Medici ospedalieri: più lavoro burocratico, sempre meno tempo per i pazienti

e.conti
Dr. Enrico Conti Urologo, Endocrinologo, Chirurgo generale, Andrologo

L’attività dei Medici degli ospedali è oggi gravata in maniera crescente da nuove modalità di lavoro di tipo burocratico. Basti pensare che ad ogni prestazione sanitaria effettuata (sia essa una operazione, un ricovero, una TAC o una visita), corrisponde un equivalente  in moneta, stabilito da appositi prezzari regionali, che viene restituito dopo un sistema di computo molto complesso ai reparti “erogatori” delle prestazioni effettuate, sotto forma di finanziamenti per continuare a vivere ed erogare prestazioni.

Più la struttura è attiva, più prestazioni eroga, più finanziamenti riceve. E’ intuitivo che un cattivo sistema di raccolta e registrazione delle attività sanitarie effettuate comporta una equivalente riduzione delle risorse economiche su cui il reparto potrà contare per continuare a fornire prestazioni, quindi i medici sono diventati  molto sensibili al problema dell’ottenimento di un computo realistico delle attività da loro svolte. Questo sistema, ormai in vigore da anni,  è stato pensato e messo in atto per porre rimedio innanzitutto al problema della gestione delle risorse economiche per gli ospedali con il meccanismo del cosiddetto rimborso “a piè di lista” padre di  sprechi e ruberie storici e di una lievitazione geometrica delle spese.

Il lavoro di monetizzazione delle prestazioni sanitarie consiste nel trasformare in  numeri primi una serie di concetti squisitamente medici (quadri clinici, terapie erogate, complicazioni, fattori avversi ecc.), ovvero rendere oggettivo e computabile  (e quindi monetizzabile in modo standard) un fatto molto spesso complesso come la storia medica di un singolo paziente. Riuscire a monetizzare bene il ricovero di un paziente, magari gravato da complicanze che ne hanno allungato la degenza con relativi costi, è diventato un fatto di importanza strategica, tanto che oggi  un obiettivo fondamentale di ogni reparto ospedaliero è quello di riuscire a tradurre bene in numeri (e quindi in denari) il resoconto della propria attività.  L’importanza di questo argomento è tale che quasi tutti gli ospedali hanno tenuto dei corsi per permettere ai propri medici di ottimizzare la compilazione della modulistica necessaria (Schede di Dimissione, lettere di dimissione, referti), fornendo gli operatori del software necessario all’espletamento di questa vitale documentazione. Questo meccanismo è uniformante applicato, sia per gli ospedali pubblici che per quelli privati finanziati dalle regioni  ed è entrato stabilmente nel novero delle attività sanitarie, costituendo oggi una parte rilevante della attività quotidiana dei medici.

Questo sistema, basato sulla raccolta di una enorme mole di dati, è mutuato dai concetti operativi della industria, in cui gli indicatori di base  per definire la redditività sono la bontà del prodotto, l’impiego ottimale delle linee di produzione, la gestione delle scorte eccetera. Un grande limite di questo sistema è che è difficile applicare analoghi criteri sulla redditività di una produzione di tappi, cioccolatini o biciclette (che sono per definizione tutti uguali), a processi più complessi come quelli costituiti dagli atti necessari a restituire la salute alle persone, in cui la redditività è un concetto virtuale.

La notevole quantità di variabili in gioco nella descrizione degli atti sanitari, sta trasformando l’attività medica in un complicato Monopoli in cui sempre più ore al giorno sono dedicate a “guadagnare” rimborsi per le prestazioni effettuate, attraverso un lavoro fatto a tavolino davanti ad un personal computer, mentre diminuisce drammaticamente il tempo dedicato alla cura del “prodotto” (cioè il malato!). Certamente la necessità di erogare prestazioni sanitarie di un livello standard per qualità e costo, così come ridurre le possibilità di errore medico è una necessità oggi ineludibile, ma bisogna profondamente riflettere sull’efficacia di un meccanismo che pretende di perseguire questi obiettivi allontanando sempre di più i medici dai pazienti.

