Per le malattie neurodegenerative sono in arrivo dallo spazio nuove possibilità di terapia

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Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

I Ricercatori dei laboratori del Summit for Stem Cell Foundation (California) e dell’Istituto di Ricerca New York Stem Cell Foundation hanno annunciato un progetto di studio affascinante quanto pionieristico, pubblicato il 24 Ottobre 2018 su Parkinson’s News Today (https://parkinsonsnewstoday.com/2018/10/24/new-collaboration-launching-parkinsons-research-space/), fondato sullo studio dello sviluppo di colture cellulari a lungo termine nello spazio. Come dichiarato in conferenza stampa da Paula Grisanti, chairman e CEO della National Stem Cell Foundation, i risultati di questa ricerca potrebbero contribuire a comprendere in modo nuovo cause e modalità di sviluppo di due malattie neuro-degenerative, il Morbo di Parkinson (MP) e la Sclerosi Multipla Primariamente Progressiva (SMPP), allo scopo di individuarne un trattamento efficace. Space Tango è la struttura di supporto tecnico che provvederà a trasferire le colture di cellule espiantate da pazienti affetti da queste due malattie, assicurandone la sopravvivenza durante il viaggio sino alla destinazione finale costituita dalla Stazione Spaziale Internazionale.

Obiettivo fondamentale della ricerca è di studiare qualitativamente l’interazione fra queste cellule nella microgravità, ossia quando sono sottoposte ad una forza gravitazionale estremamente più debole di quella che è normalmente esercitata sulla Terra. In particolare, il progetto prevede di sviluppare modelli cellulari avanzati attraverso le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) di soggetti affetti da MP e SMPP. Per spiegare cosa siano le iPSC è necessaria una breve spiegazione.

E’ ben noto anche ai non addetti ai lavori che le cellule staminali embrionali (ESC) sono cellule pluripotenti caratterizzate da un elevato potenziale proliferativo, capacità di auto-rinnovarsi e possibilità di differenziarsi in tutti i tessuti dei tre foglietti germinali embrionali (ectoderma, endoderma e mesoderma) ossia di dare origine ai diversi tipi di cellule dell’intero organismo. In laboratorio è possibile coltivare ESC in vitro per numerosi cicli di replicazione cellulare, mantenendole in uno stato indifferenziato o di stimolarle a generare cellule specializzate, ma è stato anche ottenuto di riprogrammare delle cellule somatiche, costringendole a ritornare ad uno stadio simil-embrionale. Dagli studi di Yamanaka, nel 2006, attraverso l’uso di retrovirus sono state ottenute le iPSC da cellule adulte differenziate, inducendovi in tal modo la pluripotenza e trasformandole in sorgente illimitata di cellule umane a scopi terapeutici. Le iPCS si si possono auto-organizzare in una coltura tridimensionale creando un organoide, che è una versione semplificata e miniaturizzata di un organo prodotto in vitro in tre dimensioni e che mostra caratteristiche microanatomiche realistiche. Questi organoidi di cervello umano comprenderanno anche la microglia ossia le cellule con competenza immunologica, anch’esse derivate dalle iCPS e prodotte secondo il protocollo della New York Stem Cell Foundation. Ciò consentirà un notevole avanzamento nella comprensione delle malattie neurodegenerative in quanto la microglia esplica un ruolo importante nella regolazione dei processi infiammatori migrando nelle aree cerebrali danneggiate, come è stato dimostrato verificarsi nel morbo di Parkinson e nella Sclerosi Multipla.

Allorquando questi modelli 3D di cervello umano si saranno sviluppati saranno trasferiti nella stazione spaziale dove i ricercatori studieranno in qual modo la microgravità interferisce sull’assemblamento degli organoidi e sulle proprietà migratorie della microglia a seguito della neuro-infiammazione. Jeanne Loring, Senior Science Adviser presso la Summit for Stem Cell Foundation, e Valentina Fossati, Ricercatrice Senior della New York Stem Cell Foundation ritengono che ciò rappresenti una opportunità unica per studiare il comportamento delle cellule neuronali sotto gravità zero e contestualmente per comprendere l’effettiva potenzialità degli organoidi e delle cellule staminali nell’ambito del cervello al di fuori del nostro pianeta. Il lancio pilota dovrebbe aver luogo nel mese di Maggio 2019 da Cape Canaveral, Florida.

