Due casi di HIV scuotono l'industria del Porno: i controlli sanitari sono sufficienti?
Inutile nascondersi dietro ad un dito: l'industria della pornografia è una - se non la prima - delle più floride aziende per fatturato, in tutto il globo terrestre.
In america, questa economia macina migliaia di miliardi di dollari all'anno e anche in Italia i fatturati stimati superano di gran lunga le nove cifre (in euro..).
La notizia di queste ore, che ha causato un vero e proprio terrremoto, ha interessato uno dei più floridi nuclei produttivi statunitensi, ove due famose pornostar (un uomo ed una donna) sono risultati positivi al test HIV.
La moratoria imposta e gli ulteriori accertamenti - con ogni probabilità - saranno utili ad arginare, almeno per questo momento lo spread infettivo, ma sicuramente diversi altri attori risulteranno nel prossimo futuro positivi a questo terribile virus.
La riflessione che vogliamo porre, ad oggi, da medici specialisti in malattie sessualmente trasmissibili è la seguente:
In un ambito di assoluta promiscuità sessuale, possono ritenersi sufficienti i controlli sanitari preventivi per arginare il fenomeno delle MST ed in particolare dell'HIV?
La mia personale risposta è: assolutamente, NO!
Nonostante i nuovi test anticorpali (di IV generazione) dispongano di una sensibilità molto alta già all'interno del primo mese di contagio, il rapporto fra periodo finestra e frequenza di rapporti, moltiplicato per il numero di partner sessuali, dice chiaramente che con ogni probabilità esiste un margine di rischio significativo, perchè un paziente HIV positivo possa sfuggire al controllo ed infettare un nuovo partner.
Le 2 domande che le Istituzioni - a livello mondiale - dovrebbero porsi (ricordo che esistono in ogni nazione specifci e plurimi Istituti che hanno il compito di regolamentare qualsiasi apparato industriale e che debbono erigersi a tutela delle persone e dei lavoratori) sono le seguenti:
Perchè non viene imposto, all'interno dell'azienda della pornografia su scala mondiale (quella controllata e regolamentata, la quale fornisce la stragrande maggioranza dei prodotti) l'utilizzo del dispositivo profilattico?
Perchè questa semplice regola comportamentale non viene imposta nell'ambito lavorativo riconosciuto più esposto - alle malattie sessualmente trasmissibili?
Nessuno parli di "..alterazione del prodotto finale.." poichè non c'è scusa che tenga, quando un lavoratore, viene contagiato da una grave malattia professionale, nel proprio ambito lavorativo: e sebbene questa comparazione possa apparire eccentrica..di questo si parla! L'HIV in tal caso è una malattia professionale.
Se debbono esistere le "le mascherine, le scarpe e gli elmetti antinfortunistica" dovranno altresì essere imposti i "profilattici antinfortunistica" con le stesse modalità e con la medesima severità legislativa.
Fonte: LaStampa.it