Si può recuperare la demenza in fase iniziale?

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Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

Nel film di Mario Mattoli “Totò, Fabrizi ed i giovani d’oggi” del 1960, il grande comico napoletano rivolge la famosa battuta “è la somma che fa il totale” ad uno scroccone che nel suo bar trangugia, credendo di non essere visto, ben nove cornetti e pretende poi di doverne pagare uno solo.

Mi piace citare il Principe della risata per introdurre questo nuovo articolo, che vuole indicare quanto il nostro stato di salute sia la somma di tutto quanto noi facciamo per preservarlo dalle molteplici e continue aggressioni del tempo.

Mitchell McMaster e Coll, ricercatori presso la Australian National University, Acton (Australia), hanno pubblicato il 9 Settembre 2020, sul Journal of the American Geriatrics Society (JAGS 00:1-9, 2020), il lavoro Fattori di rischio relativi allo stile di vita e risultati cognitivi dallo studio multidominio di riduzione del rischio di demenza (Lifestyle risk factors and cognitive outcomes from the multi-domain dementia risk reduction randomized controlled trial, Body Brain Life for cognitive decline).

Lo studio ha messo in evidenza che, apportando variazioni allo stile di vita in soggetti con incipiente deterioramento delle facoltà intellettive e della memoria, si può pervenire ad una ripresa del potenziale cognitivo in virtù della neuro-plasticità del cervello. Ciò getta luce nuova sulla possibilità di ridurre in futuro il rischio di demenza.

E’ stata svolta una ricerca clinica su 119 soggetti anziani (>65 anni; età media 73 anni; 61% donne) con declino cognitivo soggettivo, di cui 57 sottoposti ad intervento assistito e 62 assunti come gruppo di controllo.

Nel corso di otto settimane, i soggetti del gruppo di controllo sono stati istruiti online sui fattori di rischio di demenza, raccomandando di integrare nel loro stile di vita la dieta mediterranea, l’attività fisica e l’impegno cognitivo.

Contemporaneamente, ai 57 soggetti del gruppo assistito è stata impartita la medesima formazione con la differenza che costoro sono stati aiutati nell’attuare le variazioni salutari dello stile di vita.

Per esempio, hanno avuto diversi incontri con un nutrizionista, con un fisiologo degli esercizi fisici ed hanno partecipato a sessioni online di “brain training” per l’esercizio cognitivo.

I fattori di rischio per la Malattia di Alzheimer sono stati accertati nei partecipanti utilizzando la Australian National University–Alzheimer's Disease Risk Index (ANU-ADRI) e la Alzheimer's Disease Assessment Scale–Cognitive subscale per il livello di potenziale cognitivo.

Al termine del follow-up di 6 mesi è risultato che il gruppo assistito otteneva uno score significativamente basso (e quindi migliore) su ANU-ADRI (P=.013) ed uno score notevolmente più alto ai test cognitivi (P=.026) rispetto al gruppo di controllo.

Infatti, i partecipanti “assistiti” sono stati in grado di migliorare lo score dei rischi legati allo stile di vita di 2.5 punti ed è stato dimostrato che una variazione >2 punti è clinicamente rilevante in quanto adduce a sostanziali differenze nel rischio di sviluppare demenza.

La principale limitazione di questa ricerca risiede nel tempo limitato a soli 6 mesi di follow-up, mentre in studi analoghi si raccomanda una meta-analisi di almeno 12 mesi.

Joanna Hellmuth del Memory and Aging Center, Department of Neurology, University of California, San Francisco ha commentato che lo studio condotto da McMaster seppure necessiti di ulteriori valutazioni, considerando altre cause passibili di interferire sul potenziale cognitivo (apnea notturna, deficit di vitamina B12 , disturbi tiroidei, etc.) rappresenta comunque una novità per il fatto di propugnare l’idea che intervenendo sullo stile di vita si possa recuperare un declino cognitivo in atto.

In conclusione, questo studio sostiene l’ipotesi che negli stadi precoci di declino cognitivo i soggetti posseggano una sufficiente neuroplasticità che possa consentire loro in tempi brevi un miglioramento. E pertanto il messaggio da portare a casa è che più si fa per contrastare i fattori di rischio della demenza tanto più si può recuperare un declino cognitivo in fase iniziale.

Data pubblicazione: 12 settembre 2020

4 commenti

#1
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Dr. Antonio Ferraloro

Articolo come sempre interessante e quanto mai attuale.
Oltre i tre fattori di rischio presi in considerazione e corretti dallo studio in questione si potrebbero correggere ulteriori fattori di rischio in modo da rendere più incisivo il recupero delle capacità intellettive nelle fasi precoci del declino cognitivo.
Un ottimo messaggio inviato alla popolazione.

#2
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Dr. Mauro Colangelo

Caro Antonio, grazie del tuo commento che enfatizza la vera finalità dell'articolo: assumere una funzione educativa da parte della Medicina nel contrasto a questa condizione che costituisce sempre più un enorme peso sociale.

#3
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Utente 510XXX

Dott. Colangelo, grazie per la preziosa pubblicazione su un argomento che tocca da vicino tante famiglie ,gli sfortunati pazienti colpiti dalla patologia, ed i congiunti "costretti" ad assisterli. Gli studi che danno indicazioni sulla prevenzione sono in continua evoluzione e Lei,sempre così attento alla salute delle persone, con i suoi consigli, oltre a fornire indicazioni,tanto importanti quanto utili, riesce a trasmettere un elemento che, credo, sia un vero toccasana, un'iniezione di FIDUCIA,che non si può somministrare farmacologicamente,a chi, ormai stanco dei soliti protocolli che,purtroppo, per svariati motivi, in tanti, non danno i risultati attesi. Grazie ancora per il tempo che dedica alla ricerca di ciò che può contribuire a regalare una migliore qualità della vita, a chi si avvia verso la fine del proprio percorso di vita. Grazie di cuore.

#4
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Dr. Mauro Colangelo

Grazie a Lei, caro e gentile Utente, per il cortesissimo commento e per le sue acute osservazioni sulle implicazioni del messaggio contenuto nella news.

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