Covid-19 ed emicrania
Da quando la Covid-19 è stata dichiarata una pandemia, i sistemi sanitari del mondo intero hanno dovuto fronteggiare una sfida titanica nel trattamento delle malattie croniche.
L'impatto della pandemia sui pazienti con emicrania
I pazienti affetti da emicrania sono risultati particolarmente vulnerabili all'inadeguatezza di cure mediche, come è risultato da un sondaggio online, somministrato ad un campione di soggetti reclutati dal registro clinico delle cefalee, fra il 15 ed il 30 luglio 2020, attraverso i social media e compilato in forma anonima. Lo scopo dell’indagine, condotta da Jasem Y. Al-Hashel, è stato di ricercare il reale impatto della pandemia sui pazienti emicranici e di identificare i fattori di rischio che rendono inefficaci le terapie, tenuto conto delle variabili demografiche e di tutti i fattori psico-sociali correlati all’emicrania.
Dal lavoro Impact of coronavirus disease 2019 (COVID-19) pandemic on patients with migraine: a web-based survey study, pubblicato su The Journal of Headache and Pain [1] emerge che circa il 60% dei pazienti ha riportato un incremento nella frequenza dell’emicrania e un 10% ha lamentato una conversione dell’emicrania da episodica a cronica, che è tale con 15 o più episodi mensili, secondo la definizione della International Headache Society [2]; una sparuta minoranza del 16% ha riferito una diminuzione nella frequenza degli attacchi.
Sulla scorta di questi dati, l’opinione dei ricercatori è che la pandemia abbia interessato tutti i soggetti emicranici, che siano stati colpiti oppure no dall’infezione, in relazione sia all’effetto diretto del virus ma anche ad altri fattori che hanno contribuito alle fluttuazioni del tono dell’umore, come:
- la riluttanza o difficoltà a recarsi dal medico per i controlli
- la drastica variazione della routine quotidiana e dello stile di vita legato al lockdown
- lo stress.
Quale relazione tra Covid-19, cefalee ed emicrania?
Seppure non sia ancora del tutto chiarita la connessione fisiopatologica fra Covid-19 e cefalea, studi recenti la individuerebbero in un meccanismo infiammatorio, con liberazione di citochine e chimochine da parte dei macrofagi che attiverebbero i neuroni della sensibilità nocicettiva.
Il primo sintomo che viene lamentato dal 26% dei pazienti colpiti dall’infezione è la cefalea, che si manifesta per il 62% entro 24 ore. In un quarto di questi pazienti la cefalea assume le caratteristiche dell’emicrania mentre nel 54% è più simile alla cefalea di tipo tensivo.
Nei soggetti in precedenza sofferenti di emicrania, la cefalea è risultata peggiorata in quanto a frequenza ed intensità degli attacchi. Si è potuto desumere che questo tipo di paziente è particolarmente vulnerabile alle variazioni della routine regolare e sono stati individuati come fattori scatenanti dell’emicrania i seguenti aspetti:
- la prolungata permanenza al PC
- l’improvvisa variabilità del ritmo sonno-veglia
- le modifiche quali/quantitative della dieta e dell’assunzione di alcool e caffè.
Altro fattore trigger di peso non indifferente desunto dall'indagine è stato costituito dall’ansia e dalle variazioni del tono dell’umore, che sono notoriamente correlate all’emicrania, scatenate dall’isolamento sociale, dal bombardamento mediatico e da problemi economici connessi al lavoro.
Sono di pubblico dominio le difficoltà ubiquitarie create dalla pandemia da Covid-19 ma un aspetto particolare è di certo relativo ai pazienti affetti da emicrania, per i quali si richiede al di là dei consueti trattamenti preventivi con farmaci un approccio olistico, che utilizzi la telemedicina ed i servizi di counseling per un ben formulato trattamento dei fattori psico-sociali di notevole peso causale nello scatenamento e nell’aggravamento del disturbo.
Note:
- [1] The Journal of Headache and Pain - volume 21, Article number: 115 (2020)
- [2] The International Classification of Headache Disorders,3rd edition