Nuove modalità di ricorso giudiziario per l’invalidità civile
Fino ad oggi chi vuole agire giudiziamente contro un provvedimento dell’INPS in materia di invalidità civile o di handicap deve presentare ricorso giudiziale al Tribunale Civile (Sezione Previdenza).
Nel corso del procedimento il Giudice nomina in genere un Consulente Tecnico d’Ufficio, (CTU) al quale pone i necessari quesiti in materia di invalidità civile ed handicap. Il CTU, previa visita del ricorrente ed esame della documentazione agli atti e di quella esibita dalle parti, elabora una relazione peritale, depositandola in Cancelleria dopo averla notificata alle parti stesse, ed aver dato loro un termine per le eventuali controdeduzioni, che pure vengono acquisite in atti, assieme alle eventuali memorie, perizie di parte, e documentazioni varie. Peraltro i tempi per giungere a sentenza sono abbastanza lunghi e spesso superiori ad un anno.
Il Decreto Legge 98/2011 (art. 38, comma 1) modifica il Codice di Procedura Civile, introducendo uno nuovo articolo specifico per queste situazioni: l’articolo 445 bis.
Questo articolo prevede la fattispecie dell'accertamento tecnico preventivo obbligatorio. L’obiettivo del legislatore è quello di tentare di risolvere il contenzioso in tempi più rapidi e senza sovraccaricare la giustizia previdenziale di un eccessivo numero di udienze. In linea teorica, tale intento può anche essere considerato positivamente.
Secondo il nuovo iter il Cittadino che intenda agire giudizialmente contro un provvedimento dell’INPS riguardante l'invalidità civile o l'handicap, presenta al Tribunale una istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. In pratica, è una fase preliminare rispetto alla "causa" vera e propria, in cui la parte attrice richiede una CTU preventiva per la conciliazione della controversia.
Il Giudice nomina quindi il CTU, che provvede ad elaborare la propria relazione peritale e, prima di depositarla, tenta la conciliazione fra le due parti.
Il Giudice non procede alla causa previdenziale vera e propria se rileva che non è stata presentata l’istanza o non è stato completato l’accertamento tecnico preventivo, concedendo un termine massimo di ulteriori 15 giorni di tempo per l'ademipmento.
Concluse le operazioni di CTU preliminare, il Giudice emana un decreto in cui fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le parti, attrice (il Cittadino) e convenuta (l'INPS), sono tenute a dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del CTU od accettarle.
In assenza di contestazione, il Giudice, decorsi trenta giorni, omologa con proprio decreto l’accertamento del requisito sanitario presentato nella relazione del consulente.
Tale decreto è inappellabile, cioè non si possono più presentare ulteriori ricorsi. L'INPS provvede, dopo la verifica dei requisiti non sanitari, cioè amministrativi, al pagamento delle somme dovute, entro 120 giorni.
Viceversa, nei casi di mancato accordo, la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso lo stesso Giudice, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
La successiva sentenza – secondo quanto previsto dal Decreto Legge 98/2011 – è inappellabile e questa limitazione ad un solo grado di giudizio appare discutibile, perchè stravolge le consuete procedure del nostro Diritto.
Le nuove disposizioni dovrebbero entrare in vigore dal primo gennaio 2012. Non è tuttavia specificato se riguarderanno anche i ricorsi già depositati oppure solo quelli presentati in seguito a tale data.