Senza l’appendice si rischia di meno il Parkinson
Sono di recentissima pubblicazione i risultati di due ricerche condotte in Svezia e negli Stati Uniti che suggeriscono come l’appendice vermiforme giochi un ruolo importante nell’origine del Morbo di Parkinson (MP). Per comprendere il significato di questa scoperta è però necessario fare qualche premessa.
In un mio precedente articolo (https://www.medicitalia.it/news/neurologia/7525-si-puo-fare-una-diagnosi-precoce-del-parkinson.html) ho spiegato come il MP consegua al deposito nei neuroni di inclusioni dette Corpi di Lewy (LB), formati dalla anomala aggregazione dell’ α-synucleina (αSyn), che è una proteina presente nei terminali pre-sinaptici dei neuroni nelle regioni dell’ippocampo e della substantia nigra, che non ha normalmente tendenza ad aggregare. Invece la misfolded α-synuclein (letteralmente “mal-ripiegata”) tende ad aggregare in oligomeri più grandi formando i tipici corpi di Lewy, i quali interferiscono con la trasmissione degli impulsi nervosi ostacolando il passaggio dei neurotrasmettitori.
L’appendice vermiforme, prolungamento dell'intestino crasso ed a lungo considerata un organo vestigiale, è oggi noto che svolge una importante funzione immunologica di supporto al sistema linfatico nel contrasto ai germi patogeni e nella regolazione della flora batterica intestinale. Nell’appendice sia di soggetti sani che di pazienti affetti da MP è stata rilevata una tendenza all’accumulo di α-synucleina.
Viviane Labrie, Ricercatrice del Van Andel Research Institute, Grand Rapids, Michigan (USA) riferisce che negli ultimi 10 anni è divenuto sempre più evidente che il MP non compromette solo il movimento ma è una malattia multi-sistemica che implica una varietà di disturbi non-motori tra cui quelli gastro-intestinali, che addirittura possono precorrere anche di 20 anni l’esordio dei disturbi motori.
Sulla scorta di queste acquisizioni, Bryan A. Killinger ha pubblicato un interessante articolo fondato su uno studio epidemiologico su larga scala, che mette a fuoco il ruolo dell’apparato gastro-intestinale come la sede da cui questa malattia può prendere origine in relazione alle elevate quantità di αSyn aggregata rinvenute nell’appendice. Ciò sarebbe conseguenza dell’interazione immunologica con le tossine ed i batteri dell’ambiente intestinale e spiegherebbe non solamente i sintomi gastro-intestinali, che costituiscono i prodromi del MP, ma sostiene l’ipotesi che α-synucleina possa raggiungere il cervello attraverso il nervo vago, che collega l’intestino al cervello e nelle cui terminazioni è stata rinvenuta. Tuttavia, mentre nella sede appendicolare l’ α-synucleina non esplica alcun effetto patogeno, quando invece migra nel cervello, per lo più a seguito di processi infiammatori a carico dell’apparato gastro-enterico, con la sua azione neuro-tossica gioca un ruolo chiave nella patogenesi del MP. Da ciò scaturisce l’ipotesi che l’appendice costituisca un importante fattore di rischio per la MP costituendo sede di accumulo precoce dell’α-synucleina da cui tende ad ascendere al cervello lungo il nervo vago. Ulteriori studi dovranno chiarire perché in un settore linfatico intestinale come l’appendice vi sia questa tendenza a formare un’α-synucleina che essendo 4.5 volte più anomala di quella normale (truncated alpha-synuclein) tende rapidamente ad aggregare.
Nel suo studio, Killinger si è proposto di esaminare gli effetti della rimozione dell’appendice sul rischio di sviluppare la MP ed a tale scopo è stato esaminato il Registro Nazionale Pazienti che documenta l’ospedalizzazione dell’intera popolazione svedese, identificando le persone sottoposte ad appendicectomia dal 1964. Ciascun soggetto è stato poi confrontato con due persone di controllo della popolazione generale che non avevano subito l’intervento, analizzando i dati su un totale di 1,7 milioni di individui per un follow-up complessivo di 52 anni. I risultati hanno evidenziato che l’incidenza del MP era di 1.60 casi/100.000 fra i soggetti appendicectomizzati mentre in quelli non operati era di 1.98, con una riduzione di rischio di sviluppare MP pari a circa il 20% (95% confidence interval, 10.4% - 27.2%). La riduzione del rischio era poi ancora maggiore (circa 25%) se i soggetti provenivano da aree rurali, quale effetto di fattori ambientali. Infine, nei soggetti operati da almeno 20 anni l’età di insorgenza del MP era ritardata in media di 1.6 anni rispetto ai controlli.
Nell’analogo studio epidemiologico svolto negli Stati Uniti da Patrik Brundin (US Parkinson's Progression Markers Initiative), l’età di insorgenza è risultata ancora più ritardata di 3.6 anni.
In conclusione, questi dati non incoraggiano il ricorso all’appendicectomia universale per la prevenzione del MP né autorizzano un soggetto appendicectomizzato a ritenersi esente dal rischio, ma pongono l’accento sul fatto che l’appendice costituisca un serbatoio di truncated alpha-synuclein che ha tendenza ad aggregare ed a diventare elemento cruciale nella patogenesi del MP. Pertanto, come sottolineato da Brundin, le future ricerche dovranno essere proprio focalizzate sulla formazione di questa proteina “troncata” nell’intestino per una concreta prevenzione del morbo di Parkinson.
Bryan A. Killinger, et Alii: The vermiform appendix impacts the risk of developing Parkinson’s disease
Science Translational Medicine 31 Oct 2018: Vol. 10, Issue 465, eaar5280 (DOI: 10.1126/scitranslmed.aar5280)
Brundin, et Alii: Therapeutic approaches to target alpha-synuclein pathology. Exp. Neurol. 298 (Pt. B), 225–235 (2017).