Rischio demenza studio yoneda.

Le persone coscienziose ed estroverse sono meno a rischio di demenza

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Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

Secondo i dati della ricerca Personality Traits, Cognitive States, and Mortality in Older Adulthood pubblicata su Journal of Personality and Social Psychology l’11 Aprile 2022 da Tomiko Yoneda del Department of Medical Social Sciences, Northwestern University, Chicago, Illinois [1], i soggetti estroversi e meticolosi hanno minori probabilità di andare incontro a declino cognitivo rispetto a quelli con neuroticismo (instabilità emotiva).

Come si è svolta la ricerca?

Sono stati analizzati i dati di 1954 individui anziani (baseline Metà = 80 anni; 73.7% femmine) arruolati nel Rush Memory and Aging Project (MAP), studio longitudinale iniziato nel 1997 e condotto nell’area metropolitana di Chicago, nel corso del quale per ciascun partecipante è stata effettuata la valutazione mediante il NEO Five Factor Inventory (NEO-FFI) dei tratti della personalità ed annualmente la definizione delle abilità cognitive.

I partecipanti con gli score più alti alla misura della meticolosità hanno mostrato rischio inferiore del 22% di transitare da assenza di declino cognitivo (NCI) al declino cognitivo lieve (MCI), mentre coloro con più elevato score nella scala del neuroticismo sono stati associati ad un aumentato rischio del 12% di transitare da NCI a MCI. I partecipanti con score elevati di meticolosità ed estroversione e basso score di neuroticismo hanno mostrato la tendenza a mantenere più a lungo integre le funzioni cognitive rispetto a tutti gli altri partecipanti.

I tratti di personalità riflettono patterns relativamente durevoli nel modo di pensare, di sentire e di agire, che possono cumulativamente interferire nell’assumere comportamenti salutari o meno nel corso della vita ed il loro sedimentarsi può contribuire alla suscettibilità di particolari malattie o disturbi, quale il declino cognitivo, o per converso conferire quella differenza individuale nell’attitudine a resistere alle modifiche neurologiche relative all’età.

In particolare, la meticolosità è caratterizzata da competenza, premurosità ed auto-disciplina laddove il neuroticismo implica ansia, sintomi depressivi ed instabilità emotiva; inoltre, il soggetto estroverso tende ad essere entusiasta, socievole, loquace e deciso.

Una precedente ricerca aveva già evidenziato che scarsa meticolosità ed alto neuroticismo come fattori concorrenti erano associati ad aumentato rischio di declino cognitivo; la ricerca di Yoneda si è proposta di esaminare l’impatto dei tratti di personalità su declino cognitivo e demenza e sulla possibilità di regressione.

Per approfondire:L’isolamento sociale rimpicciolisce il cervello degli anziani

I risultati dello studio

Alla fine dello studio è emersa, come risultato delle misurazioni, una relativa stabilità nel funzionamento cognitivo seppure si siano osservate 725 transizioni retrograde (da MCI a NCI) e solo 12 casi da demenza a MCI, verosimilmente per effetto di apprendimento.

Gli Autori rilevano che, aggiustando per i fattori confondenti (demografici, sintomi depressivi e allele APOEε4), i tratti di personalità costituiscono il più importante fattore per la transizione da NCI a MCI, essendo la più elevata meticolosità associata a minor rischio (22%) [HR], 0.78; 95% CI, 0.72 - 0.85) mentre per converso un alto neuroticismo implica aumentato rischio (12%) (HR, 1.12; 95% CI, 1.04 - 1.21) nonché ridotta probabilità di transizione retrograda da MCI a NCI (HR, 0.90; 95% CI, 0.81 - 1.00), che è invece più probabile nei casi di elevata estroversione (HR, 1.12; 95% CI, 1.03 - 1.22).

Questi risultati suggeriscono che un’alta meticolosità ed un basso neuroticismo possono proteggere per molti anni gli individui dal declino cognitivo, ancor più se sussiste anche una buona estroversione, e in questi soggetti è più probabile una transizione retrograda (da MCI a NCI) piuttosto che una progressione a demenza.

Sulla scorta di questi risultati e di analoghe ricerche nel campo della personalità, secondo Yoneda puntare a determinare variazioni del comportamento costituirebbe una potenziale strategia per promuovere la salute mentale nell’invecchiamento.

Claire Sexton, Direttore del programma scientifico della Alzheimer's Association commenta mettendo in guardia che la ricerca è osservazionale per cui illumina sulle associazioni o correlazioni ma non sulle cause, ossia non è noto il meccanismo sottostante alla potenziale connessione fra personalità e potere cognitivo e che sono necessari ulteriori studi.

Fonti:

  1. Personality traits, cognitive states, and mortality in older adulthood.
Data pubblicazione: 27 aprile 2022

4 commenti

#1
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Utente 510XXX

Grazie dott. Colangelo per il suo nuovo articolo che, finalmente, in questo particolare momento storico, porta qualche buona notizia. L'essere meticolosi, per tanta gente, è un difetto poco sopportabile, speriamo che questo nuovo studio venga divulgato il più possibile e possa spingere la gente ad essere più estroversa ed attenta alla propria integrità cognitiva, mirando ad una migliore qualità della vita nell'età avanzata dove, invece, in tanti, si riscontrano difficoltà nella salute mentale. Sperando in un prossimo positivo approfondimento di questo studio, la ringrazio per questa speranza di una vecchiaia più serena.

#2
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Dr. Mauro Colangelo

Condivido pienamente le sue osservazioni e La ringrazio per il cortese commento

#3
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Ex utente

Beh nn lo so se sia vero verosimile o falso ma io credo che la presenza di persone care o a lavoro o nella vita di coppia altamente tossiche possano favorire queste problematiche perché assorbire violenza danneggia i neuroni;uscire con persone sane psichicamente e' un fattore neuroprotettivo

#4
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Dr. Mauro Colangelo

La ringrazio del commento e concordo con quanto afferma

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