Nel paziente con ictus, il tempo è cervello!
L’International Stroke Conference (ISC), che si è tenuto dal 22 al 24 Febbraio a Houston, Texas, ha messo a fuoco il più recente stato dell’arte sulla prevenzione ed il trattamento dell’ictus, attraverso le relazioni presentate da taluni dei maggiori esperti mondiali in questo campo, quale risultato degli studi clinici multicentrici svoltisi nel 2016. Questi i trials che hanno riscosso maggiore attenzione: PREMIER, ASTER, HeadPoST, TARDIS e PICASSO. Dai dati esposti, in particolare, emerge un notevolissimo incremento nella indicazione alla disostruzione vascolare nel trattamento dell’ictus acuto ischemico, una crescente evidenza che l’esercizio fisico precoce dopo l’ictus assicura un migliore recupero motorio ed anche cognitivo, e la promettente prospettiva della stimolazione del nervo vago per il miglioramento della funzione motoria dell’arto superiore colpito da paresi.
All’insegna del monito “Time is brain”, è stata estremamente enfatizzata la necessità di ricovero del paziente colpito da ictus entro 6 ore in un Centro Specializzato per attuare procedure quali la trombolisi o la trombectomia o la applicazione di uno stent per ricanalizzare il vaso occluso.
Basandosi sui dati di metanalisi dei vari protocolli di trattamento (MR Clean, Escape, Extend-IA, Revascat, Swift PRIME), è stata inconfutabilmente dimostrata l’affermazione “Il tempo è cervello”. Al riguardo, occorre tener presente che ogni minuto di ischemia distrugge 1,9 milioni di neuroni, 14 miliardi di sinapsi (le connessioni tra i neuroni) e 12 chilometri di fibre mielinizzate. Pertanto si può amaramente concludere che per ogni ora trascorsa senza il trattamento adeguato il cervello riporta un deterioramento che corrisponde ad un suo naturale invecchiamento di 3,6 anni! Tradotto in termini concreti, l’esito di un ictus è saldamente in funzione del tempo che intercorre fra il primo contatto medico e quello in cui si inizia il trattamento endovascolare del vaso occluso.
In conclusione, dai dati dei maggiori studi randomizzati prodotti dall’American Stroke Association, risulta che i pazienti pervenuti nella Stroke Unit entro 6 ore dopo aver riportato un ictus ischemico da occlusione di un grosso vaso, anche se presentavano un livello di deficit da moderato a severo (grado 15 – 20 del NIHS-Score), essendo stati sottoposti tempestivamente a terapia di disostruzione endovascolare, hanno avuto l’esito migliore. Tuttavia il Dr. Eric Smith, della Università di Calgary, Alberta, Canada, avverte che l’approccio endovascolare può comunque dare benefici anche nel caso in cui siano ostruiti vasi di calibro minore o quando il paziente arrivi nel Centro oltre 6 ore dall’evento ictale, purché il deficit neurologico sia di grado lieve ossia compreso tra 1 e 15 della Scala NIHS.
In termini di prevenzione dell'ictus ischemico ricorrente e dell'attacco ischemico transitorio (TIA), in pazienti con documentata stenosi aterosclerotica della carotide quale potenziale origine dell'ictus/TIA ed inclusi nel trial SOCRATES, l’agente anti-aggregante piastrinico ticagrelor ha mostrato maggiore efficacia del clopidogrel o dell’associazione aspirina/dipiridamolo nel prevenire le ricorrenze.
E’ comunque degno di nota che ai fini della prevenzione della degenerazione aterosclerotica vascolare, in grado di causare l’ictus, è di unanime riconoscimento il ruolo di non poco conto rivestito dallo stile di vita e, con nostra grande soddisfazione nazionale, dall’adozione della dieta mediterranea.