Non più "pazienti": si chiameranno "persone assistite"

luigilaino
Dr. Luigi Laino Dermatologo

È la decisione della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri: dopo lungo dibattito, nel computo del nuovo Codice deontologico che è stato inoltrato ai singoli Ordini professionali, spicca la cancellazione del termine Paziente, che lascia il posto alla nuova definizione di "Persona assistita".

E' - seppure solo in termini - una rivoluzione: la traslazione di un'identità presso la quale ciascuno di noi ha racchiuso da sempre la propria percezione di quel cruciale rapporto fra il Medico, ovvero la Persona che cura, ed il Paziente, ovvero la Persona che riceve le cure.

Al di la' delle preferenze personali, che a mio avviso detengono scarso valore, è utile soffermarsi sul potere di un termine identificativo che di sicuro potrà cambiare i moduli di un consenso informato, le cartelle cliniche, i singoli atti burocratici (sempre più frequenti e purtroppo necessari), ma di certo non potrà sostituire né variare ciò che di intrinseco ed elaborato, gira attorno al rapporto fra due persone, il Medico e il Malato, che - almeno per come è nato migliaia di anni fa - deve conservare i medesimi ruoli e le medesime aspettative che la nostra natura ci ha imposto.

Personalmente non mi sono mai chiesto se il termine "Paziente" fosse esaustivo dell'identificazione di persona "malata", o più semplicemente, "bisognosa di un aiuto Medico", non l'ho fatto nemmeno quando è capitato che il "paziente"... fossi io.

Per me il Paziente è e resterà, non solo la persona assistita, ma - a prescindere dalla fase temporale nella quale tale figura necessiti di assistenza - una Persona.

Un "mio paziente", almeno per quello che ho imparato nella mia vita professionale, può diventare durante, o consecutivamente, o distanza dal mio Atto Medico, un "mio Conoscente" o come sovente accade "un mio Amico". È credo che valga anche per lo stesso Paziente, il quale potrebbe vedere il proprio medico, come il "proprio confidente" o la "persona di fiducia" e perché no "il proprio Amico".

Una "Persona assistita" non mi farà mai diventare solo una "Persona che assiste" poiché il rapporto Medico-Paziente e' qualcosa che - almeno potenzialmente - deve avere la possibilità di mutare, di continuare e di divenire, anche dopo un singolo Atto Medico.

Nessuno potrà limitare - nemmeno cambiando un nome (e sono pur certo che la nuova identificazione che rispetto e accetterò, sia nata per fondamentali necessità sociali, sanitarie e medico-legali) questa Libertà.

La nuova terminologia (comunque bella nel suo insieme) sarà - per quanto mi compete - accettata di buon grado solo nella forma, ma non certo nella sostanza, semplicemente perchè, a mio avviso, di medesima sostanza, si parla.

 

Fonte:
http://www.corriere.it/salute/13_agosto_21/parola-paziente-cancellata-assistito_60e8a8fe-0a34-11e3-b366-05f9348e8c80.shtml

 

Data pubblicazione: 22 agosto 2013

17 commenti

#1
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Psicologo

Cosa pensa del fatto che nei Paesi anglosassoni le persone assistite vengono definite "utenti" e, specialmente nel campo della salute mentale, vengono coinvolte attivamente nella pianificazione del proprio percorso di cura?

#2
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Dr. Luigi Laino

Utenti e' un termine non solo anglosassone ma correntemente utilizzato nelle nostre aziende ospedaliere.
Cosa intende per "vengono coinvolte attivamente nel percorso di cura"?
In Italia, il paziente deve essere consapevolmente informato e deve consapevolmente prendere coscienza dell'iter terapeutico proposto, del motivo per il quale esso viene consigliato e delle alternative terapeutiche possibili.
Ovviamente nel rispetto dei ruoli di medico e di paziente...pardon..persona assistita!

#3
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Psicologo

In certi casi l'utente diventa quasi un "consulente" del medico riguardo al proprio trattamento, cosa che ne rafforza l'autostima e le abilità sociali.
La sua esperienza personale come utente viene tenuta in considerazione dal Servizio Sanitario per apportare eventuali miglioramenti alle prestazioni sanitarie nel loro complesso.

#4
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Dr. Luigi Laino

La seconda parte del suo scritto e' per mia esperienza diretta, contemplata nelle principali aziende ospedaliere ove il paziente ha diversi accessi (diretti, telematici) per esprimere il proprio parere: le segnalazioni sono sempre prese in considerazione e la direzione sanitaria informa il singolo dirigente responsabile delle comunicazioni di eventuali disservizi e richieste di miglioramenti: il tutto viene computato e catalogato e in caso di reiterazione dei disservizi, affrontato.

Non compendo invece come un paziente possa - più di quanto non venga fatto correntemente in Italia (consapevolezza del paziente, informativa sulle cure e sulle alternative, modulazione della terapia in base alla compliance - ovvero aderenza dello stesso alle terapie) influire su una cura..

Forse in Italia si parla e guarda troppo all'estero e si apprezza meno quanto di buono si compie per il serivizi sanitari, che tuttavia rimangono ampiamente perfezionabili

#5

Caro Luigi,
condivido quanto dici, ma io continuerò a indicare il paziente con il termine di paziente.
Non credo che l' Ordine dei Medici si renderà ridicolo più di quanto lo è per molti aspetti, comminando sanzioni per chi usa tale termine che forse finirà per essere considerata una parola offensiva.

