Tofersen: un passo in avanti nella lotta contro la SLA
Su richiesta della Biogen Inc., la FDA (Food and Drug Administration) sta valutando con procedura di revisione prioritaria la domanda di registrazione per il tofersen, farmaco sperimentale per le persone colpite da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) con mutazione del gene SOD1, e l’esito della procedura è previsto per il 25 gennaio 2023.
Timothy Miller ha pubblicato il 22 Settembre 2022 sul New England Journal of Medicine (Trial of Antisense Oligonucleotide Tofersen for SOD1 ALS) l'analisi dei dati dello studio di Fase III VALOR SOD1-ALS e dello studio di estensione in aperto (OLE), da cui emerge che il tofersen nelle persone con SOD1-SLA determina segni di rallentamento nella progressione della malattia.
Caratteristiche della SLA
Per comprendere il ruolo di questo farmaco nella terapia della SLA è necessaria qualche premessa sul suo meccanismo d’azione e sulle caratteristiche della malattia.
La SLA è una malattia rara che nel 10% dei casi è familiare e, nell’ambito di questi casi, una esigua minoranza (20%) dipende da difetti nel gene che codifica la sintesi proteica dell’enzima superossido dismutasi 1 (SOD1), che è una ossido-reduttasi deputata a svolgere un ruolo fondamentale nei meccanismi di difesa della cellula contro gli agenti ossidanti.
Il superossido è uno dei maggiori agenti ossidanti nella cellula e, di conseguenza, la SOD ha un ruolo antiossidante chiave. Infatti, se esiste una mutazione del gene SOD1, si forma un enzima difettoso per cui il motoneurone è più sensibile ai danni provocati dagli agenti ossidanti.
Quali sono le cause della malattia?
Il meccanismo patologico che porta alla degenerazione dei motoneuroni nella SLA è riconducibile alla alterazione del metabolismo dell’RNA, necessario per la formazione delle proteine, cui conseguono anomalie nelle proteine strutturali del motoneurone (neurofilamenti), creandosi fibre disorganizzate che danno luogo ad accumuli anomali nel suo interno (aggregazioni), che ne interrompono il normale funzionamento.
Partendo da questi presupposti emerge che, nella variante familiare della malattia causata dalla mutazione nel gene SOD1, se si riesce a stopparne l’attività si diminuisce la quantità di proteine tossiche che costituiscono i neurofilamenti anomali, che causano la malattia. Per inibire la produzione di una proteina difettosa prodotta da un gene mutato, occorre bloccare e degradare lo specifico RNA messaggero alterato che ne dirige la sintesi.
Ciò viene attuato attraverso farmaci definiti oligonucleotidi antisenso (ASO), che sono costituiti da pezzetti di DNA artificiale, che sequestrano e neutralizzano l’RNA-m e che per questo sono chiamati ”magic bullet” (proiettili magici), in quanto colpiscono in maniera precisa il gene bersaglio, senza danneggiare quelli normali.
Quali sono gli effetti del nuovo farmaco?
Dai risultati dello studio pubblicato sul New England Journal of Medicine emerge che 108 partecipanti affetti da SLA SOD1, provenienti da 10 Nazioni (per l’Italia dal Centro SLA dell’Ospedale Le Molinette di Torino), sono stati randomizzati in VALOR (n = 72 a tofersen 100 mg e n = 36 a placebo).
Nei pazienti a cui è stato somministrato il tofersen, con la Functional Rating Scale-Revised è stato riscontrato dopo 24 settimane un miglioramento della capacità motoria e ad un anno dall’inizio dello studio una stabilizzazione della forza e del controllo muscolare e contestualmente una riduzione importante dei neurofilamenti, considerati un marker associato al danno assonale ed alla neurodegenerazione. Gli effetti più significativi di minore declino di funzione motoria, funzione respiratoria, forza muscolare e qualità della vita si sono verificate quando il farmaco è stato utilizzato per un intervento precoce.
Conclusioni dello studio
In conclusione, il trattamento con tofersen ha mostrato di conseguire un risultato mai raggiunto prima di rallentare la neurodegenerazione nei pazienti con forma genetica di SLA da superossido dismutasi (SOD1), come sembra supportare l’analisi dei livelli di neurofilamenti, potenziale biomarcatore del tasso di progressione della malattia.
Timothy Miller, Ricercatore leader dello studio Valor e direttore del Centro SLA della Washington University School of Medicine definisce questi risultati estremamente incoraggianti e ritiene che il prossimo passo dovrà essere di condurre uno studio più ampio per valutare la sicurezza a lungo termine e l’efficacia dell’oligonucleotide.
Fonte:
- N Engl J Med 2022; 387:1099-1110 DOI: 10.1056/NEJMoa2204705