Preservare i capelli in chemioterapia
La perdita dei capelli, quando si parla di terapie per gravi malattie oncologiche con rischio di vita delle pazienti, sembra un argomento secondario. Invece si tratta di un effetto collaterale particolarmente temuto e disperante. E infatti studi significativi su gruppi di donne affette da neoplasie mammarie hanno dimostrato come una delle maggiori resistenze ad accettare queste terapie sia proprio la possibile alopecia.
Per questo motivo trovo particolarmente interessanti due recenti studi statunitensi (Houston e San Francisco) che dimostrano una notevole efficacia, in molti regimi chemioterapici, dei mezzi di raffreddamento a cuffia.
Che in U.S.A. sono stati approvati da FDA e che cominciano ad avere una buona diffusione.
I mezzi principalmente usati sono:
-Termocuffie (da cambiare durante l'applicazione per mantenere la capacità raffreddante)
-Cuffia ipotermica (collegata ad un macchinario che genera ipotermia controllata)
-Casco ad aria fredda (collegato ad un macchinario che la eroga)
Il risultato voluto è provocare vasocostrizione locale, con minor afflusso del farmaci "tossici"e intervenire sul metabolismo dello stesso, riducendo la tossicità.
Questo è tanto più importante quando si assumono farmaci, o cocktails di farmaci, con prevedibile impatto negativo sul ciclo pilare.
Gli studi concordano su percentuali di preservazione dei capelli assolutamente incoraggianti . La stesso produttore del macchinario più utilizzato sta sostenendo ulteriori ricerche.
Auspichiamo quindi che i reparti di oncologia si dotino di queste attrezzature e che vi sia una sempre maggior sensibilizzazione sul problema , che non è a mio avviso un fatto trascurabile.