Un caro saluto
Giovanni

#6
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Dr.ssa Chiara Lestuzzi

Secondo me il termine "utente" sarebbe più appropriato, per ricordare ad alcuni colleghi che siamo noi al servizio dei malati e non viceversa.
Penso a quei medici che diagnosticano "malattie" inesistenti, prescrivono esami inutili (fatti da loro o da loro amici in attività privata), o ricoveri e/o controlli periodici del tutto superflui (talvolta non per incassare direttamente soldi ma solo per giustificare l'esistenza del reparto che dirigono).

#7
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Dr. Nicola Mascotti

Il termine "assistito" a mio parere è il più corretto per indicare la persona che si ha in cura, e da oltre dieci anni evito i termini "utente" e "paziente", che considero non appropriti a definire il rapporto fra medico ed, apputo, assistito.
La derivazione da "ad-sistere", ovvero in latino "stare vicino" corrisponde all'unità che dovrebbe crearsi fra il medico e la persona che viene curata, con l'obiettivo di ottenere e mantenere il migliore stato di salute.
:-)(-:

#8
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Dr.ssa Angela Pileci

Caro Nicola, in effetti ciò che sostieni è anche in linea con la definizione che l'OMS dà di salute come "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia", quindi mi pare più corretto da un punto di vista semantico il termine "assistito" piuttosto che quello improprio di "paziente".
Buona giornata a tutti!

#9

Non mi pare poi una grossa novità nè il risultato di una ricerca acuta di miglior "semantica". I pazienti dei medici di base vengono definiti "assistiti" da almeno 40 anni.

#10
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Dr. Salvo Catania

Il nostro ineffabile e inutile Ordine dei Medici, dopo anni di discussioni ha finalmente partorito un topolino confuso e obsoleto.

Topolino confuso, perché l’Ordine nonostante anni di discussioni confonde ancora la deontologia con l’etica professionale e soprattutto perché ritiene che il termine “paziente” sia da considerare brutto perché farebbe pensare " che ci vuole tanta pazienza per sopportare la nostra classe medica (che poi è vero !)".

Ma si dà il caso che il termine non deriva da “pazientare”, bensì da “patire” (dal latino patio) di cui è il participio presente con il significato "che qualcuno sta soffrendo”. La parola che il codice abolisce ha una radice che ne cambia il significato rispetto a quello comunemente attribuito. Viene da patiens, participio presente del verbo latino patio , che vuol dire soffrire o sopportare. Dunque si accompagna non al concetto dell’attesa ma a quello CORRETTISSIMO del patimento.

Topolino quanto mai obsoleto perché “ persona assistita” ci fa ripiombare indietro nel pieno del canone ippocratico, secondo il quale, coerentemente all’assunto che esistesse una identificazione assoluta tra salute, bellezza e moralità, il malato veniva considerato non solo brutto, ma sminuito della capacità di potersi prendere cura di sé stesso....e per questo andrebbe assistito.

Un bel lavoro non c’è che dire !!

#13
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Dr. Luigi Laino

Ineccepibile l'analisi di Salvo
E' incredibile come si sia persa nel gergo corrente l'etimologia reale di questo termine assolutamente idoneo ed invece cassato.

#14
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Dr. Salvo Catania

Ma forse sarebbe il caso di informare il nostro inutile Ordine dei Medici che Il termine paziente si è conservato simile in moltissime lingue. In inglese (patient), francese (patient), tedesco (Patient), olandese (patiënt) e danese (patient) la parola è sostanzialmente identica. Mentre in spagnolo e portoghese si dice paciente. Altre e numerose altre lingue usano termini comunque molto simili a questi: pacient (ceco), pacjent (polacco)...

Nella patria della lingua latina invece il patiens lo vorremmo declassare a "persona assistita"?

Non ho parole !!

#15
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Dr. Giovanni Migliaccio

Io sto continuando a usare il termine <paziente> sia a voce che per iscritto (documenti,cartelle cliniche, certificati ecc.)
Aspetto con ansia e curiosità una sanzione dell'Ordine o, andando di questo passo, magari una querela per diffamazione da parte dell'<utente assistito>

#16
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Dr.ssa Chiara Lestuzzi

Ho incontrato per caso una collega che fa parte della commissione. Ha edtto che la notizia è una bufala!
In realtà stanno discutendo se e come cambiare il termine (nell'ottica che i medici non si occupano solo di pazient -malati- ma anche di persone sane, per la prevenzione) e comunque questa era solo UNA delle proposte. Forse la De Bac ha portato fuori a cena qualcuno estorcendogli un' informazione cher poi è diventata "notizia".

#17
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Dr. Giovanni Migliaccio

Scusa Chiara, è un bufala (cioè la notizia non è vera)mentre è vero che i componenti la commissione stanno discutendo come cambiare il termine, immagino profondendo grande impegno culturale.
Qual'è la differenza?

E cha senso ha, quale reale vantaggio c'è nel creare due categorie di persone,cioè da una parte quelli verso cui si fa prevenzione denominandole <persone assistite> (fin tanto che non sviluppano la patologia) e dall'altra definendoli <pazienti> o <utenti> (tipo Enel) quando sono o saranno malati?

Ma non abbiamo nulla di più serio di cui occuparci?

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