Vaccinazioni e disturbi dello spettro autistico
Si è da poco conclusa l’edizione 2017 della Settimana delle vaccinazioni, svoltasi dal 24 al 30 aprile in tutto il mondo, sotto iniziativa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). “I vaccini? funzionano! Proteggono la salute in ogni fase della vita" è stato lo slogan e il filo conduttore che ha accompagnato le varie iniziative di questa edizione. La World Immunization Week (WIW), che in Europa prende il nome di European Immunization Week (EIW), ha lo scopo di promuovere la consapevolezza, tra gli stati membri e la popolazione tutta, dell’importanza delle vaccinazioni in termini di politiche sanitarie, di pianificazione e coordinamento degli interventi in termini di prevenzione e controllo delle malattie rispetto alle quali le vaccinazioni rivestono ed hanno rivestito un ruolo di rilevanza assoluta.
In tal senso di particolare contingenza torna ad essere il tema del presunto rapporto tra vaccini ed autismo: se, dal lato delle evidenze scientifiche, i dati ‘evidence-based’ escludono, in maniera sempre più sostanziale, un rapporto di causalità tra vaccini ed autismo; dall’altro negli ultimi anni si è assistito, in ambito giuridico in Italia, alla formulazione di sentenze, anche tra loro contradditorie, rispetto al nesso di causalità tra vaccini ed autismo.
Vaccini ed autismo: una vecchia storia
Nel 1998 il medico Andrew Wakefield aveva pubblicato, sulla prestigiosa rivista Lancet, uno studio che riportava l’associazione tra vaccino anti morbillo-parotite-rosolia e autismo, poi rivelatosi una frode scientifica tanto che l’articolo era stato ritrattato e il suo autore radiato dall’Ordine dei medici del Regno Unito. Lo studio aveva riguardato 12 bambini di età compresa tra i 3 ed i 10 anni con una storia di sintomi gastrointestinali di tipo infiammatorio, riferita perdita di abilità neuropsicologiche, ad esempio il linguaggio, dopo una precedente storia di sviluppo neuropsicologico neurotipico e, secondo i genitori, a distanza di pochi giorni dalla somministrazione del vaccino. In quel momento storico era opinione abbastanza diffusa che condizioni infiammatorie gastrointestinali potessero compromettere la funzione di barriera protettiva costituita dalla mucosa gastrointestinale e quindi esitare nel passaggio di molecole con effetto neurotossico o neuroimmunomediato sullo sviluppo neuropsicologico.
Successivamente, in un comunicato stampa la stessa rivista scientifica, ritrattò la pubblicazione del 1998 affermando che “Diversi punti del lavoro del 1998 di Wakefield sono scorretti“. Una commissione disciplinare del Comitato medico generale britannico (General Medical Council), dopo un accurato studio, decretò come “irresponsabile e disonesto” il modo con cui Wakefield aveva presentato la sua ricerca. Nel rapporto del comitato scientifico si leggeva, inoltre, che Wakefield aveva anche “rovinato la reputazione” della professione medica. Lo stesso Wakefield venne espulso dal Royal College of Physicians e non ha potuto più praticare la medicina.
Vaccini ed autismo: le evidenze attuali
Alla rettifica sono seguiti una serie di studi, alcuni anche recenti e molto autorevoli, che hanno unanimamente escluso ogni legame tra vaccini ed autismo, tra i quali una revisione sistematica della Cochrane Collaboration del 2012, e il rapporto Adverse Effects of Vaccines Evidence and Causality dell’Institute of Medicine (IoM) statunitense del 2012, che ha preso in considerazione diversi vaccini rispetto al rischio di autismo, giungendo sempre a risultati negativi.
Una recente metanalisi, pubblicata su Vaccine nel 2014, ha compreso nella sua valutazione diversi vaccini, con e senza thimerosal, e ne ha escluso l’implicazione nei disturbi dello spettro autistico: nella metanalisi sono stati inclusi 5 studi di coorte, per un totale di 1256407 bambini e 5 studi di caso-controllo, per un totale di 9920 bambini ed entrambe le tipologie di studio hanno messo in evidenza come il rischio di autismo legato alla somministrazione del vaccino sia casuale e non causale.
