Apatia rischio demenza.

L'apatia può essere sintomo precoce di demenza

maurocolangelo
Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

Intorno al 300 a. C., ad Atene, il filosofo Zenone di Cizio impartiva le sue lezioni sotto un portico chiamato Stoà, da cui la sua corrente di pensiero prese il nome di stoicismo, che sosteneva la suprema virtù del distacco dalle cose terrene ed il dominio sulle passioni o apatia (απάθεια) per raggiungere la saggezza.

Nella visione neuropsichiatrica, l’apatia è l’incapacità prolungata o abituale di partecipazione o di motivazione, sul piano affettivo o anche intellettivo, che riduce il comportamento finalistico. Recenti ricerche dimostrano che la perdita di interesse nelle attività usuali può essere un sintomo precoce in diversi sub-tipi di demenza.

Meredith A. Bock, del Movement Disorder and Neuromodulation Center della University of California, San Francisco, ha somministrato per sei anni consecutivi l’Apathy Evaluation Scale alla popolazione di una comunità di 2018 soggetti non affetti da demenza (52,3% uomini e 64.1% donne, età media 74 anni) ed in base allo score del livello di apatia li ha suddivisi in tre gruppi: basso (38%), moderato (37%) e severo (25%). Valutando lungo un follow-up di 9 anni il livello cognitivo, attraverso il Modified Mini Mental State Examination (3MS) ed il Digit Symbol Substitution Test (DSST), i risultati hanno evidenziato che il rischio di sviluppare in modo graduale demenza era più alto (P <. 0001) fra i soggetti con apatia severa.

Questi dati evidenziano che l’apatia costituisce un prodromo della demenza e ne può anche rappresentare un fattore causale di rischio, verosimilmente mediato dall’isolamento sociale.

A questa ricerca si aggiunge lo studio Apathy in presymptomatic genetic frontotemporal dementia predicts cognitive decline and is driven by structural brain changes, pubblicato il 14 Dicembre 2020 da James B. Rowe, dell’Università di Cambridge, su Alzheimer's & Dementia, [1] che evidenzia che l’apatia è particolarmente comune nella demenza fronto-temporale (FTD).

La FTD ha una prevalenza uguale a quella dell’Alzheimer e si riscontra nel 15%-41% dei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA); molti di questi soggetti con FTD e SLA presentano ereditarietà autosomica dominante legata ad una mutazione nella regione del cromosoma 9p, identificata di recente come chromosome 9 open reading frame 72 (C9ORF72). La presenza di questa componente genetica può essere precocemente individuata nei soggetti con storia familiare di FTD e quindi può consentire di predisporre misure di prevenzione della demenza, per la quale sussiste alto rischio in età avanzata.

diagnosi demenza alzheimer

Nella ricerca di Rowe durata due anni è stata comparata l’incidenza di apatia in un gruppo di 304 individui con la mutazione C9ORF72, ancora asintomatici per la FTD, ed in 296 loro congiunti senza la variante genetica, per scoprire se l’apatia precede il declino cognitivo o se è l’inverso. I partecipanti sono stati sottoposti annualmente a Risonanza Magnetica ed interrogando un loro familiare, normalmente il coniuge, sulla presenza di apatia.

I risultati hanno mostrato che l’apatia si è incrementata nel tempo nei portatori asintomatici della variante genetica ma non nei soggetti non-portatori, precedendo il declino cognitivo di due anni e non viceversa, associandosi a riduzione di volume della sostanza grigia nelle regioni pre-frontale e cingolata, le aree maggiormente colpite dalla FTD, che controllano l’impegno sociale e la motivazione. Il team di Rowe sta parallelamente investigando sul ruolo causale dell’apatia sulla FTD e se il suo trattamento farmacologico e comportamentale possa rallentare il declino cognitivo.

In conclusione, l’apatia precede di anni le alterazioni strutturali del cervello ed il declino cognitivo e se vi è storia familiare di demenza occorre accertare se il soggetto sia portatore della variante genetica, perché può beneficiare sia di farmaci che blocchino la variante genetica, attualmente in via di sviluppo, che di altre misure preventive consistenti in un salutare stile di vita fondato su regime dietetico, sociale e mentale.

Data pubblicazione: 02 gennaio 2021

2 commenti

#1
Foto profilo Utente 510XXX
Utente 510XXX

Dott. Colangelo, buon anno 2021. Grazie per questo interessantissimo articolo su una patologia che risulta essere sempre molto presente. Come ha già scritto ,in qualche articolo precedente, la prevenzione costituisce uno degli elementi principali. Ma in questo momento storico nel quale, già da quasi un anno, si vive a fasi alterne un lockdown che limita la libertà,e di conseguenza la possibilità, di poter fare attività sportiva, o addirittura anche il solo effettuare passeggiate, nonché avere una vita "sociale" almeno "normale",e tutti i limiti imposti dalla situazione sanitaria, di certo a tutela dei cittadini, cosa consiglierebbe a chi potrebbe essere "predisposto" a questa patologia? Grazie sempre per la sua disponibilità.

#2
Foto profilo Dr. Mauro Colangelo
Dr. Mauro Colangelo

Come è riferito nella chiusura della news "salutare stile di vita fondato su regime dietetico, sociale e mentale". La ringrazio per il suo gentile e pertinente commento e ricambio i più fervidi auguri di buon anno, che estendo a tutti i miei cortesi lettori.

Per aggiungere il tuo commento esegui il login

Non hai un account? Registrati ora gratuitamente!

Guarda anche demenza 

Altro su "Malattia di Alzheimer"