La capacità del reo di stare in giudizio
La "capacità di stare in giudizio" (art. 70, 71 e 72 c.p.p.) rappresenta problematica fondamentale per lo svolgimento del procedimento penale.
Laddove vi siano fondati dubbi circa la incapacità dell'imputato di partecipare coscientemente ed attivamente al processo che lo vede coinvolto il procedimento deve essere sospeso e nominata un Perizia d'Ufficio per rispondere al "quesito di merito".
"Se lo stato mentale dell'imputato risulterà da questa tale da impedirgli la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice deve disporne la sospensione" (art. 71 c.p.p.) e, in seguito, il giudice deve eseguire ogni sei mesi ulteriori accertamenti peritali, fino a quando non risulti possibile la cosciente partecipazione dell'imputato al procedimento o non risulti che nei suoi confronti debba essere pronunciata una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere (art. 72 c.p.p.). Ovvio che, nel caso in cui, con il passare del tempo, lo stato mentale dell'imputato che ha determinato la sospensione del procedimento non migliori, ma dia luogo ad una condizione di incapacità irreversibile si produrrà una paralisi processuale destinata a procastinarsi fino all'exitus dell'imputato.
Ciò può configurare il caso dell'imputato permanentemente incapace per infermità cognitive o psichiche.
Ad esempio, con ordinanza del 21 marzo 2013 il Tribunale di Milano sollevava, in riferimento agli artt. 3, 24, 27 terzo comma e 11 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159, primo comma, c.p., nella parte in cui "prevede la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza delle condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p., laddove sia accertata l'irreversibilità dell'incapacità dell'imputato di partecipare coscientemente al processo".
Il caso vedeva un imputato imputabile al momento della commissione del fatto ma che, a seguito dell'aggravarsi delle condizioni psicofisiche nel corso del processo, risultava in condizioni irreversibili di infermità mentale, tali da escludere la capacità di partecipare coscientemente al procedimento.
Secondo il giudice remittente, tali circostanze violerebbero l'art. 3 Cost., in quanto sarebbe irragionevole che alla condizione dell'imputato incapace in modo irreversibile di partecipare al processo seguano le stesse conseguenze giuridiche previste dall'ordinamento nei casi di impedimenti transitori. La norma violerebbe, inoltre, l'art. 24 Cost., in quanto nell'eventuale e improbabile ipotesi in cui l'incapacità venga meno, l'imputato si troverebbe in evidente difficoltà nell'apprestare un'adeguata strategia difensiva processuale in relazione ad imputazioni concernenti fatti risalenti nel tempo. Risulterebbe, inoltre, violato l'art. 37, terzo comma, Cost., in quanto la pena inflitta in seguito ad un processo svolto a distanza di tempo ed interrotto a causa di serie carenze cognitive dell'imputato, difficilmente potrebbe svolgere la funzione rieducativa imposta dalla Costituzione. Infine, risulterebbe violato l'art. 11 Cost., nella sua duplice accezione di garanzia oggettiva relativa al buon funzionamento dell'amministrazione della giustizia e all'esigenza di evitare la prosecuzione di giudizi dilatati nel tempo, nonché di garanzia soggettiva quale diritto dell'imputato ad essere giudicato in un tempo ragionevole.
Il particolare, la capacità di stare in giudizio dovrà soddisfare i criteri di una possibile partecipazione attiva e consapevole ad un proceddimento penale che veda il soggetto imputato.
Così come, dovranno essere soddisfatti i criteri circa una conservata capacità di intendere e di esercitare con consapevolezza le proprie scelte processuali.
Riassumendo:
Se lo stato mentale sia per motivazioni Neurologiche che per motivazioni Pscichiatriche dell'imputato è tale da impedirgli la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice deve disporne la sospensione (art. 71 c.p.p.) del procedimento medesimo.
Qualora con il passar del tempo lo status di incapacità, per motivazioni neurocognitive o psichiche, dell'imputato divenga irreversibile (perdurando "sine die" la condizione di incapacità) si produrrà una paralisi processuale che si procastinerà fino all'exitus dell'imputato (ad esempio questo sarà il caso degli imputati perennemente incapaci).