Un recente studio di caso-controllo, di Jain A. et al., pubblicato su JAMA nel 2015, condotto negli Stati Uniti sulla popolazione di bambini tra 2 e 5 anni vaccinata con il vaccino trivalente e confrontata con una popolazione non vaccinata, ha escluso un aumento del rischio di autismo sia nella popolazione esposta ad un'unica vaccinazione sia in quella esposta a due richiami vaccinali rispetto alla popolazione pediatrica non vaccinata. Inoltre il rischio di sviluppare un disturbo di spettro autistico non aumenta se oltre che essere esposti al vaccino si ha anche un fratello affetto da autismo: in altri termini, il rischio di autismo non è aumentato dalla combinazione esposizione al vaccino e presenza di un fattore di rischio genetico-familiare.
Le sentenze degli ultimi anni
In questi ultimi anni si è assistito alla formulazione di sentenze, in merito al rapporto giuridico tra vaccini ed autismo, spesso contradditorie.
È del 2012, la sentenza con la quale il Tribunale di Rimini condannava il Ministero della Salute all’indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992, a seguito del ricorso di una coppia di genitori di un bambino vaccinato nel 2004 e riconosciuto invalido totale e permanente tre anni dopo. Nel febbraio 2015 la sentenza è stata ribaltata dalla Corte di Appello di Bologna, sulla base della non rilevanza scientifica delle argomentazioni a sostegno della sentenza precedente
Di parare opposto, a Milano, il Tribunale del lavoro, con la sentenza n. 413/09, confermata in Appello dalla sentenza n. 488/10 ha riconosciuto, nel 2014, il versamento di un vitalizio a un bambino autistico vaccinato nel 2006 con l'esavalente. Così come, il TAR della Sicilia ha imposto al Ministero della Salute di risarcire un ragazzo autistico di Agrigento che nel 2000 aveva ricevuto il vaccino tetravalente (anti difterite-tetano-pertosse-epatite B): Il nesso di causa-effetto era già stato riconosciuto nel 2014 e alla famiglia era stato riconosciuto un risarcimento di 250.000 euro.
E’ del giugno 2016 la sentenza 12427/2016, con la quale la sezione Lavoro della Cassazione, confermando la decisione della Corte di Appello dell’Aquila, ha bocciato il ricorso, presentato dalla madre di un giovane affetto da autismo, contro la sentenza con cui già i giudici di Pescara avevano respinto la domanda di indennizzo e di risarcimento danni proposta dal ricorrente. L’istanza rigettata riguardava la richiesta di indennizzo in base alla legge n.210 del 1992, in favore delle persone danneggiate in maniera irreversibile da trasfusioni, vaccinazioni obbligatorie ed emoderivati. Gli esperti, consultati dai magistrati della Corte di Appello hanno escluso la sussistenza del nesso causale tra la patologia autistica e la vaccinazione contro morbillo, rosolia e parotite, a cui il ragazzo era stato sottoposto, con l'unico distinguo per cui secondo alcuni l'autismo deriva da “… una interruzione nello sviluppo cerebrale in una fase precoce della vita intrauterina ….”, mentre secondo altri c'è una “… indicazione di multifattorialità nella eziopatogenesi di tale disturbo... ”. In nessun caso, comunque, la causa, in base alle risultanze, era ascrivibile alle vaccinazioni. Ad avviso della Cassazione, inoltre, la Corte di Appello “….. ha dato conto, sul piano formale, delle competenze di ciascuno dei consulenti incaricati e così della adeguatezza dell'indagine svolta, caratterizzata dal concorso di distinte ma integrate professionalità, tra cui quella nel settore della neurologia, comprendente lo studio dei disturbi o sindromi del cosiddetto spettro autistico ….”.
