Cura del calazio: meglio il trattamento aggressivo
Troppo spesso, nella pratica ambulatoriale, i pazienti con un calazio tornano dall'oculista più volte, nonostante i trattamenti con impacchi caldi, massaggi, antibiotici topici, antibiotici sistemici (tetracicline) e iniezioni di steroidi (triamcinolone acetato 2 mg). Meglio asportare il calazio con un semplice atto chirurgico, se si vuol evitare al paziente la frustrazione di dover ritornare dal medico tre o quattro volte (per poi dover prendere, non di rado, la stessa decisione).
Il calazio si forma generalmente per un'infiammazione delle ghiandole lipogranulomatose di Zeiss (calazio marginale), presenti a livello della giunzione mucocutanea (linea delle ciglia) palpebrale. Può coinvolgere anche le ghiandole di Meibomio, presentandosi come un nodulo di consistenza morbida (da Staphylococcus) o dura. Lo si può riscontrare indifferentemente sia sulle palpebre superiori sia su quelle inferiori e determina un'ostruzione degli orifizi ghiandolari, con conseguente ristagno delle secrezioni prodotte dalle stesse ghiandole. Il calazio tende a svilupparsi nella parte più profonda della palpebra ma, se abbastanza grande, può avere evidenziarsi anche in superficie, determinando la formazione di piccole crosticine.
Chirugia del calazio
Il punto chiave dell'atto chirurgico è la completa asportazione e il curettage del calazio. Se ciò non viene fatto, le componenti residue possono prolungare la risoluzione del processo infiammatorio. Per tale motivo, bisogna avere molta cura nella rimozione del calazio, sia per non ledere tessuti palpebrali sani, sia per non lasciare residui che possono lasciare il paziente insoddisfatto nel post-operatorio.
Prima dell'asportazione del calazio, si esegue l'anestesia con un iniezione sottocute di lidocaina cloridrato mediante un ago sottilissimo, che non provoca dolore. Si applica poi una pinza specifica che isola il calazio (pinza di Desmarres, vedi immagine) e si esegue un piccolo taglio attraverso il tarso (o la cute, per i calazi delle palpebre superiori) fino a raggiungere la cisti lipogranulomatosa.
Pinza di Desmarres
Asportata la cisti, si esegue il curettage, per rimuovere le secrezioni infiammatorie che possono essere ancora presenti. Non bisogna asportare tessuto tarsale, per evitare che possano poi notarsi gli esiti estetici di tale asportazione. Grazie all'effetto ischemico transitorio ottenuto con la pinza di Desmarres, si può quasi sempre evitare la cauterizzazione dei vasi, evitando così anche il rischio di lasciare una possibile sensazione di corpo estraneo al paziente.
Per i calazi delle palpebre superiori, vengono poi applicati dei sottili punti di sutura, che vengono rimossi dopo circa una settimana, senza lasciare segni. A volte, per calazi esterni di dimensioni maggiori, la cute palpebrale può risultare macerata, al punto da rendere impossibile l'applicazione di punti di sutura. In tali casi, la ferita guarisce comunque senza lasciare tracce, tramite un processo di guarigione un po' più lento (cicatrizzazione per seconda intenzione).
Dopo l'intervento vengono prescritte gocce di antibiotico o pomata antibiotica (o entrambi) e l'occhio viene bendato con un tampone lievemente compressivo, che viene rimosso dopo alcune ore.
Talvolta, nei giorni successivi, si nota ancora un piccolo ispessimento palpebrale, che tende ad andar via spontaneamente in qualche settimana.
Insomma, se l'obiettivo della cura è quello di essere efficace in tempi rapidi e con un minor numero di visite, la soluzione migliore è l'asportazione chirurgica. Bisogna sempre tener presente, però, che i calazi ricorrenti si possono talvolta confondere con il temuto carcinoma sebaceo, che può essere nodulare o infiammatorio. Nei casi dubbi, meglio eseguire una biopsia!