Benzodiazepine sospensione dipendenza.

Benzodiazepine: dalla dipendenza alla libertà terapeutica

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Dr. Stefano Ardenghi Medico di medicina generale, Medico di base, Microbiologo, Perfezionato in medicine non convenzionali

Sebbene le benzodiazepine possano offrire un valido supporto per ansia e insonnia, il loro utilizzo è consigliato solo per brevi periodi.

Tuttavia, un uso prolungato di questi farmaci può rivelarsi una trappola silenziosa per il corpo umano.

Questo fenomeno ha assunto dimensioni preoccupanti in Italia e nel mondo.

Il fenomeno in numeri: una dipendenza silenziosa

Il consumo di benzodiazepine in Italia ha raggiunto livelli preoccupanti, posizionandoci tra i Paesi europei con il più alto tasso di utilizzo in Europa:

  • Circa il 10-15% della popolazione adulta (6-8 milioni di italiani) ne fa uso regolare
  • Nella fascia over 65, il consumo sale drammaticamente al 30-40%, spesso protratto per anni
  • Secondo i dati AIFA del 2022, vengono vendute annualmente 30 milioni di confezioni di questi farmaci
  • Lorazepam, alprazolam e zolpidem sono i principi attivi più frequentemente prescritti

La situazione non è meno preoccupante a livello mondiale. Se nei Paesi nordici il consumo è inferiore del 30-50% rispetto all'Italia, invece in Spagna e Portogallo i tassi sono simili ai nostri.

Negli Stati Uniti, il 12,5% degli adulti ha utilizzato benzodiazepine nell'ultimo anno, e questi farmaci sono coinvolti nel 30% delle overdosi fatali, spesso in combinazione con oppioidi.

Anche in Asia e Sud America si registra un incremento significativo, con il Brasile che ha visto un aumento del 25% negli ultimi cinque anni.

Un dato inquietante è che il 70% delle prescrizioni è destinato a un uso cronico, nonostante le linee guida raccomandino trattamenti di durata inferiore a 4 settimane.

Perché ridurre le benzodiazepine?

Spesso, chi inizia a utilizzare questi farmaci non considera che possano trasformarsi in compagni di vita.

Una soluzione temporanea può evolvere in una dipendenza insidiosa, accompagnata da sintomi di astinenza alla sospensione.

Negli anziani, possono aumentare il rischio di cadute e fratture, e le conseguenze possono essere davvero gravi. In tutti i pazienti, l'intossicazione cronica di benzodiazepine causa nebbia cognitiva, problemi di memoria e sonnolenza diurna, compromettendo la lucidità mentale e la qualità della vita quotidiana.

Molti studi recenti hanno inoltre evidenziato correlazioni preoccupanti tra l'uso prolungato di benzodiazepine e un aumentato rischio di declino cognitivo, con possibili collegamenti all'insorgenza precoce di demenza.

Come liberarsi in sicurezza

Esiste una via d'uscita. Per chi assume benzodiazepine da più di quattro settimane, è opportuno considerare un percorso di riduzione graduale, noto come deprescrizione.

Il primo passo è un dialogo aperto con il medico per valutare benefici e rischi attuali.

La regola d'oro? Gradualità.

Nel protocollo clinico, si suggerisce una riduzione del 25% della dose ogni due settimane. Nelle fasi finali, quando il corpo diventa più sensibile, è meglio rallentare ulteriormente (12,5% per volta).

La scienza ha dimostrato che un approccio troppo rapido aumenta significativamente il rischio di sintomi da astinenza intensi, mentre una riduzione graduale e personalizzata può portare a tassi di successo molto più elevati, fino all'80% in alcuni studi clinici.

Alternative naturali a supporto

La deprescrizione va accompagnata da strumenti alternativi efficaci:

  • La terapia cognitivo-comportamentale per l'insonnia offre risultati duraturi senza effetti collaterali. Gli studi mostrano un'efficacia del 70-80% nel migliorare la qualità e la durata del sonno.
  • L'igiene del sonno: orari regolari, ambiente confortevole, limitazione di stimolanti serali e creazione di rituali rilassanti.
  • Tecniche di respirazione, mindfulness e meditazione per calmare il sistema nervoso, con effetti misurabili sulla riduzione dell'ansia.

Queste alternative non sono semplici palliativi, ma potenti strumenti terapeutici validati dalla ricerca scientifica più recente.

Cosa aspettarsi durante la riduzione

Durante questo percorso, il paziente potrebbe sperimentare insonnia temporanea, nervosismo o irritabilità. Sono segnali di un cervello che sta ritrovando il suo equilibrio naturale, generalmente transitori.

Guarda il video: Disturbi del sonno e insonnia: cause, sintomi e rimedi per dormire meglio

Se il disagio diventa eccessivo, rallentare il ritmo non è un fallimento, ma un saggio adattamento del percorso alle esigenze individuali del paziente. La flessibilità rappresenta una componente essenziale del successo terapeutico.

I benefici della deprescrizione

Chi completa con successo la deprescrizione spesso sperimenta una vera rinascita: mente più chiara, pensieri più fluidi, energia stabile durante il giorno. Per gli anziani, anche una significativa riduzione del rischio di cadute, che rappresenta un guadagno inestimabile in termini di autonomia e qualità della vita.

