Attività intellettive e video game possono prevenire la demenza
L’interesse crescente nella prevenzione della demenza è espresso dallo studio Association of daily intellectual activities with lower risk of incident dementia among older Chinese adults pubblicato di recente da Lee ATC, Richards M, et al. su JAMA Psychiatry. 2018;75(7):697-703 e che ricalca il precedente analogo trial di Ballesteros, apparso il 14. Ottobre 2014 su Frontiers in Aging Neuroscience. I ricercatori hanno studiato l’influenza che gli esercizi cerebrali (brain games) hanno sul rischio di demenza, quando siano associati ad altre abitudini salutari quali la dieta, l’esercizio fisico e l’assenza del fumo. A tale scopo, hanno sottoposto un gruppo di anziani a 20 sessioni di video game, ciascuna della durata di un’ora, strutturati in maniera tale da stimolare l’attività cognitiva, e ne hanno comparato i risultati con quelli di un gruppo randomizzato di controllo. Gli investigatori hanno studiato 15.000 soggetti di 65 anni ed oltre con un follow-up fino a 7 anni ed hanno riscontrato che, anche tenendo conto di stili di vita, fattori socio-demografici e comorbidità fisica e psichiatrica, coloro che hanno preso parte ad attività di stimolazione intellettiva sono stati meno esposti a sviluppare demenza.
Il Prof. Linda C. W. Lam, del Department of Psychiatry, Chinese University of Hong Kong, sulla scorta dei risultati conseguiti su un tale vasto campione di popolazione, sostiene che lo stile di vita sia di enorme importanza nel modulare il potere cognitivo e che i benefici di attività intellettuali siano addirittura indipendenti dallo stato di salute. Di fatto, i risultati hanno mostrato un miglioramento di multiple abilità, quali velocità di esecuzione, attenzione, memoria di riconoscimento visuale immediata e ritardata. La memoria a breve termine (working memory) visuo-spaziale ed il controllo esecutivo non è risultato significativamente migliorato rispetto a quello dei controlli.
Sono stati selezionati per lo studio individui di almeno 65 anni (n=15,582), presenti nel Elderly Health Centers of the Department of Health in Hong Kong, che non presentavano esiti di ictus, malattia di Parkinson e con un elevato score al valore di base del Mini-Mental State Examination e sono stati sottoposti a follow-up fino a 6 anni (mediana 5 anni; variazioni di interquartile: 3.0-6.0 anni). Le attività intellettuali sono consistite nella lettura (libri, giornali, riviste), video game, giochi di carte e scommesse alle corse di cavalli. Le attività sociali sono state rappresentate dalla adesione al Centro Sociale con partecipazione a lavori volontari, incontri con parenti ed amici e nella pratica di attività religiose. Le attività ricreative sono consistite nel guardare la TV, nell’ascoltare programmi radio, nello shopping e nel recarsi in una tea house. Per ciascun partecipante sono state accertate le variabili rappresentate da fattori demografici (età, sesso, livello culturale), malattie associate fisiche e psichiatriche, fattori dello stile di vita (regolare esercizio fisico, abitudine al fumo e consumo di frutta e vegetali).
I soggetti che nel periodo dello studio hanno sviluppato demenza (n=1349; 8.7%) sono risultati essere prevalentemente di sesso femminile, con più basso livello culturale, con maggior prevalenza di comorbidità fisica e psichiatrica e meno coinvolti in un salutare stile di vita. Coloro meno esposti al rischio, invece, sono risultati coloro che hanno intrapreso maggiori varietà di attività intellettive (3 vs 2 attività; P<.001) ed utilizzo del video game (66.9% vs 50.7%; P<.001), restando uguale per i due gruppi la partecipazione ad attività ricreative e sociali. In altri termini, il gruppo più stabile sotto il profilo cognitivo è risultato essere quello a maggior partecipazione intellettiva (3 vs 2 attività; P<.001) più che ricreativa o sociale, in cui – prescindendo dai fattori demografici, di stile di vita e delle comorbidità- la percentuale probabilistica di demenza è rimasta significativamente più bassa (odds ratio, 0.71; 95% confidence interval, 0.60-0.84; P<.001).
Gli Autori postulano che l’azione di stimolo esercitata sull’attività intellettiva dalle metodologie adoperate ottimizzi la riserva cognitiva e rinforzi le attività compensatorie anche se non esplica un impatto diretto sul contrassegno dell’Alzheimer quali le placche amiloidi e la proteina tau, e che pertanto debba essere considerata una strategia alternativa e pertinente in grado di agire con efficacia anche oltre il processo neurodegenerativo di base.