Il "quarto farmaco" contro il Coronavirus
La virulenza del Coronavirus sta diminuendo, come dimostra l’abbattimento percentuale del numero di malati gravi e deceduti rispetto ai pazienti contagiati. Questo fenomeno è ragionevolmente attribuibile alla capacità, insita nel nostro sistema immunitario, di riconoscere questo virus e di combatterlo con gli anticorpi.
In altre parole, ringraziando il Cielo abbiamo finalmente in vista un’efficace arma naturale contro il Coronavirus: gli anticorpi presenti nel sangue di pazienti asintomatici guariti.
Sotto forma di plasma raccolto da pazienti asintomatici guariti, questi anticorpi stanno già avendo un impiego terapeutico sperimentale in Cina e in centri italiani, come il San Matteo di Pavia.
Per essere effettivamente impiegati in medicina, essi andrebbero prodotti in mammiferi diversi dall’uomo, così da poterli raccogliere nelle quantità richieste per un impiego su larga scala.
È vero che gli anticorpi naturali hanno dei limiti, rappresentati principalmente dal rischio di reazioni anafilattiche, ma l’esperienza maturata col “siero antitetanico” suggerisce che anche nel caso del Coronavirus il rapporto rischio/beneficio possa essere accettabile.
La ricerca di anticorpi contro il Coronavirus è attualmente perseguita a livello mondiale puntando su anticorpi monoclonali, che sono prodotti in vitro con tecniche di ingegneria genetica.
Rispetto a quelli prodotti in vivo, essi hanno il vantaggio di essere brevettabili, così da consentire il recupero delle considerevoli somme richieste per la loro Ricerca e il loro Sviluppo (R&D).
Per contro, l’esperienza fin qui maturata in malattie virali e non virali indica l’esistenza di una loro tossicità intrinseca, difficile da eliminare.
Sotto questo profilo il “Quarto farmaco”, come Silvio Garattini ha chiamato gli anticorpi naturali contro il Coronavirus, ha lo svantaggio di non essere brevettabile ma, in base all’esperienza maturata in altre malattie come il tetano, ne lascia ragionevolmente supporre una maggiore sicurezza d’impiego.
Il quarto farmaco merita, pertanto, di essere sostenuto e perseguito più attivamente di quanto avvenga attualmente. Lo merita non in alternativa, ma a complemento della terapia vaccinale che, per la maggiore latenza degli effetti, si presta a un impiego più preventivo, che curativo.