Data pubblicazione: 03 settembre 2011

3 commenti

#1
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Utente 221XXX

Buonasera. Concordo assolutamente con lei. Lavoro all'A.O.U. "Maggiore della Carità" di Novara e mi occupo dell'elaborazione dei dati sanitari (ricoveri, ambulatori, pronto soccorso, farmaci...). Purtroppo sembra un vicolo cieco, i continui tagli richiedono un'ottimizzazione che va a discapito del paziente (vedi nuove norme sul ticket) e del medico che passa più tempo a codificare le cartelle cliniche piuttosto che dedicarsi al giuramento di Ippocrate.

#2
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Dr. Enrico Conti

La ringrazio per il commento. E' interessante sentire una opinione concordante da parte di chi lavora accanto ai medici e conosce bene i meccanismi del loro lavoro. Purtroppo la nostra categoria è troppo eterogenea quanto a interessi e standard di preparazione per poter far sentire la propria voce su questi importanti argomenti: su di essa si applica molto bene il cesariano "divide et impera" e le attuali condizioni di lavoro ne sono una prova. Cordiali saluti

#3

Caro collega concordo pienamente con te. Oggi sembra che il problema maggiore dell'atto clinico sia il mettere le firme ed i timbri al posto giusto. Nell'Azienda di Busto Arsizio, dove lavoro, siamo arrivati al parossismo. Mi sono accorto che cercando di ottemperare ai doveri burocratici alla fine il paziente viene perso completamente di vista. Ma quanto mi scandalizza è che i primari non obiettino ad ogni nuova trovata degli amministrativi i quali sembrano caricare di medici di orpelli che loro stessi si guarderebbero bene dal fare (giusto per parafrasare il Vangelo).
Per la compilazione di una cartella di un singolo paziente ora servono in media almeno 8 timbri con relativa firma, data ed ora (si anche l'ora è fondamentale). In sala operatoria hanno creato il cosiddetto time-out (non capisco cosa c'entri la parola inglese) per il quale, nella mente del nostro fervido burocrate d'ufficio, tutti i medici ed infermieri operanti (ma è mai stato in una sala operatoria il geniale inventore?) smetterebbero di lavorare, come nella partita di basket, andando al letto dell'operando per compilare, all'unisono, un foglio fronte e retro con la firma di tutti quanti per il riconoscimento del paziente, della parte malata e di tutto il resto. Mi rendo conto che spesso l'intento è nobile ma queste procedure diventano un ostacolo al corretto svolgimento del lavoro. Il time-out viene regolarmente firmato a turno in tempi diversi spesso anche dopo l'intervento (proprio il contrario di quanto si era prefisssato il "legislatore") perchè il personale di sala non solo deve lavorare ma è perennemente sottoorganico. Ma come il time-out ne esistono decine di procedure che con l'atto propriamente medico hanno poco a che fare.
Tra l'altro tutto questo espletamento burocratico, oltre a NON garantire un maggiore qualità comporta dei costi enormi in tempo (quindi in danaro).
L'ultima risale a pochi giorni addietro. Ora per il consenso sui minori richiedono la firma di entrambi i genitori anche se regolarmente sposati. La Cassazione in passato si è espressa dicendo che questo non sarebbe necessario. La firma di entrambi i genitori richiede la loro presenza. Spesso lavorano entrambi, quindi si tratta di 2 permessi orari. Tenendo conto che nella routine il prericovero porta via almeno una mattinata di lavoro. La presenza di entrambi i genitori "ruba" circa 12 ore di lavoro alla collettività (faccio questi calcoli poichè i burocrati agiscono in genere in nome di sua maestà l'Economia). Se si tratta di operai (costo medio di 1 ora, 25 euro) parliamo di 300 euro. Se di quadri o di dirigenti molto di più.
Scusate questo mio amaro sfogo, ma sono convinto che qui si perda di vista la salute in favore di un qualcosa d'altro. Se si investisse di più nella formazione interiore, quella morale, del personale sanitario tutte queste "cartacce" non servirebbero.

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