Emorroidi: la prolassectomia secondo Longo
Durante il 113° Congresso della Società Italiana di chirurgia tenutosi a Firenze nel 2011, tra i vari temi trattati, vi è stato la prolassectomia secondo Longo per il trattamento delle emorroidi. Un intervento ideato ed entrato nella pratica clinica nel 1998 grazie alla geniale intuizione di un chirurgo italiano, Antonio Longo, e successivamente utilizzato dai chirurghi di tutto il mondo con diffusione capillare ed esponenziale.
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Metodo Longo emorroidi: luci e ombre
I maggiori esperti italiani nel campo hanno puntualizzato le indicazioni, i risultati e le complicanze.
In sintesi si è concluso che, relativamente alle indicazioni, l’intervento non va eseguito quando la malattia emorroidaria è curabile con terapia medica, ovvero nel caso di emorroidi di primo grado o secondo, in base alla classificazione di Goligher, mentre nel quarto grado le recidive sono frequenti e andrebbero preferite altre metodiche oppure ben informato il paziente della possibile recidiva non infrequente.
Emorroidi, quando operare
L’indicazione migliore per ricorrere al metodo Longo risulta quindi essere il caso di emorroidi di terzo grado, dove i risultati anche a distanza sono ottimi e le recidive sicuramente non superiori a quelle di altre metodiche.
È stato più che confermato il minor dolore postoperatorio, spesso del tutto assente, la più rapida ripresa delle attività quotidiane e la possibilità di eseguire l’intervento in day surgery con dimissione in giornata nella maggior parte dei pazienti.
È stato tuttavia sottolineato che si tratta di un vero e proprio intervento chirurgico, gravato da possibili complicanze anche gravi, per fortuna rare e aneddotiche. Questa certezza non deve certo diventare un motivo per screditare o sconsigliare di eseguire l’intervento: un collega esperto e competente, il Dottor Angelo Stuto ha osservato: "sarebbe come dire che, siccome a volte si danneggia la via biliare principale durante un intervento di colecistectomia, complicanza grave, la colecistectomia è un cattivo intervento!".
Altre complicanze, meno gravi ma comunque significative, possono presentarsi con frequenza variabile, in particolare il dolore anale cronico persistente ed essere a volte di difficile soluzione anche se trattate da esperti. L’utilizzo di nuovi strumenti da poco entrati nella pratica clinica potrebbe essere la soluzione per ridurre ulteriormente questa complicanza.
Non deve essere peraltro dimenticato che complicanze e recidive sono purtroppo presenti in tutte le casistiche qualunque sia l’intervento eseguito e che metodiche di recente introduzione richiedono come sempre alcuni anni di applicazione clinica per disporre di dati attendibili ad esempio sulla reale incidenza delle recidive.
Sembra quindi ragionevole consigliare al paziente affetto da questa patologia, benigna ma in grado di peggiorare significativamente la qualità della vita, di affidarsi a un professionista con esperienza nel campo e a una struttura che operi in linea con le indicazioni delle società scientifiche colonproctologiche, pretendendo una chiara e completa informazione sulle opzioni terapeutiche e sui risultati attesi da ognuna delle soluzioni proposte, sia in base all’esperienza personale del chirurgo sia in base ai dati della letteratura.