Le bevande artificialmente zuccherate aumentano il rischio di ictus
Esiste un'associazione fra il consumo di bevande zuccherate artificialmente e l’ictus, nei suoi subtipi, la malattia coronarica ed altre cause di mortalità in donne in menopausa. Vediamo perché.
I rischi del consumo di bevande zuccherate
Yasmin Mossavar-Rahmani, Professore Associato della Division of Health Promotion and Nutrition Research, Department of Epidemiology and Population Health, Albert Einstein College of Medicine, New York City (USA) ha pubblicato il 14 Febbraio 2019 un contributo originale su Stroke (2019;50:00-00. DOI: 10.1161/STROKEAHA.118.023100.) dal titolo Artificially Sweetened Beverages and Stroke, Coronary Heart Disease, and All-Cause Mortality in the Women’s Health Initiative.
Lo studio si è fondato sull’analisi di una coorte di 81. 714 donne, di età fra i 50 ed i 79 anni, che erano state incluse fra il 1993 ed il 1998 nello studio prospettico multicentrico Women’s Health Initiative Observational Study con un periodo medio di follow-up di 11.9 anni.
Una precedente ricerca del 2017, condotta su circa 4.400 partecipanti arruolate nel Framingham Heart Study Offspring Cohort, aveva già evidenziato una associazione fra una elevata assunzione di bevande zuccherate artificialmente ed aumentato rischio di demenza ed eventi cardio-vascolari, incluso l’ictus e che ha acceso l’interesse di Mossavar-Rahmani per cercare di individuarne il nesso causale.
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Lo studio
I soggetti, dopo la valutazione di base all’ingresso nello studio, sono stati sottoposti a distanza di tre anni ad esame clinico completo e ad indagini di laboratorio ed hanno dovuto compilare un questionario sul consumo, nel corso dei tre mesi precedenti, di bevande zuccherate artificialmente, incluse la Diet Coke e i succhi di frutti dietetici in lattine di 330 ml.
I Ricercatori, in base alle risposte fornite, hanno catalogato i soggetti in nove categorie di consumo in relazione alla frequenza di bevande variante da nessuna a sei volte al giorno.
Con l’analisi multivariata in funzione del tempo, il fattore di rischio è stato valutato con la regressione di Cox per minimizzare l’effetto confondente di altri parametri considerati simultaneamente quali la appartenenza etnica, il livello culturale, il diabete mellito, le malattie cardio-vascolari, l’ipertensione, il fumo, l’alcool, l’attività fisica ed il BMI.
La maggioranza delle partecipanti (64%) è stata costituita da consumatori infrequenti (meno di una bevanda per settimana) mentre quelle a consumo più sostenuto sono risultate i soggetti più giovani, di più elevato standard culturale ed economico, con scarsa attitudine all’attività fisica, con abitudini dietetiche di qualità più bassa e tendenzialmente sovrappeso.
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Risultati
La comparazione fra consumatori frequenti ed infrequenti ha fatto registrare a carico dei primi un rischio per l’ictus maggiore del 31% (hazard ratio [HR], 1.23; 95% confidence interval [CI], 1.02 – 1.47) e parallelamente era aumentato del 29% il rischio per malattia coronarica (HR, 1.29; 95% CI, 1.11 – 1.51) e del 16% il rischio di mortalità per altre cause (HR, 1.16; 95% CI, 1.07 – 1.26).
Durante l’intero periodo sotto analisi, si è verificata l’occorrenza di 2.838 ictus (2.227 di tipo ischemico e 422 emorragico), 3.618 eventi di coronaropatia ed un totale di 15.005 morti a decorrere dal terzo anno di follow-up. Il consumo di più di due bevande al giorno è apparso legato a maggior probabilità di arteriopatia obliterante rispetto ai consumatori infrequenti (HR, 1.81; 95% CI, 1.18 – 2.80) nell’analisi aggiustata per altre covarianti.
I Ricercatori puntualizzano che l’aumentato rischio per ictus e particolarmente per l’arteriopatia dei piccoli vasi non è apparsa mediata né dall’ipertensione né dal diabete. L’aumentato rischio per ictus tra i consumatori frequenti era significativamente più alto tra soggetti con BMI >30 kg/m2 (HR, 2.03; 95% CI, 1.38 – 2.98) fra cui era parimenti registrata una più elevata mortalità da altre cause. Inoltre il rischio di ictus fra consumatori frequenti è stato superiore fra i partecipanti afro-americani. (HR, 3.93; 95% CI, 1.87 – 8.26).
In conclusione, poiché una funzione precipua della medicina preventiva consiste nel fornire corretti indirizzi di stile di vita, sulla scorta di questi risultati il Medico deve decidersi a discutere con i propri pazienti anche sulle loro abitudini nell’assunzione di bevande poco salutari.