Intestino irritabile (IBS) nella popolazione e CoViD-19
La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) è uno dei disturbi funzionali gastrointestinali (FGID), attualmente denominati in maniera più moderna, disordini dell'interazione intestino-cervello (DGBI - Disorder of Gut-Brain Interaction) [1].
Sintomi del colon irritabile
I sintomi del colon irritabile sono caratterizzati da dolore addominale ricorrente con alterazione della funzione intestinale (stipsi/diarrea) che permette di distinguere le seguenti varianti:
- IBS-C (predominanza di stipsi):
- IBS-D (predominanza di diarrea);
- IBS-M (alvo alterno, misto):
- IBS-U (forma non classificabile).
Sono inoltre presenti spesso sintomi accessori:
- gonfiore addominale,
- meteorismo,
- nausea/vomito.
Diffusione della sintomatologia durante il Covid-19
Sono stati pubblicati su Gastroenterology [2] i risultati di uno studio trasversale (cross-section) sulla sindrome dell'intestino irritabile condotto negli Stati Uniti utilizzando i criteri diagnostici di Roma IV.
Tra i punti di forza di questo lavoro emergono il numero elevato di osservazioni (circa 89.000) e il fatto che il questionario sia stato proposto come sondaggio generico sulla salute e non focalizzato sulle problematiche gastrointestinali, limitando così questo fattore di interferenza con possibile autoselezione dei soggetti.
I limiti più rilevanti dello studio sono costituiti innanzitutto dal fatto che il sondaggio è stato effettuato solo negli Stati Uniti, pertanto i dati non sono estrapolabili in maniera generale per gli altri paesi. Inoltre, il sondaggio è stato condotto esclusivamente online, cosa che verosimilmente ha limitato la partecipazione di soggetti di età più elevata.
Ciò nonostante, i risultati emersi portano ad alcune considerazioni interessanti.
L'incidenza del colon irritabile nella popolazione per il periodo di osservazione è risultata del 6,1%, più elevata dunque rispetto a studi precedenti (4,7%), con maggiore prevalenza nel sesso femminile e nei fumatori.
Il numero elevato di partecipanti ha permesso di condurre osservazioni sulle sottocategorie diagnostiche nelle quali i soggetti sono ripartiti: IBS-C (33,6%), IBS-D (28,1%), IBS-M (33,9%), IBS-U (4,4%).
Non appaiono differenze nella intensità del dolore addominale tra i diversi sottogruppi. Per quel che riguarda i sintomi accessori, invece, i soggetti IBS-D riportano in misura minore gonfiore addomianle e dolore ano-rettale rispetto ai soggetti IBS-C, ma più frequentemente nausea/vomito, rigurgito e incontinenza intestinale.
I soggetti IBS-M presentano più spesso meteorismo, pirosi retrosternale, nausea/vomito, rigurgito, dolore pelvico, dolore biliare, sensazione di malessere, bruciore, incontinenza.
Lo studio ha anche rilevato l'associazione frequente con la diagnosi di IBS di alcune comorbidità in particolare precedenti episodi di gastroenterite, fibromialgia, calcolosi biliare, ulcera peptica e disordini tiroidei.
Il fatto che l'osservazione sia stata condotta nel periodo da marzo a giugno 2020, in coincidenza cioè con l'inizio della pandemia CoViD-19, ha indotto negli autori ulteriori considerazioni.
Poiché il CoViD-19 può causare sintomi gastrointestinali, è possibile che i rilievo di una prevalenza nella popolazione di IBS superiore a quelle riscontrate in precedenza possa essere posta in relazione alla pandemia CoViD-19 sia come conseguenza diretta dell'infezione, sia come collegamento indiretto attraverso il carico psicologico esercitato su molti individui e che ha portato alterazioni nella dinamica dell'asse intestino-cervello, amplificando la sensibilità e la consapevolezza della sintomatologia viscerale.
Per approfondire:Sintomi gastrointestinali post Covid-19