, e con coraggio, senza abbandonare mai la speranza, fare un bilancio.
Mentre dall’altro, quello del medico, per cementare l’alleanza terapeutica, occorre “spogliarsi” (12) delle proprie verità oggettive, desunte da un certo numero di elementi studiati statisticamente, perché forse ne esistono altri ugualmente importanti, neanche oggi sufficientemente conosciuti.
Dare sempre speranza del resto risponde ad una tra le più importanti aspettative del malato e pertanto più che dare si potrebbe parlare di incoraggiare la speranza. Quando parliamo di cancro, parliamo di persone che con non molte eccezioni, cominciano ovvero continuano comunque a nutrire speranza, vedono un'opportunità laddove prima non avrebbero concesso un minimo di attenzione, nè alcun credito. Per quanto si continui a considerarla una malattia non facilmente curabile in alcuni casi, tra i malati di cancro il tasso di suicidi è incredibilmente prossimo allo zero: bizzarro! Evidentemente, la speranza sembra prevalere tenacemente a dispetto della diagnosi più nefasta.
Tra le magistrali lezioni dalla parte del paziente, quella, alla scoperta della malattia, di volersi contrapporre alla angosciante domanda
“PERCHE' PROPRIO A ME? DOVE HO SBAGLIATO?”
con differente approccio, perché il cancro non è un nemico da combattere e guarire ad ogni costo in quanto rappresenterebbe il lato oscuro della vita.
Questo diverso approccio consente di invertire il pregiudizio che la malattia possa essere considerata una risposta punitiva a una colpa, pena del contrappasso a bilanciare qualche peccato effettivamente mortale.
E quindi per sgretolare l'esigenza che nasce dal pregiudizio di dover espiare una colpa. Non c’è alcuna colpa da espiare. Non c’è alcuna lotta da approntare.
Il modello parassitario del cancro come il fantasma che ci perseguita e ci rincorre, diventa la nostra condanna in caso di fallimento delle terapie e quindi questo diverso modello della coesistenza aiuta a non farsi scoraggiare dalle storie vissute, ascoltate o anche solo lette, per resistere alla deriva depressiva.
Il modello parassitario, così purtroppo presente ed enfatizzato dai media, che sinora ha ispirato tutte le strategie di LOTTA, traghettando il linguaggio militare (persino i soggetti volontari per uno studio vengono chiamati "arruolati") direttamente dalle vittoriose battaglie contro le malattie infettive del passato, con l'obiettivo di bonificare il corpo sradicando il cancro come un virus chirurgicamente o chimicamente, è un modello quanto mai obsoleto.
Tant'è che tutte le nuovissime terapie "molecolari" tendono ad essere personalizzate per ogni tipo di tumore. Facile dedurre che un ciarlatano si riconosce subito perchè propone una unica terapia per tutti i tumori. E non solo invece sono eterogenei i tumori su pazienti altrettanto eterogenei , ma addirittura solo poche cellule di tutto il tumore sono veramente maligne, quelle che lo fanno crescere: le cellule staminali del cancro.
E soprattutto è una arma a doppio taglio perché letale sul piano psicologico in caso di fallimento delle terapie.
Quello più moderno, conoscendo sempre meglio la sua flessibile fisiologia, è di riuscire a farlo diventare più frequentemente una malattia cronica come ad esempio il diabete, malattia curabilissima che consente uno stile di vita assolutamente normale.
E se paradossalmente non fosse maligno e neanche cattivo? Non dal punto di vista della diagnosi, ma della semantica.
Se non fosse nè aggressivo, nè subdolo, se non fosse nemmeno infido?
Metti il caso che fosse al contrario stupido, ottuso e insensato.
Che non avesse scopi (13) e teologia, che non combattesse contro il suo ignaro ospite al fine di distruggerlo, ma si ritrovasse invece conquistatore anarchico e senza volontà, tanto meno di potenza?
Che non assomigliasse affatto a quell'alieno mostruoso, l'estraneo e contrario che si è impossessato del nostro corpo portandolo perfidamente alla rovina.
Che, proprio dovendo antroporfomizzare, riuscissimo a immaginarlo come un idiota arcaico e primitivo, una sorta di tonto e limitato, non per questo poco pericoloso, non per questo meno pericoloso.
Anzi pericolosissimo pur non riconoscendogli una identità dotata di una volontà malvagia,nè dotato di una "intelligenza malvagia" e che la sua pericolosità deriva dalla sua strutturale insensatezza, dalla sua primitiva organizzazione metabolica e per paradosso, distruttivo in quanto stupido e inaspettatamente elementare e afinalistico.
E’ possibile approfondire alcuni di questi concetti su
Medico e ricercatore di fama internazionale, David Serva-Schreiber, fu colpito all'età di 30 anni da un cancro al cervello, ritenuto oggettivamente come "letale". Diciannove anni dopo avere girato il mondo, impegnato in conferenze e presentazioni dei suoi nuovi libri, lui stesso deve ammettere che la malattia è tornata, ancora più aggressiva. Non rimpiange nulla di quel che ha fatto in questi 19 anni regalati di vita durante i quali ha convissuto con lo stupido tonto che tuttavia non gli ha impedito di vivere la normalità professionale e quella di una famiglia, con 3 figli.
E sono stupefacenti le pagine scritte poco prima di morire, con domande ancora cruciali, strazianti ma straordinariamente lucide, sulla vita.
<< Quando si perde la speranza si blocca tutto, persino la volontà di proseguire le terapie, compromettendo la sopravvivenza stessa. Per quanto mi riguarda, spero ancora tenacemente che i sintomi si risolveranno nonostante la loro gravità. Mi impegno a fondo per nutrire la vita dentro di me, rafforzare i muscoli, placare il mal di testa e conservare la serenità. Mi do da fare per rimanere in contatto con le persone a cui voglio bene e concentrarmi su tutto ciò che mi dona il piacere di vivere.
