Il Fast Food aumenta il rischio di demenza
L'uomo è ciò che mangia, scriveva nel 1862 Ludwig Feuerbach nel saggio “Il mistero del sacrificio” e benché anche oggi ripetiamo questo celebre motto, consapevoli dell’importanza di una sana alimentazione, in concreto in tanti non riescono ad orientarsi nella scelta degli alimenti da assumere.
«Man ist, was man isst»
Sotto la lente d’ingrandimento di una recente ricerca sul rischio di demenza ci sono i cibi iper-processati, definiti tali secondo la classificazione NOVA, che ordina gli alimenti in base all'intensità della trasformazione a cui essi sono stati sottoposti, articolandoli in 4 livelli, dai cibi naturali e non trasformati agli alimenti ultra-processati:
- Gruppo 1 – Alimenti non trasformati o minimamente trasformati (frutta, verdura, uova, carne, latte, ecc.)
- Gruppo 2 – Alimenti elaborati in cucina con lo scopo di prolungarne la durata di conservazione (ingredienti da impiegare in cucina come grassi, erbe aromatiche, ecc. da tenere in barattoli o frigorifero per poterli successivamente impiegare)
- Gruppo 3 – Alimenti trasformati (ottenuti unendo alimenti dei gruppi 1 e 2 per ottenere alimenti di uso domestico formati da pochi ingredienti come pane, marmellate, etc.)
- Gruppo 4 – Alimenti ultra-trasformati
Appartengono alla quarta categoria i prodotti alimentari e le bevande ottenuti dalla formulazione industriale di cinque o più ingredienti e tipicamente rappresentati da bibite gassate, succhi di frutta, merendine, zuppe pronte e cibi precotti.
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Cosa dice la ricerca?
La ricerca, frutto di un lavoro cooperativo fra le Università di Tianjin (Cina) e Malmö (Svezia) è stata condotta da Huiping Li e Yan Borne sul database della UK Biobank, che contiene informazioni sullo stato di salute di oltre 500.000 persone che vivono nel Regno Unito, i cui risultati sono riportati nella pubblicazione Association of Ultra-Processed Food (UPF) consumption with risk of Dementia edita il 27 Luglio 2022 su Neurology [https://doi.org/10.1212/WNL.0000000000200871].
Per valutare l’associazione fra cibi ultra processati e l’incidenza di demenza in questo studio prospettico di coorte, dalla UK Biobank gli Autori hanno identificato 72.083 individui, dell’età media di 61.6 anni, di cui 31.403 (43.7%) con istruzione superiore o universitaria; al baseline nessuno risultava affetto da demenza.
I partecipanti hanno completato, all’ingresso e successivamente ad intervalli regolari, il questionario dietologico Oxford WebQ ed inoltre almeno due accertamenti sull’assunzione dietetica.
Nel corso del follow-up di 10 anni, 518 soggetti hanno sviluppato demenza di cui 287 in forma di malattia di Alzheimer, 119 come demenza vascolare e 112 come declino cognitivo non specificato.
I ricercatori, avendo determinato la quantità di cibi ultra processati assunta quotidianamente, hanno suddiviso i partecipanti in quattro gruppi in base al consumo, dal più basso al più elevato. In media, i cibi ultra processati costituivano il 9% della dieta quotidiana nel gruppo a più basso consumo, per un totale complessivo quotidiano di 225 grammi. Per converso, nel gruppo a consumo più alto, costituito da soggetti più giovani, di sesso maschile, con più elevato BMI, con scadente attività fisica e più basso livello d’istruzione, i cibi ultra processati rappresentavano il 28% della dieta, con un introito medio pro die di 814 grammi.
I risultati hanno mostrato che nel gruppo ad elevato consumo di cibi ultra processati il rischio di sviluppare demenza era comparativamente più alto del 50% rispetto ai soggetti con basso consumo (rapporto di rischio [HR], 1.51; 95% CI, 1.16 – 1.96; P <.001), che riferito alla demenza di tipo vascolare aumentava del doppio (HR, 2.19; 95% CI, 1.21 – 3.96; P <.01).
In aggiunta, è stato calcolato che per ogni aumento del 10% negli introiti di cibi ultra processati, le probabilità di sviluppare ogni tipo di demenza si incrementava del 25%.
La tipologia fondamentale dei cibi ultra processati (34%) è stata rappresentata da bevande gassate, da prodotti zuccherati (21%), da prodotti caseari ultra-lavorati (17%) e da snack salati (11%).
Attraverso i dati della UK Biobank i ricercatori hanno desunto che variazioni successive al modello di alimentazione quotidiana, rappresentato dalla sostituzione del 10% di cibi ultra processati con alimenti minimamente lavorati, come frutta fresca, vegetali, legumi, latte e carne erano associate ad una riduzione del 19% del rischio di malattia di Alzheimer (HR,.81; 95% CI,.74 –. 89; P <.001) e del 22% per la demenza vascolare (HR,.78; 95% CI,.65 –.94; P <.01).
Analogamente, nel suo editoriale “Identifying Ultra-processed Foods in Nutrition Research”, pubblicato su Neurology il 27 Luglio 2022, Maura E Walker del Department of Preventive Medicine and Epidemiology dell’Università di Boston, nel ribadire il nesso fra salute e consumo di cibi processati, enfatizza la necessità di fornire ai consumatori informazioni dettagliate sulla specifica categoria di appartenenza degli alimenti in base al livello di lavorazione.
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