Malattia, ansia, medicina narrativa ai tempi del covid
Ascoltare il paziente
Nell’antichità Ippocrate dava una grande rilevanza all’ascolto della persona malata, anamnesi, ma questa pratica è andata scemando nella pratica medica. La burocrazia sanitaria, la medicina difensiva, il perfezionamento delle indagini cliniche, hanno portato, talora, il medico a trascurare questo atto fondamentale che è il dialogo con il paziente.
Ascoltare la storia della malattia, come è stata curata, i periodi di benessere, la vita quotidiana dei malati, valorizzarne le emozioni riconoscendogli il ruolo di persone, è diventato veramente importante. Oggi che la tecnologia facilita la diagnosi, l’empatia è diventata talvolta assente nel rapporto medico paziente. I dati della cartella clinica, hanno assestato un duro colpo alla relazione medico-paziente, non raccontano nulla delle emozioni, delle speranze, delle vite dei malati e delle loro famiglie, che vengono stravolte per sempre da una sentenza di malattia cronica.
Anche i medici e i sanitari che si prendono cura di quelle persone condividono gli attimi di delusione, speranza anche se più da lontano rispetto al paziente e alla sua famiglia che devono r-esistere. Purtroppo non è sempre così come ci racconterà la coautrice alla fine della Sua intervista.
I concetti su descritti diventano un esempio, di piacevole lettura, nel romanzo IO SONO IL MALE scritto da Andrea Cavaletto e Lisa Zanardo, un thriller psicologico molto particolare, che tratta il tema della malattia in tutte le sue forme, con un focus specifico sulla sclerosi multipla, di cui soffre l’autrice. Siamo qui per fare domande agli Autori sul libro che è già in ristampa.
Un libro è, quando scritto da malato che si racconta, una storia condivisa con i lettori, uscire dall’isolamento per iniziare una nuova strategia di cura. Il malato lo spiega meglio e Lisa finisce con la frase: “Quella descritta è pura finzione. Al di là di tutto, però…c'è una parte. La più intima, istintiva, misteriosa, in cui io sento che noi due siamo la stessa persona. O meglio, lei è un pezzo della mia anima che, prima di scrivere “Io sono il Male”, non ero pronta ad accettare.”
Andrea, asserisci di essere un ipocondriaco. Da dove proviene, secondo te, la tua patologia? Ricordi la prima circostanza in cui si è manifestata?
So bene da dove deriva. Ho fatto anche un bel po' di psicanalisi al riguardo. Ho perso mio padre, a cui ero molto legato, per un tumore, quando avevo quindici anni. È stato un evento che mi ha segnato, una sorta di netto spartiacque tra i miei primi anni vissuti con la spensieratezza infantile e gli anni successivi, più cupi e tormentati, a cercare una elaborazione del lutto resa complessa anche dal mio carattere particolarmente chiuso.
Ricordo che cercavo di dimostrarmi forte e senza problemi, sempre allegro nonostante la situazione difficile, perché non volevo gravare su mia madre e sugli altri, non volevo essere un problema. Così mi son tenuto tutto dentro. Ed è lì che si sono generate tutte le paure che definiscono la mia personalità. Paure e demoni che fortunatamente sono riuscito a tenere a bada grazie alla scrittura. Ho esorcizzato i miei incubi e deliri nelle storie che scrivo, come una sorta di auto terapia. Credo di farlo tutt'ora. Forse, quando sarò "guarito", se mai guarirò, smetterò di scrivere.
Lisa, tu soffri di Sclerosi Multipla. Quando hai capito che nel tuo corpo c'era qualcosa che non andava? Come hai reagito?
Ho avuto un'infanzia dolorosa e parecchio anomala, è vero. E, in principio (dai 15 ai 20 anni circa), riconducevo quella sensazione di stanchezza perenne, così immane da non poterla spiegare a parole, e i dolori frequenti e generalizzati, alla mia vita non proprio semplice. Non c'era mai un attimo di tregua, in effetti. Dentro di me pensavo semplicemente che, prima o poi, quando me ne fossi andata da casa dei miei e avessi iniziato a condurre un'esistenza degna di questo nome, si sarebbe aggiustato tutto quanto; anche i “problemini” che minavano di continuo il mio corpo sarebbero pian piano spariti.
Con la maturità successiva, al contrario, ho realizzato che stavo in qualche modo resistendo. Forse, inconsapevolmente, mi aggrappavo a ogni mia risorsa, per non dover affrontare la fase più spietata della mia malattia (con tutta probabilità, già latente in me da tempo) all'interno di una situazione pericolosamente ostile come quella presente nella “casa” dove (mi) sono cresciuta. Quando, a 20 anni, me ne sono andata da lì, per l'appunto, i miei problemi di salute hanno cominciato a manifestarsi con una severità sempre più imponente.