Coltivo con scrupolo tutte queste fonti di speranza che alimentano il desiderio di vivere sino a domani, poi a dopodomani, poi a dopo-dopodomani.....
Sono convinto che occorra fare di tutto per aiutare i malati a mantenere intatta la loro capacità di sperare. Non si tratta di servire loro pietose bugie, non è necessario camuffare la verità per dare speranza.
Una fonte di speranza è il piacere di stare con i propri cari. Quando vedo mia moglie ed i miei figli tocco il cielo con un dito.
Anche un semplice animale da compagnia può illuminare il grigiore della malattia. Molto tempo fa mi dovetti sottoporre ad un estenuante ciclo di chemioterapia che durò tredici mesi, e per placare le terribili nausee adottai un sistema poco ortodosso: dormire accanto al mio cane e accarezzarlo di tanto in tanto. Era come se lui avesse capito che aveva un ruolo molto importante nella mia battaglia per la salute. Ogni mattina andavo a correre con lui. O meglio lui aveva preso talmente a cuore la sua missione che sarebbe più generoso dire: "Mi portava a correre tutte le mattine".
Una cosa che il mio gatto Titus, ovviamente, non può fare. Ma mi offre la sua fedele compagnia e mi fa l'immenso regalo di dormire fra le mie gambe. Grazie Titus, con te mi sento meno solo di notte >>
Qui ho espresso solo il mio personalissimo parere. Ribadendo che nessuno intende minimizzare sulla pericolosità della malattia, sarebbe interessante sapere da chi ha vissuto questa esperienza, se da parte dei medici e dei media sia possibile trasmettere una chiave di lettura sul cancro più "accettabile". E questa ce la dovrebbero suggerire i pazienti
Riassumo le mie curiosità in tre punti:
1) E' preferibile essere "arruolati" in una lotta senza quartiere contro un fantasma che ci perseguita e ci rincorre, un alieno da combattere ed affamare, dotato di malvagità inusitata, da sradicare chirurgicamente, chimicamente o con le radiazioni?
2) O è preferibile pensare ad un errore(*) genetico, afinalistico, privo di malvagità, anzi tonto come un idiota arcaico e primitivo
http://www.senosalvo.com/tutti_abbiamo_un_tumore.htm
da correggere chirurgicamente, chimicamente, con le radiazioni e con il quale comunque sarebbe possibile teoricamente "coesistere" come una malattia cronica?
Ma non solo: importantissime sono da considerare le raccomandazioni di Prevenzione Primaria (=stile di vita: alimentazione + attività fisica) per correggere... l'errore (htpp://www.senosalvo.com/possibile_sfuggire_alla_morte.htm ).
(*) Difficile spiegare e soprattutto sintetizzare il ruolo dell'epigenetica nella cancerogenesi. Sono stati identificati più di cento geni con caratteristiche tali da poter essere definiti proto-oncogeni e circa 30 geni oncosoppressori. Le alterazioni genetiche dell'origine del cancro inizialmente non colpiscono geni specifici, ma alcuni di questi geni possono essere fortemente coinvolti nell'insorgenza di alcuni tumori. Si tratta di geni definiti "oncogeni", ma esistono anche altri tipi di di geni: geni regolatori con funzione protettiva, la cui funzione può venire meno, e che sono repressori degli oncogeni e per questo chiamati "oncorepressori". Si tratta di fenomeni presenti costantemente in natura e pertanto lo STUPIDO TONTO ha via libera quando le mutazioni rendono più attivi gli oncogeni oppure inattivano gli oncosoppressori.
3) In entrambi i casi.... nell'immaginario non cambierebbe nulla!
Sarebbe utile per noi avere una delle tre risposte.
- Attaccare o fuggire fanno parte dello scontro. Quello che non appartiene alla lotta è restare paralizzati dalla paura. Paulo Coelho, Il cammino di Santiago 1987.
- Uno dei più efficaci mezzi di seduzione del male è l'invito alla lotta. Franz Kafka (1916)
Fonti:
- Westcott R. “Can miracles happen?” British Medical Journal (2002)
- Everson T.C. “Spontaneous regression of cancer” Progress in Clinical Cancer (1967)
- Challis G.B et al “ The spontaneous regression of cancer “ A rewiew of cases from 1900 to 1987” Acta Oncologica (1990)
- Col W.H. “ Efforts to explain spontaneous regression of cancer” Journal of Surcical Oncology (1981)
- Bodey B et al. “The spontaneous regression of cancer: possible mechanism” In Vivo (1998)
- Van Baalen D. et al. “Psicho-social correlates of spontaneous regression in cancer” Monograph (1987
- Cui Z. et al “Spontaneous regression of advanced cancer: identification of a unique genetically determined, age-dipendent in trait mice “. Proc. Of the National Accademy Science (2003)
- Cui Z. “The winding road to the discovery of the SR/CR mice” Cancer Immunity (2003)
- Mac Kie R.M. “Fatal melanoma transferred in a donated kidney 16 years after melanoma surgery. in New England Journal of Medicine (2003)
- Koebel C.M. "Adaptive immunity maintains occult cancer in an equilibrium state". In Nature (2007)
- Catania Salvo. “..e poi cambia la vita.” Ed. Franco Angeli (1998)
- Catania Salvo. “ Dottore si spogli”. Ed. Il pensiero Scientifico (2005)
- Donghi P., Peluso G. " Di cosa parliamo quando parliamo di cancro " Ed. Cortina (2014)