Sifilide e malattie veneree in Italia: la storia
Il periodo moderno della Venereologia , come controllo sanitario e sociale , nasce in realtà in Italia agli inizi del 20° secolo.
La scoperta del Salvarsan, o arsfenamina, o semplicemente "606", nel 1908, sconvolge il mondo medico. La Sifilide ha una cura che funziona veramente. In passato la meta finale dei sifilitici era stata il manicomio, dove finivano folli e paralizzati (quando non morivano di complicanze intercorrenti o per la tossicità dei farmaci mercuriali o simili). La sua tossicità oggi fa paura , ma in quei tempi era assolutamente tollerabile.
Ed è del periodo immediatamente successivo , in era fascista , che nascono i dispensari dermoceltici, sostenuti da fondi delle province.
Era un periodo in cui il controllo faceva rima con repressione. Nei sotterranei di alcune vecchie cliniche dermovenereologiche si notano ancora i segni delle grandi cancellate dietro le quali venivano poste le prostitute in attesa di visita medica. la Lue (Sifilide) faceva troppa paura, e la società di allora la rigettava con coercizione.
D'altronde la malattia Sifilide era così diffusa e devastante da dare essa stessa il nome della disciplina specialistica :Clinica Dermosifilopatica.
Più o meno in questa maniera si arrivò alll'ultima vera legge italiana sull'argomento , che è in pratica del 1957.
Si prevedeva la istituzione di dispensari antivenerei in tutti i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti , nonchè assistenza del tutto gratuita per tutti coloro che risultavano affetti da malattie veneree, allora quasi del tutto rappresentate da sifilide , gonorrea , linfogranuloma venereo. granuloma inguinale.
La denuncia di malattia era obbligatoria per legge.
Successivamente norme a corollario prevedevano l'effettuazione obbligatoria di indagini sierologiche per la sifilide in tutte le persone che dovevano essere arruolate in corpi militari, o in caso di richiesta di certificato di sana e robusta costituzione , nonchè per tutta la popolazione carceraria.
Tutto ciò ha resistito fino al passaggio delle competenze in materia sanitaria dallo stato centrale alle regioni.
Queste , in maniera un pò miope, probabilmente ritenendo superata l'emergenza sifilide con il periodo penicillinico, non hanno quasi mai provveduto a stanziare finanziamenti adeguati per questi centri, che nel contempo erano stati denominati CENTRI MTS.
Così molti di essi sono stati chiusi nel tempo (anche se con lodevoli eccezioni, per esempio a Roma, Milano, Bologna, dove sono sempre rimasti attivi) creando le basi per il "ciclone" HIV degli anni '80, che impattò su una grave carenza di strutture adeguate.
La legge del 1990 fu in seguito un tentativo, non ancora del tutto compiuto, per porre un rimedio a questi fatti.
Nel 2000 alcune regioni iniziarono un programma implementativo del Sistema di Sorveglianza , prevedendo la gratuità delle cure per i malati di MST.Ma purtroppo accanto a regioni di "eccellenza", altre hanno del tutto rinunciato.
Infatti i centri MTS sono e devono essere un punto di riferimento non solo per i malati, ma anche per tutti coloro che richiedono informazione e prevenzione. Che tutt'ora latitano, specialmente a livello scolastico.