Antibiotico dopo l'iniezione intravitreale? No, grazie!
Secondo i risultati di un ampio studio pubblicato online il 21 ottobre sulla rivista Ophthalmology, l'uso di colliri antibiotici dopo le iniezioni intravitreali può fare più male che bene. Invece di ridurre il rischio di un'endoftalmite (temuta infezione interna del bulbo oculare), le gocce di antibiotico possono determinare l'effetto opposto e, comunque, contribuiscono al fenomeno della resistenza agli antibiotici.
Dovremmo quindi cominciare a pensare ad un cambio di atteggiamento nella nostra pratica clinica, se i nostri studi di ricerca hanno un senso. I nuovi dati, infatti, non fanno altro che confermare ciò che era già emerso da studi precedenti.
Aumento del rischio del 50%
Philip Storey, collega del Wills Eye Hospital, e Thomas Jefferson, dell'Università di Philadelphia, hanno condotto uno studio retrospettivo sui casi endoftalmite verificatisi tra il 1° gennaio 2009 e il 1 ottobre 2012.
Durante quel periodo, gli oculisti del Wills hanno eseguito 117.171 iniezioni intravitreali, tra cui 57.654 nel periodo in cui sono stati utilizzati gli antibiotici topici, 24.617 periodo di transizione e 34.900 periodo in cui non sono stati utilizzati antibiotici topici.
In totale, ci sono stati 44 casi di sospetta endoftalmite (lo 0,038%; 1 caso su 2663 iniezioni): 28 casi si sono verificati nel corso dei 24 mesi in cui sono stati utilizzati antibiotici (lo 0,049%; 1 su 2059 iniezioni), 5 casi durante il periodo di transizione di 8 mesi (lo 0,020%, 1 su 4923 iniezioni) e 11 casi durante il periodo di 9 mesi di non-prescrizione di collirio antibiotico (lo 0,032%; 1 su 3173 iniezioni).
In base alla ricerca, quindi, l'uso di antibiotici topici è associato ad un aumento del rischio di endoftalmite superiore al 50%.
Anche se l'endoftalmite può verificarsi solo in un caso su 3000 iniezioni, quando pensiamo al numero di iniezioni che ogni anno deve fare un paziente affetto da degenerazione maculare il problema diventa più ampio, perché il rischio inevitabilmente aumenta.
Attualmente, se le iniezioni sono fatte una volta al mese o una volta ogni due mesi, i pazienti fanno continuamente dei brevi cicli di antibiotici, da 6 a 12 volte l'anno, che aumentano la resistenza agli antibiotici e, dato che le gocce di collirio arrivano anche nel naso e nella gola (attraverso il dotto lacrimale), l'uso protratto di antibiotici può determinare delle conseguenze anche per altri organi.
Una procedura molto comune
L'iniezione intravitreale è una delle procedure più comuni effettuate in oculistica. Vengono eseguite soprattutto per la somministrazione di farmaci che si oppongono ai fattori per la crescita dell'endotelio vascolare (antiVEGF), tra cui il Lucentis, l'Avastin e l'Eylea, nel trattamento di disturbi oculari come la retinopatia diabetica e la degenerazione maculare.
Dall'analisi dei casi di endoftalmite di questo studio, è emerso che le infezioni comuni sono state quelle da Streptococcus viridians, Enterococcus, Staphylococcus, Staphylococcus aureus e Lactobacillus. Alcune infezioni, come quella da Streptococcus, possono essere devastanti per il bulbo oculare.
Non è possibile negare l'evidenza
Altri studi, prima di questo, volgevano nella stessa direzione. Nei vari lavori, si nota quasi sempre che le infezioni sono più comuni nei gruppi in cui vengono somministrati gli antibiotici.
Ogni iniezione comporta lo stesso rischio: più volte si tira il dado, più possibilità ci sono di avere un'infezione. Alcuni pazienti, affetti da degenerazione maculare, si sottopongono ad iniezioni intravitreali quasi ogni mese per un lungo, lunghissimo periodo e costoro sarebbero ben contenti di non dover prendere di continuo le gocce di collirio antibiotico.
Questione pratica
Ridurre l'uso degli antibiotici, fra l'altro, è conveniente. Ciascun flaconcino ha un costo di 10-15 euro e va riacquistato ogni volta che si esegue una nuova iniezione. Dal punto di vista costo-efficacia, se non c'è un reale beneficio, è meglio evitare al pazente una (ulteriore) spesa inutile!
Centro Oculistico Pascotto - Ambulatorio Retina
Fonte: Ophthalmology. Pubblicato online il 21 ottobre 2013. Per visualizzare l'abstract, cliccare qui.