Andrea, quali sono i pensieri e le situazioni che ti fanno sentire impotente? Sono cambiati dopo aver contratto il covid-19?
Io mi sento sempre impotente, davanti a qualsiasi situazione. Sono un po' come uno di quei poveri sventurati personaggi umani dei racconti lovecraftiani, piccoli e indifesi e prossimi alla perdita della sanità mentale di fronte agli orrori cosmici che non possono comprendere e visualizzare. E forse è proprio la mia forza. Credo che sia da questa mia fragilità interiore, che dissimulo sapientemente nella società in cui vivo, a darmi la spinta creativa che contraddistingue tutte le mie opere.
Ricordo che, all'inizio dello scorso anno, quando il covid-19 si stava palesando ma non sembrava ancora la minaccia che poi è stato, io ero già terrorizzato e guardavo ossessivamente i telegiornali con notevole apprensione. E sono stato tra i primi italiani a infettarmi, pure in modo discretamente serio. Ho lottato e ne sono uscito. La malattia ha lasciato strascichi, ma mi ha anche aiutato a impostare una forma mentis che avevo perso per strada, donandomi un certo equilibrio misto a fatalismo, che conservo gelosamente e che spero di mantenere.
Lisa, quanto hai faticato a far capire alla gente che non stavi bene? Come hai reagito quando finalmente hai avuto la diagnosi?
A questo quesito rispondo in maniera molto onesta. Di fatto, non ci sono mai riuscita. I malesseri che mi portavano spesso al pronto soccorso o dal medico curante, anche nel momento in cui hanno raggiunto una gravità importante, sono sempre stati dichiarati come “ingigantiti” da me. Fino a che non è stato palese, dopo dieci anni di dolorose peripezie, che si trattasse di sclerosi multipla. Successivamente alla diagnosi, la maggior parte delle persone non ha mai dato comunque credibilità alla mia malattia, in quanto non è visibile.
Il pregiudizio, purtroppo, è la distorsione più diffusa e socialmente accettata, e trova la sua inesauribile linfa vitale nella mancanza di interesse e di ascolto. Credo che a renderlo un'attitudine tanto resistente tra le persone contribuisca l'alone di “sicurezza” che lo caratterizza. Travisare una realtà che può mettere in discussione a favore di qualcosa di più confortante, infatti, dà ai più l'impressione di tenersi al sicuro dal dolore, e da chi potrebbe esserne portatore. Ma ciò non riguarda solo la condizione patologica... La mia reazione al momento della diagnosi? Liberazione. Il problema era qualcosa di diverso da me stessa. Pertanto, avrei trovato un modo per riuscire a gestirlo.
Lisa, come è stato il tuo confronto con la malattia? E com'è il tuo rapporto con essa oggi?
Una caduta continua, per diversi anni. Vivere dignitosamente con la sclerosi multipla implica la costruzione di un ingegno teso ad adattare alla vita di tutti un corpo che funziona con tempi e modalità proprie. Questo, nei periodi in cui una stabilità fisica accettabile, determinata dal farmaco che si assume e dalla…sorte(!), permette di lavorare sul miglioramento della propria qualità di vita. In cosa consiste tale lavoro (non lo chiamo così casualmente: gestire una malattia cronica è una vera professione)?
Si tratta di un perpetuo esercizio di dosaggio delle forze. Dell'organizzazione impeccabile di qualsiasi azione. Il tutto finalizzato allo svolgimento di ogni singola giornata. È molto dura portare quotidianamente avanti tutte quelle accortezze senza le quali non potrei affrontare le cose più normali, ma lo si deve fare... in onore della vita. Ad oggi, posso affermare di aver raggiunto e affinato un equilibrio che mi permette di avere un'ottima lungimiranza sulla gestione del mio corpo e delle sue reazioni.
Nonostante ciò, per non affogare in una società che non è minimamente pensata per integrare il “diverso” - gestendo le sue potenzialità e supplendo ai suoi limiti nella maniera più costruttiva per tutti - sono quasi sempre costretta a trascurare quell'equilibrio raggiunto a fatica, e a spingermi molto oltre il limite delle mie forze.
Andrea, ti sei mai messo nei panni della tua coautrice Lisa, chiedendoti come affronteresti una vita a braccetto forzato con limitazioni continue?
