Trasfusione in cure palliative.

Emotrasfusioni in cure palliative

brunonicora
Dr. Bruno Nicora Anestesista, Palliativista, Neurofisiopatologo

L'utilizzo della trasfusione di sangue in un paziente sottoposto a cure palliative è sempre appropriata?

In caso di valore dell'emoglobina sotto la media standard, il medico palliativista deve sempre verificare eventuali anomalie in altri esami e valutare il profilo clinico del paziente. Dopodiché decidere se ricorrere alla emotrasfusione sia la scelta più giusta.

Poiché la trasfusione richiede il consenso informato, in caso in cui non possa farlo il paziente allora è il medico che ne decreta l’indicazione legato allo stato di necessità.

Cosa sceglie il medico in queste situazioni?

Innanzi tutto è necessario capire i corredi sintomatici: un paziente in cure palliative può avere dispnea, astenia o fatigue.

La causa di tutto questo è davvero l’emoglobina bassa?

Se così fosse allora, correggendo i valori di emoglobina allora si eliminerebbe la causa di questa sintomatologia.

Cito due pareri diversi:

  • Elwood nel 1973 metteva in dubbio che l’astenia fosse correlata a una bassa concentrazione di emoglobina.
  • Cella invece, nel 1998, riferisce che quasi il 75% dei suoi pazienti aveva una fatigue legata all’emoglobina bassa.

Bisogna, però, ricordare che nelle cure palliative un sintomo ha più cause che non sono rimovibili da nessun trattamento sostitutivo: non ci sarà mai una riabilitazione totale del paziente.

Cosa dicono gli studi?

In una survey somministrata a 62 medici di cure palliative [1] è risultato che:

  • quasi il 79% ha prescritto emotrasfusioni
  • quasi il 60% ne raccomanda la continuazione
  • la metà circa ha prescritto per pressioni dei parenti o caregiver
  • quasi tutti sono stati accompagnati da eventi avversi.

La trasfusione, infatti, può dare effetti avversi che in un paziente fragile sono ancora più probabili, citiamo fra questi:

  • nausea
  • shock
  • dispnea
  • febbre e brividi
  • flushing del volto

Questi sintomi compaiono subito durante la trasfusione e sono legati a una reazione immunitaria dell’organismo verso nuovi elementi.

Il nemico più importante però è il sovraccarico del circolo, del piccolo circolo, ossia quello polmonare (Transfusion Related Circulatory Overload – TACO).

In una paziente fragile, lo scompenso cardiaco cronico che si può verificare, può causare una concentrazione di questo volume nel circolo polmonare che si tramuta in insufficienza respiratoria di tipo acuto.

Un ulteriore studio [2] delinea un nesso tra trasfusione e la certezza dell’eliminazione del sintomo.

La conclusione di questo studio è che si auspica di costruire elementi che diano un approccio ancora più restrittivo all'emotrasfusione. Ricordandoci che siamo in cure palliative, dobbiamo pensare che quella che sembra una soluzione importante, può in realtà far peggiorare il quadro sintomatico e compromettere ulteriormente il paziente e la sua prognosi.

Il paziente in cure palliative non ha subito un trauma in cui improvvisamente il volume ematico è venuto a mancare e può essere ripristinato mediante emotrasfusione migliorando la prognosi, non è neanche da considerare un “Dracula” che dalla trasfusione non riceve beneficio, ma alimenta solo una sofferenza.

La buona attività quotidiana di un palliativista si basa sempre sul mantenere un equilibrio stabilissimo tra due principi, quello di beneficenza e non maleficenza. Deve saper distinguere tra quello che può fare bene al paziente e quello che può fare male, anche se in maniera istintiva può sembrare una soluzione radicale. 

Data pubblicazione: 19 giugno 2024

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