A Trani, nel 2016, la procura dopo due anni di lavoro ha archiviato l’esposto presentato dai genitori di due bambini affetti entrambi da autismo, sostenendo che non esiste correlazione tra l’autismo e la somministrazione del vaccino pediatrico trivalente non obbligatorio contro morbillo, parotite e rosolia. Gli accertamenti si sono basati anche su un’indagine epidemiologica compiuta in Puglia, che hanno stabilito che i casi di autismo hanno colpito pure bambini non sottoposti al vaccino menzionato.
Ruolo dei fattori ambientali nei disturbi di spettro autistico
Rispetto ai disturbi di spettro autistico è ormai ampiamente consolidato il modello di una patologia multifattoriale, alla cui patogenesi concorrono fattori di predisposizione genetica, costituiti da cluster di geni, e fattori di rischio cosiddetti ambientali.
Gli studi volti ad individuare i fattori ambientali la cui esposizione risulta associabile ad un aumentato rischio di sviluppare un quadro di spettro autistico si sono differenziati in: fattori presenti nei genitori, fattori specifici del bambino, fattori di esposizione ambientale. Tra i fattori legati ai genitori, è stata considerata l’età dei genitori; tra i fattori specifici del bambino, l’insorgenza di complicanze al parto e fattori immunitari. Tra i fattori di esposizione ambientale, particolare salienza riveste l’esposizione dell’ ambiente prenatale, dal momento del concepimento all’intero periodo gestazionale. I fattori ambientali studiati in tal senso sono eterogenei: l’esposizione ad inquinanti ambientali, come pesticidi o l’inquinamento dell’aria, vivere in prossimità delle autostrade, l’esposizione al virus della rosolia, bassi livelli di assunzione di acido folico in epoca periconcezionale. Studi recenti hanno messo in evidenza l’associazione tra periodi specifici di neurosuscettibilità ed esposizione a tali fattori ambientali: in altri termini, non è l’esposizione al singolo o specifico fattore ambientale a costituire fattore di rischio verso un disturbo di spettro autistico, ma il momento del neurosviluppo prenatale e gestazionale in cui interviene l’esposizione. In particolare sono stati individuati finestre temporali di spiccata neurosuscettibilità nel primo e secondo trimestre di gravidanza, periodi critici per tutti i processi di neurogenesi, migrazione e maturazione neuronale. Ad esempio, rispetto all’esposizione a pesticidi, diversi studi sembrano suggerire un’associazione con un aumentato rischio di autismo soprattutto se l’esposizione riguarda il primo trimestre di gravidanza. Le evidenze in tal senso, unitamente ai dati epidemiologici negativi circa l’ associazione tra vaccini ed autismo, contraddicono il possibile ruolo dei programmi vaccinali rispetto all’insorgenza di quadri autistici
Invito alla cautela e alla spiegazione condivisa
I programmi di prevenzione vaccinale hanno lo scopo di conferire uno stato di protezione rispetto al pericolo di contrarre determinate infezioni e di ottenere la riduzione e, quando possibile, l’eradicazione di alcune malattie infettive per le quali non esiste una terapia o che possano essere causa di gravi complicazioni. La pratica vaccinale quindi ha “valore sociale”, permettendo, attraverso la riduzione del numero di individui suscettibili, una protezione comunitaria (la cosiddetta immunità di gregge). Il rischio più volte paventato di una riduzione delle percentuali di adesione alle campagne vaccinali può rappresentare quindi un rischio in termini di salute collettiva.
D’altra parte la diagnosi di disturbo di spettro autistico fa piombare una famiglia in uno stato di angoscia e preoccupazioni tali che cercare risposte sul ‘…. Disturbo dello spettro autistico …. perché è successo a mio figlio ….’ ‘….. dott.ssa … che dice … da cosa dipende....se ne sentono tante?....’ è umanamente comprensibile. In questi momenti, è fondamentale dare spazio al dolore portato dai genitori, alle loro domande, qualsiasi esse siano e fornire risposte, supportate dalle evidenze scientifiche, nei tempi e nei modi che il genitore è in grado di accogliere e sostenere: appunto una spiegazione condivisa tra conoscenza scientifica, competenza clinica e naturale comprensione.