La matematica dell'epidemia Coronavirus: unica luce per uscire dal tunnel di ignoranza e di paura
La matematica dell’epidemia ai tempi del Coronavirus
In questa epoca di ignoranza e di paura delle malattie, a causa della scarsa informazione e formazione garantita dal nostro sistema scolastico, l’epidemia di Coronavirus ha scatenato ondate di panico e comportamenti assolutamente non civili e non degni di un Paese ricco di umanità e cultura come l’Italia.
La scintilla dell’Illuminismo e quella della Ragione hanno avuto origine proprio in Europa e soprattutto in Italia, regalando a tutto il mondo gli strumenti per uscire dai Secoli bui e superare terrori e credenze ancestrali. Sarebbe bene, dunque, che tutti gli italiani ricordino di essere figli di una Nazione che è stata la culla del Rinascimento e dunque terra di eccelsi geni in arti e in scienze.
Oggi la matematica ci viene in aiuto e, come la lampada di Diogene, ci offre la luce per individuare il nostro percorso per uscire dal buio del caos che sembra sommergerci in questo marasma sociale provocato dall’epidemia del Coronavirus.
In questo senso vi segnalo il bell’articolo pubblicato da Paolo Giordano sul Corriere.
Questo articolo spiega molto bene, con il gioco delle biglie, l’esigenza assoluta di mantenere l’indice di contagiosità R0 (erre con zero) al di sotto del valore di 1 e su questo non mi soffermo.
Lo stress del SSN e i posti letto insufficienti
Da medico mi limito ad aggiungere che questa esigenza di ridurre a tutti i costi il numero dei contagiati, da diversi italiani non compresa o addirittura irrisa, ha fondamenti altrettanto assolutamente razionali, addirittura matematici che si correlano direttamente alla capacità di tenuta del nostro attuale SSN.
Per quanto il nostro SSN sia uno dei migliori al mondo per qualità di cure e livello dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), nonchè per la sua diffusione su tutto il territorio nazionale, purtroppo soffre di un sotto-finanziamento cronico avendo di fatto costituito il bancomat per i politici nazionali e regionali degli ultimi 15 anni.
Il numero di posti letto è sceso a 3,2 per 1000 abitanti a fronte di una media europea di 4,6 nonostante il Ministero e i politici si ostinino a dichiarare un indice di 3,6 letti /1000 ab.
Questi tagli trasversali sulla Sanità hanno portato ad una riduzione drastica dei posti letto nei Reparti e al mantenimento di un loro numero assolutamente insufficiente nelle Terapie Intensive e nelle Rianimazioni, punto chiave di questo nostro ragionamento “matematico”.
Nel 2007 il Servizio Sanitario Nazionale poteva contare su 334 Dipartimenti di emergenza-Urgenza e 530 pronto soccorso.
Ebbene 10 anni dopo la dieta è stata drastica: 49 Dea sono stati tagliati (-14%) e 116 Pronto soccorso non ci sono più (-22%).
Se, come abbiamo visto, a livello di strutture c’è stato un vistoso calo, questo non si può dire effettivamente dei posti letto nei reparti collegati all’area dell’emergenza: nel 2017 il complesso degli istituti pubblici e privati accreditati dispone di 5.090 posti letto di terapia intensiva (8,42 per 100.000 ab.), 1.129 posti letto di terapia intensiva neonatale (2,46 per 1.000 nati vivi), e 2.601 posti letto per unità coronarica (4,30 per 100.000 ab.).
Numeri maggiori (fatte salve le unità coronariche) rispetto al 2007, certo, dove i reparti direttamente collegati all’area dell’emergenza disponevano di 4.392 posti letto di terapia intensiva (7,4 per 100.000 ab.), 1.052 posti letto di terapia intensiva neonatale (2 per 1.000 nati vivi), e 2.746 posti letto per unità coronarica (4,6 per 100.000 ab.).
Ma ancora assolutamente insufficienti viste le cronache ricorrenti di elicotteri e ambulanze rinviati da un Ospedale all’altro per mancanza di posti letto proprio nelle Terapie Intensive/Rianimazioni.
La Matematica applicata al SSN
Tornando alla Matematica dell’Epidemia e applicandola al nostro SSN il ragionamento è semplicissimo.
Nello stato attuale del nostro SSN l'improvviso arrivo in Ospedale di decine/centinaia di malati con distress respiratorio gravissimo con necessità di cure intensive metterebbe in ginocchio il nostro SSN.
