Prelievo di ovociti per la fecondazione assistita: tecnica sempre più semplice e meno invasiva
La prima coltura di ovociti umani in vitro fu ottenuta da Gregory Pincus mediante biopsia di tessuto ovarico prelevato con laparoscopia, ben 25 anni prima degli esperimenti di Robert Edwards.
Quest’ultimo, infatti, sfruttando l’abilità del ginecologo Patrics Steptoe, riuscì ad avere uova umane da coltivare in vitro recuperate con tecniche di aspirazione follicolare meno invasiva.
Steptoe già nel 1968 era in grado di giungere nella pelvi femminile, evidenziare follicoli ovarici e, pungendoli, estrarne gli ovociti maturi.
Fu per questo motivo che il Biologo Robert Edwards e il Ginecologo Patrics Steptoe iniziarono quella collaborazione che poi portò alla nascita di Louis Brown, primo essere umano nato dopo fertilizzazione in vitro.
All’epoca gli ovociti erano raccolti esclusivamente con laparoscopia, fino a quando i grandi progressi della ginecologia resero possibile il prelievo ecografico, inizialmente per via transaddominale (1981), e successivamente, grazie alla miniaturizzazione dei trasduttori, anche per via vaginale (1985).
Nel tempo i metodi di recupero ovocitario sono diventati sempre più semplici, meno traumatici per la paziente e più semplici per il chirurgo.
Un recupero ovocitario ecoguidato significa che tutte le pazienti possono essere trattate ambulatorialmente con i minimi rischi, con i minori disagi e soprattutto con la sola sedazione o con una blanda neuroleptoanalgesia o, più recentemente, come noi stessi stiamo iniziando a lavorare, con l’ipnoanestesia.