Assolutamente sì. Altrimenti non sarei riuscito a scrivere il romanzo. Credo di essere una persona molto sensibile ed estremamente empatica. Ogni volta che scrivo di un personaggio, cerco di immedesimarmi nella sua situazione, di entrare nella sua psiche e nel suo cuore, indipendentemente dal fatto che sia un individuo positivo o negativo.
In questo modo riesco a coglierne le mille sfaccettature, le luci e le ombre, lo yin e lo yang che definiscono ciascuno di noi. Provo con tutto me stesso a raccontare al meglio l'umanità. Così ho fatto con Lisa, rendendola il personaggio perfetto per la nostra storia, plasmando insieme a lei il personaggio di Stella. Aggiungo che ci siamo anche divertiti a definire Milan come una sorta di mio (esagerato) alter ego.
Lisa, quanto c'è di te nel personaggio di Stella? E quanto c'è di Stella in te?
Stella è un'invenzione forgiata sulle mie zone d'ombra. Lei vive solo lì dentro, per quasi tutta quanta la vicenda narrata. Ha, com'è ovvio, i miei occhi e il mio sentire, ma, attingendo solo dalle pulsioni più irrazionali che trovano radici nell'intensità dei drammi che ho sperimentato, Stella conduce le proprie scelte solo in base a quelli, agendo quindi, in fin dei conti, in maniera diametralmente opposta rispetto a Lisa.
Ho fornito ad Andrea le istruzioni necessarie, affinché potessimo creare un personaggio che vive circondato dai demoni che sono stata costretta a portare con me, ma che non mi appartengono. Stella e io siamo simili nel vissuto tormentato e nel raggiungimento di un punto di rottura improrogabile, ma, malattia esclusa, l'unico elemento che davvero può essere considerato autobiografico consiste nell'esserci entrambe cresciute da sole sullo sfondo di un'infanzia drammatica; anche se i fatti narrati, come tengo a precisare, non trovano corrispondenza nella mia vita. Quella descritta è pura finzione.
Al di là di tutto, però…c'è una parte. La più intima, istintiva, misteriosa, in cui io sento che noi due siamo la stessa persona. O meglio, lei è un pezzo della mia anima che, prima di scrivere “Io sono il Male”, non ero pronta ad accettare.
Ringrazio Andrea e Lisa, grazie per l’intervista.
Notizie sugli Autori
ANDREA CAVALETTO
Classe 1976, è creativo, illustratore e sceneggiatore. Collabora con numerosi editori e produttori cinematografici italiani e stranieri, sia underground che mainstream, tra cui Sergio Bonelli Editore, Feltrinelli, Edizioni BD, Edizioni Inkiostro, Bugs Comics, Metal Blade Records, Walt Disney, Marvel, Warner Bros, Toei Animation Raven Banner, Epic Pictures, Troma. Per la Sergio Bonelli Editore, ha scritto numerose storie di DYLAN DOG, firmando anche sceneggiature di altri tra i personaggi più iconici della casa editrice milanese, quali Martin Mystère, Zagor, Tex e Dampyr. É il creatore della serie horror psicologica PARANOID BOYD per Edizioni Inkiostro. Per FELTRINELLI COMICS ha realizzato la graphic novel NUVOLE NERE in collaborazione con Pasquale Ruju e Rossano Piccioni. Ha realizzato la sceneggiatura del cult horror movie cileno HIDDEN IN THE WOODS da cui è stato tratto un remake USA. Nella sua carriera pluriventennale ha vinto numerosi premi letterari e cinematografici ed è stato candidato come miglior sceneggiatore italiano per tre edizioni del Premio Boscarato. É docente di scrittura creativa alla scuola Holden di Torino.
LISA ZANARDO
Lisa Zanardo nasce a Padova il 16 Febbraio 1982. Ha la sclerosi multipla. L’avvento della malattia la spinge a raccontare del suo rapporto con essa, in modo quasi catartico. Dal 2017 al 2019, scrive per il blog Ali di Porpora, dove crea e si occupa della rubrica “Il cuore trascritto”. Nell’Agosto del 2018, esce il suo primo libro, il romanzo “Visioni d’amore color lilla” per Onda D’Urto Edizioni. A Febbraio del 2019, pubblica per Bertoni Editore un manuale sulla sclerosi multipla, “Ogni giorno un nuovo inizio”. A Luglio dello stesso anno, esce il libro “Piume di diamante”, nato dalla collaborazione delle “penne” di Ali di Porpora, cui partecipa con il capitolo “Della sclerosi multipla e delle normalità soggette a discriminazione”.