L'obesità addominale rimpicciolisce il cervello
A seguito della ricerca svolta presso la School Sport, Exercise & Health Sciences, della Loughborough University del Leicestershire ed il Department of Epidemiology and Public Health dell’University College di Londra, Mark Hamer e David Batty hanno pubblicato il 9 Gennaio 2019 su Neurology un lavoro di particolare interesse dal titolo “Association of body mass index (BMI) and waist-to-hip ratio (WHR) with brain structure (UK Biobank study) “.
L’obbiettivo dello studio è stato di esaminare il rapporto fra sovrappeso, valutato attraverso l’indice di massa corporea e l’obesità centrale (girovita-fianchi), con il volume del cervello.
Tra le tante classificazioni dell’obesità, la più accettata è quella della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che sulla base del valore di BMI la distingue in tre gradi:
- 1 (sovrappeso) – BMI: 25-29.9 kg/m2
- 2 (obesità) – BMI: 30-39.9 kg/m2
- 3 (obesità patologica) - BMI ≥40 kg/m2
Il BMI si calcola dividendo il peso, espresso in kg, per il quadrato della statura espressa in metri, ad es., se un soggetto è alto 1,75 m. e pesa 70 Kg avrà un BMI = 70 / (1,75)2 = 22,9 kg/m2.
Nella routine clinica si perviene alla misura del grasso corporeo calcolando il BMI e la circonferenza di girovita e fianchi nonché utilizzando procedure accessorie quali la misura mediante calibro dello spessore delle pliche cutanee, l’ecografia, l’analisi dell’impedenza bioelettrica, la DEXA (Dual-energy radiographic absorptiometry), etc.
E’ ben noto che l’obesità predispone a malattie cardio-vascolari e diabete, i cui effetti dannosi sono alla base delle malattie neurodegenerative.
Studi precedenti hanno evidenziato una associazione lineare inversa fra l’aumento del BMI ed il volume della sostanza grigia del cervello, ma non a carico della sostanza bianca. Ed è acquisito che l’atrofia della sostanza grigia del cervello è elemento predisponente alla demenza.
La ricerca di Hamer, fondata su una schiera di popolazione molto più vasta che nelle ricerche antecedenti, ha cercato di investigare il link esistente fra l’obesità ed il volume della sostanza grigia.
Per questo studio, i due ricercatori inglesi hanno analizzato i dati desunti dal database della UK Biobank, che contiene l’osservazione di circa 500.000 individui, estrapolandone 9652 partecipanti, dell’età media di 55 anni, che avevano effettuato una Risonanza Magnetica dell’encefalo e di cui era disponibile la determinazione del BMI, circonferenza giro-vita fianchi e massa totale grassa accertata con impedenza bioelettrica.
Il 18.7% dei soggetti selezionati erano obesi (BMI ≥ 30 kg/m2) e che ai valori più alti di obesità (BMI ≥40 kg/m2) corrispondevano, dopo l’aggiustamento delle covarianti (età, attività fisica, fumo, ipertensione), i valori più bassi di volume della sostanza grigia del cervello.
Dato molto significativo, nei 1291 partecipanti con obesità centrale, riscontrata nel 72% dei casi, il volume di sostanza grigia cerebrale è risultato inferiore (786 cm3) rispetto a quello (793 cm3 ) dei 514 obesi categorizzati come non centrali (β = −4496, P =. 04).
Nei 3025 partecipanti non in sovrappeso è stato rilevato un volume medio di 798 cm3, indicando una lieve differenza con quello dei soggetti senza obesità centrale.
Questo dato è in accordo con il concetto attestato da studi precedenti, che indicano, nel soggetto obeso con accumulo adiposo a carico delle natiche e degli arti inferiori, un profilo metabolico più sano al confronto di quello con obesità centrale.
Da questo studio, consistito in una osservazione cross-sectional, emerge l’ipotesi che l’obesità centrale possa indurre modifiche strutturali nella sostanza grigia del cervello che potrebbero svolgere un ruolo meccanicistico nel rischio di neuro-degenerazione, confermando comunque la potenziale validità di non essere obesi.
Ma Hamer aggiunge che ulteriori studi sono necessari per evidenziare se in prospettiva un protratto dimagrimento possa apportare miglioramenti strutturali nel cervello.