Studi longitudinali hanno dimostrato che, a sei mesi dalla completa sospensione, i pazienti mostrano miglioramenti significativi nelle funzioni cognitive, nella qualità del sonno e nel benessere psicologico generale.

Un consiglio importante

La riflessione sul rapporto con questi farmaci deve portare a un dialogo costruttivo con il proprio medico. La deprescrizione non è adatta a tutti e deve sempre avvenire sotto controllo medico.

Non si deve mai modificare autonomamente la terapia. Il viaggio verso la libertà dalle benzodiazepine non è una corsa, ma un cammino verso l'equilibrio naturale.

Fonti

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Data pubblicazione: 10 aprile 2025

7 commenti

#1
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Utente 710XXX

Buonasera, assumo 40 gocce di Delorazepam (20 + 20) da ormai 15 anni e NON ho nessun tipo di problema cognitivo. Tra l'altro, funziona ancora molto bene su ansia e insonnia, quindi non vedo perchè dovrei ridurlo o addirittura sospenderlo. L'associazione "benzodiazepine-demenza" è tutt'altro che una certezza, quindi preferisco continuare a tenermi questo compagno per il resto della vita. Non bisogna MAI generalizzare!

#2
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Dr. Stefano Ardenghi

Gentile lettore,
Grazie per aver condiviso la sua esperienza. Ha sollevato un punto molto importante: ogni persona è diversa e risponde in modo unico ai trattamenti farmacologici.
È vero che alcuni pazienti, come lei, possono assumere benzodiazepine a lungo termine senza manifestare problemi cognitivi evidenti o sviluppare tolleranza. Questo è certamente possibile e la ricerca mostra che esiste una variabilità individuale significativa nella risposta a questi farmaci.
Quando parlo di deprescrizione, non intendo suggerire che sia la scelta giusta per tutti. Come giustamente sottolinea, non bisogna mai generalizzare. Il mio obiettivo è fornire informazioni basate sulle evidenze scientifiche più recenti per chi desidera esplorare alternative o ha iniziato a notare effetti collaterali.
Riguardo all'associazione benzodiazepine-demenza, ha ragione nel dire che non è una certezza assoluta. Gli studi mostrano correlazioni, ma come sappiamo, correlazione non significa necessariamente causalità, e la ricerca in questo campo è in continua evoluzione.
Se la sua qualità di vita è buona e lei e il suo medico siete soddisfatti dell'attuale regime terapeutico, è perfettamente legittimo continuare. La medicina personalizzata riconosce che il trattamento migliore è quello che funziona per il paziente specifico, considerando il rapporto rischio-beneficio individuale.
La ringrazio per aver condiviso il suo punto di vista, che arricchisce la discussione e offre una prospettiva importante per gli altri lettori.
Cordiali saluti,
Dr. Stefano Ardenghi

#4
Foto profilo Dr. Stefano Ardenghi
Dr. Stefano Ardenghi

Gentile lettore,
Grazie per aver condiviso questo interessante articolo di Nardi e Quagliato sul trattamento a lungo termine con benzodiazepine.
La questione che solleva è cruciale: esiste effettivamente il rischio che un eccesso di cautela possa privare alcuni pazienti di un trattamento potenzialmente molto efficace. Questo dibattito è vivo nella comunità medica, e non esistono risposte semplici o universali.
Devo però sottolineare che, come medico con oltre venticinque anni di esperienza, osservo quotidianamente una prescrizione e un uso sconsiderato di tali farmaci. Questo utilizzo prolungato e spesso inappropriato si associa proprio ai problemi che ho evidenziato nell'articolo: dipendenza, deficit cognitivi, rischio aumentato di cadute negli anziani e difficoltà significative nella sospensione.
Ben diversa è la situazione quando la prescrizione avviene sotto stretta indicazione medica, meglio se specialistica, e per casi attentamente selezionati. In questi contesti, dopo un'accurata valutazione del rapporto rischio-beneficio e con un monitoraggio regolare, le benzodiazepine possono effettivamente rappresentare un'opzione terapeutica valida anche nel lungo periodo per alcuni pazienti con disturbi d'ansia severi o resistenti ad altre terapie.
La mia posizione riflette un equilibrio tra evidenze contrastanti. La chiave sta nella personalizzazione: le benzodiazepine non andrebbero né demonizzate né prescritte indiscriminatamente. La medicina deve evitare posizioni dogmatiche sia in un senso che nell'altro.
Il mio articolo riflette preoccupazioni legittime basate su dati epidemiologici italiani e sulla mia esperienza clinica, ma ciò non significa escludere che per alcuni pazienti le benzodiazepine possano essere una scelta appropriata anche nel lungo termine.
La chiave sta sempre nel buon senso. Ogni paziente dovrebbe confrontarsi col proprio medico sulla reale necessità dei farmaci e dei dosaggi appropriati. La cura non è qualcosa di standard ma va altamente personalizzata con precisione. Se così fosse si eviterebbe di avere l'epidemia di abuso di farmaci che al momento si verifica nel nostro e altri Paesi.
Cordiali saluti,
Dr. Stefano Ardenghi

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