Del resto, come accadrebbe a qualsiasi altro Sistema Sanitario Occidentale.
Ma il nostro è più esposto rispetto agli altri Paesi europei dato che, come abbiamo visto, i posti letto nei Reparti, ma anche nelle Rianimazioni e nelle Terapie Intensive non sono sufficienti.
Non resta dunque che ridurre al massimo la platea di contagiati lievi (80% che guarisce da solo a casa), di contagiati gravi (15% che richiede ricovero in Reparto normale) e, di conserva, quello dei contagiati gravissimi (5% circa) che necessitano, appunto, delle Terapie Intensive/Rianimazioni.
Dunque, la strada maestra è isolare a tutti i costi i contagiati e farli guarire lontano dagli altri, a casa possibilmente.
Riducendo drasticamente la platea dei contagiati totali si ridurrà anche il numero dei malati che richiederanno ricovero per il Coronavirus nei Reparti normali o, soprattutto, per l’aggravamento rapido delle altre malattie concomitanti pre-esistenti al contagio con il Coronavirus, del ricovero nelle Terapie Intensive/Rianimazioni.
Anche qui la matematica non è un’opinione: ogni anno in Italia muoiono di influenza stagionale “solo” 300-400 persone, ma sono circa 7500/10000 quelle che muoiono nella stagione dell’influenza per il peggioramento rapido delle altre malattie di cui erano già portatori.
Se il Coronavirus si espandesse liberamente come l’influenza stagionale il numero dei morti sarebbe fino a 25 volte superiore a quello della forma stagionale!
L’unico modo, dunque, per ridurre la mortalità del virus è da una parte circoscrivere i focolai e dall’altra isolare, possibilmente a casa, i contagiati tenendoli lontani dai sani in modo da portare l’indice di contagiosità R0 al di sotto di 1.
A questo punto l’epidemia si arresterà spontaneamente e il SSN potrà reggere all’impatto durissimo dei pazienti critici.
Ma ad una sola ed esclusiva condizione: che tutte le norme di contenimento vengano imposte e rispettate fino allo spegnimento totale dell’epidemia.
Se interrotte o alleggerite prima del tempo, l’indice di contagiosità R0 tornerebbe rapidamente a 2,6 e i malati gravi sommergerebbero i nostri Ospedali e la mortalità crescerebbe di conseguenza.
La luce per capire c’è, basta seguire Diogene... la matematica dell’Epidemia.
Appendice
Che cos’è R0 (ISS, 5 febbraio 2020)
Un parametro importante in un’epidemia di una malattia infettiva è il cosiddetto R0 ovvero il “numero di riproduzione di base” che rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente. Questo parametro misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva.
In altre parole, se l’R0 di una malattia infettiva è circa 2, significa che in media un singolo malato infetterà due persone. Quanto maggiore è il valore di R0 e tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’epidemia. Se invece il valore di R0 fosse inferiore ad 1 ciò significa che l’epidemia può essere contenuta.
Da quando l’epidemia del nuovo coronavirus (2019-nCoV) emerso in Cina ha cominciato a diffondersi e sono iniziati a circolare i dati sui primi casi confermati, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e numerosi istituti di ricerca di tutto il mondo hanno diffuso stime di R0 dell’infezione. Queste stime sono comprese tra 1,4 e 3,8 nelle aree colpite in questa prima fase di diffusione.
Perché R0 è così importante?
R0 è funzione della probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una persona infetta ed una suscettibile, del numero dei contatti della persona infetta e della durata dell’infettività questo ci dice che riducendo almeno uno dei tre parametri possiamo ridurre tale valore e quindi poter controllare, o almeno ritardare, la diffusione del patogeno ad altre persone.
La probabilità di trasmissione e la durata dell’infettività (senza un vaccino o un trattamento che riduca la viremia) non sono in questa fase modificabili ma, l’immediata diagnosi/identificazione della persona infetta, o di quella potenzialmente infettata, e la possibilità di ridurre i suoi contatti con altre persone permetterebbe una riduzione dell’R0.
In particolare, come sta avvenendo in Cina, anche le misure di allontanamento sociale (ad es. la sospensione di aggregazioni pubbliche e del trasporto) e la riduzione della trasmissione per contatto (ad es. mediante l’uso di misure di protezione personale da parte degli operatori sanitari) comporterebbero riduzioni del numero di riproduzione di base.