Il glifosfato non è più cancerogeno?

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Dr. Riccardo Ferrero Leone Perfezionato in medicine non convenzionali, Medico di medicina generale

La comunità scientifica continua a dividersi, da un lato l’ Ente europeo per la sicurezza alimentare (EFSA) e dall’altro l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC).

Il primo, l’Efsa, oggi ha contraddetto i dati riportati dallo Iarc ad aprile scorso sulla probabile cancerogenicità del glifosfato, l’erbicida più utilizzato in Italia e nel mondo presente in centinaia di prodotti per l’agricoltura...

In realtà del glifosfato esiste già una dose massima consentita che può essere ingerita senza rischi per la salute, cioè 0,5 milligrammi per chilo di peso corporeo al dì, ma... come si fa a misurarlo?

Gli alimenti forse riportano in etichetta la quantità del diserbante per unità di prodotto edibile?

Va da se che imporre un limite quantitativo per una sostanza chimica significa dichiararne comunque un certo grado di tossicità; infatti oltre ad essere dannoso per gli operatori agricoli questo diserbante passa in quantità negli alimenti che arrivano sulla nostra tavola.

Chi avrà ragione? 

Sembrerebbe che lo Iarc sia stato impreciso nelle valutazioni, poco selettivo, analizzando diserbanti che contengono anche il glifosfato e sicuramente cancerogeni; l’Efsa all’opposto ha studiato solamente il glifosfato ridimensionando il potenziale danno sulla salute umana (linfoma non Hodgkin, malattie neurodegenerative e danni al DNA).

Il glifosfato è un erbicida non selettivo, là dove distribuito uccide ogni pianta, infestante o meno; autorizzato nei paesi dove sono diffuse le coltivazioni OGM in Italia al momento è consentito solo prima della semina.

Il prodotto agricolo italiano ha quindi una percentuale del diserbante molto bassa, cosa che non si può dire per molti prodotti agricoli d’importazione; entro fine anno comunque l'Europa dovrà decidere se consentire o meno l’utilizzo futuro del diserbante, staremo a vedere quali saranno le conclusioni... speriamo sempre e comunque nell’interesse e per la tutela della salute di tutti!

 

Data pubblicazione: 12 novembre 2015

3 commenti

#1
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Utente 112XXX

L'articolo sfiora un argomento molto importante: l'approccio alla valutazione della pericolosità delle varie sostanze usate in agricoltura (e non solo). E' più importante testare la pericolosità di ogni sostanza presa singolarmente o di un certo prodotto che contiene diverse sostanze? Il dato sulla sostanza singola è senz'altro importante e utile, ma dato che poi nella pratica vengono usati prodotti che contengono varie sostanze, non ci si può basare solo sui dati delle sostanze singole, perché si perderebbero di vista le interazioni tra di esse, che possono causare effetti anche molto peggiori di quelli che le singole sostanze produrrebbero.
Da quanto mi dicono amici che lavorano nel settore agricolo, la legge pone limiti per le concentrazioni delle singole sostanze. Ma, in un certo vegetale che si trova al mercato, normalmente non c'è una sola sostanza, ce n'è un miscuglio. Magari la quantità x di A non fa male, la quantità y di B non fa male, ma x di A e y di B messe insieme fanno male.
Comunque, anche non considerando gli effetti diretti sulla salute dell'uomo, gli erbicidi hanno effetti devastanti sull'ambiente, avvelenano la terra e l'acqua, per cui sarebbe auspicabile una riduzione nel loro utilizzo. Basta fare un giro nelle nostre campagne e fare attenzione alla presenza di strisce d'erba giallognola-marrone attorno ai campi, indice dell'uso di erbicida, per rendersi conto di quanto sia indiscriminato il loro uso.

#2
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Dr. Riccardo Ferrero Leone

Gentile Utente, sono perfettamente d'accordo su quanto afferma; purtroppo il confine fra attenzione alla salute ed interessi commerciali in casi come questo è molto sfumato.

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