In conclusione, questo studio potrà fornire le premesse per il futuro uso clinico di un nuovo strumento per il trattamento del MP, della SMPP e, potenzialmente, di altre malattie neuro-degenerative.

Data pubblicazione: 26 ottobre 2018

12 commenti

#1
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Dr. Giovanni Migliaccio

Ancora un altro interessantissimo articolo che porti alla divulgazione con chiarezza espositiva comprensibile a tutti.

Però mi chiedo: Non è più semplice saltare "un passaggio", ovvero quello dell'utilizzo delle iPCS per creare in cultura un organoide di cervello umano, versione semplificata e miniaturizzata , quando ne abbiamo a disposizione a volontà, per esempio, al Governo?

#3
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Dr. Giovanni Migliaccio

Caro Armando,
che io sappia le placche amiloidi e tutte le alterazioni che subiscono i neuroni si riscontrano a livello microscopico e cellulare.
Come tale studio possa affermare che tali "placche" scompaiono in un anno senza sacrificare i pazienti non è certo chiaro, a meno che non si sottopongano i pazienti a biopsia. Chiedo sostegno a Colangelo molto più esperto di me in tali patologie.

#7
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Dr. Mauro Colangelo

Giovanni ed Armando grazie del commento.
Aducanumab è un farmaco sperimentale di cui tuttora se ne sta valutando sicurezza ed efficacia in due studi internazionali di fase III (ENGAGE e EMERGE), per il trattamento della malattia di Alzheimer allo stadio precoce. Si tratta di un anticorpo monoclonale (mAb) umano ricombinante che secondo la Biogen che l'ha brevettato dovrebbe colpire le forme aggregate di beta amiloide, compresi gli oligomeri solubili e le fibrille insolubili formatisi nella placca amiloide del cervello dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer. Questo lo rende un farmaco sul quale sono appuntate le maggiori speranze tra quelli attualmente in studio. Ciò significa che non si può, purtroppo, ancora cantare vittoria e resta poi da definire la metodica di accertamento dell'effetto conseguito perché, come giustamente osserva Giovanni, la diagnosi di certezza di malattia di Alzheimer è solamente post-mortem, mediante esame microscopico del cervello.

#8
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Dr. Giovanni Migliaccio

Armando no, non mi pare una "forzatura giornalistica", ma così come è consultabile la notizia, senza riferimenti precisi allo studio in atto, lascia alquanto perplessi.
Accertare la guarigione sarà su base clinica e verosimilmente con controlli strumentali quali per es. una PET che evidenzierà il recupero delle funzioni delle aree cerebrali perse.

Quindi, come fa il dr. Roger Nitsch dell'università di Zurigo, che definisce i risultati 'incoraggianti' , ad affermare che le placche "sono quasi completamente scomparse" ?

Una buona giornata


#9
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Dr. Giovanni Migliaccio

E' chiaro che se un Alzheimer guarisce, vorrà dire che le placche amiloidi saranno scomparse.
Da quel link non sappiamo per es. come é lo stato clinico del paziente con placche "QUASI" completamente scomparse.
Bisognerà leggere tutto il lavoro, ma comunque le affermazioni del dr. Nitsch sembrano un po' azzardate e forse non veritiere o mal interpretate da chi ha pubblicato la notizia.

#10
Foto profilo Dr. Mauro Colangelo
Dr. Mauro Colangelo

Giovanni,
credo che l'ultima tua ipotesi sia la più accettabile: il tentativo di fare uno scoop è il tentativo costante della carta stampata. Le tue considerazioni sull'accertamento degli effetti dell'aducanumab sono ovviamente ben fondate e fanno parte degli studi in fase III tuttora in atto. Intanto, nell'attesa, dobbiamo considerare certe affermazioni trionfalistiche con la consueta prudenza della scienza che accetta solo risultati obbiettivamente e universalmente riproducibili.

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