Trattare le emorroidi: la chirurgia mini invasiva

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Dr. Roberto Rossi Gastroenterologo, Chirurgo generale, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo d'urgenza

La  Malattia Emorroidaria rappresenta una patologia benigna ma certamente invalidante sia dal punto di vista fisico che psicologico, che interessa oltre il 50% della popolazione al disopra dei 50 anni nei paesi industrializzati.

Colpisce entrambi i sessi e condiziona pesantemente la qualità di vita.

Negli anni sono state proposte terapie molteplici sia mediche che chirurgiche, ciò sta a dimostrare come non esista un vero "gold standard" di trattamento.

Le terapie mediche sono destinate ad avere effetti (quando funzionano) per lo più temporanei e quelle chirurgiche si propongono un intento radicale cioè la guarigione definitiva.

Storicamente già nell' Antica Grecia e poi in Egitto e nell'Impero Romano sono state trovate testimonianze scritte e strumenti per cauterizzare, legare e trattare in qualche modo le emorroidi.

Si pensi che sino all'inizio del terzo millennio  gli unici sistemi per trattare chirurgicamente tale patologia erano costituiti dalla asportazione quanto più ampia possibile dei gavoccioli emorroidari secondo diverse tecniche, ma sempre creando ferite in un'area ad altissima innervazione sensitiva con conseguente dolore talvolta difficilmente controllabile per lunghi periodi.

Negli ultimi anni dell XX° secolo è stata introdotta una tecnica che prevede la resezione della mucosa mucoemorroidaria con una suturatrice meccanica ( operazione conosciuta col nome del suo ideatore "INTERVENTO DI LONGO"). Il vantaggio della tecnica è una netta riduzione del dolore post-operatorio e una conseguente più rapida ripresa delle normali attività. Le complicanze possono però essere importanti.

La novità rivoluzionaria del trattamento di questa invalidante patologia è data dall'introduzione della chirurgia MINI-INVASIVA che consente di operare le Emorroidi con ottimi risutati e senza creare ferite di alcun tipo che sono la causa del dolore e delle altre complicanze post-chirurgiche.

Il  metodo denominato THD  (Transanal Hemorroidal Dearterialization) si basa sulla legatura selettiva dei sei rami terminali della arteria emorroidaria superiore che apportano il sangue ai cuscinetti emorroidari la cui dilatazione eccessiva causa la malattia con le sue comlicanze  (dolore, senso di peso, sanguinamento e talvolta il prolasso).

Per eseguire l'intervento viene usata una speciale apparecchiatura collegata con una sonda doppler che consente di individuare ciascuna arteria e legarla selettivamente. Inoltre con lo stesso dispositivo è possibile con una particolare tecnica correggere il prolasso.

L'intero intervento viene eseguito in una zona dove non è presente innervazione sensitiva per cui la procedura risulta indolore.

L'anestesia è di tipo periferico ed il ricovero è generalmente di 24 ore.

La ripresa delle attività è estremamente rapido ed altrettanto il ritorno alla vita normale.

I risultati a distanza appaiono molto soddisfacenti e le complicanze legate a questo tipo di chirurgia sono inferiori a quelle delle altre tecniche proprio in quanto non vengono prodotte ferite di alcun genere.

Si può pertanto concludere che coll'avvento della THD cioè della chirurgia Mini Invasiva la proctologia che è la branca che si occupa di questa delicata patologia, si è arricchita di un'arma preziosa per il trattamento definitivo della Malattia Emorroidaria.

 

Data pubblicazione: 30 agosto 2011

6 commenti

#1
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Utente 143XXX

Egr. Dr. Rossi,

Sono un uomo di 36 anni affetto da 12 anni da rettocolite ulcerosa totale che nei primi 9 anni di malattia è sempre stata attiva (periodi di remissione inferiori al mese) costringendomi a numerose scariche quotidiane. Da circa 3 anni dopo un ciclo biennale di infliximab imposto dal mio deperimento a causa della RCU la malattia è finalmente andata in remissione totale.

Nel frattempo mi sono trasferito in Germania ed in seguito a questo spostamento ho sospeso ormai da quasi un anno l'infliximab. La recente colonscopia totale e l'esame istologico effettuati presso l'Uni Klinik di Mainz mostrano la malattia ancora in fase di remissione come d'altra parte mi aspettavo in presenza di feci assolutamente formate.

L'infliximab è stato sostituito da assunzione di azotioprina a dose piena (150 mg/die).

Purtroppo nei primi 9 anni di RCU la malattia, sempre attiva, mi ha costretto a numerose scariche diarroiche quotidiane. In quegli anni iniziai a soffrire di emorroidi.

La malattia emorroidaria è progredita sino ad una trombizzazione delle medesime e prolasso esterno delle medesime durante il ponzamento con necessità di riportarle in sede manualmente. Inoltre sono ormai sempre presenti sanguinamenti che inizialmente venivano attribuiti a probabili rettoragie dovute alla RCU. In realtà tutte le rettoscopie effettuate

per chiarire l'origine dei sanguinamenti escludevano questa possibilità (nessun sanguinamento dal retto)...cosi come la provenienza dalle emorroidi.

Un'indagine defecografica svolta a Roma presso il Nuovo Regina Margherita nel gennaio 2010 mise in evidenza la presenza di invaginazione intrarettale.

Per anni l'origine del sanguinamento è rimasta sconosciuta anche se sono sempre stato convinto che a sanguinare fossero le emorroidi...che i gastroenterogi in sede endoscopica hanno sempre definito di primo grado (anche nell'ultima colonscopia effettuata l'11.11.2011 qui in Germania).

In realtà oggi le emorroidi risultano trombizzate e prolassano ogni qualvolta vado in bagno con la necessità di un riposizionamento manuale. Inoltre per quanto la RCU sia in fase di remissione e le feci formate sono costretto la mattina anche a 4,5 sedute prima di un completo svuotamento (e non sono certo un mangione...).

Nel corso di una recente visita proctologica (con esplorazione rettale ed anuscopio) effettuata pochi giorni fa qui in Germania (Uniklinik Mainz) è stata messa in evidenza la presenza di un'ulcera sull'emorroidi che spiegherebbe i continui sanguinamenti.

Il chirurgo colonproctologo mi ha messo subito in lista per un intervento che dovrei effettuare il prossimo mercoledì 23.11.2011 presumibilmente con tecnica Longo anche se non ha escluso anche tecniche piu invasive. Considerato il quadro di RCU non sono assolutamente convinto che questo sia l'approccio migliore.

Il quadro di invaginazione intrarettale evidenziato con defecografia mi fa pensare ad un prolasso muco emorroidario piuttosto che semplicemente emorroidario ma di ciò non ne sono certo. Il chirurgo colonproctologo ha affermato che per l'impossibilità di condurre estesamente la visita con l'anuscopio, a causa del dolore indotto dallo stesso, si riserva solo in sede operatoria a canale anale completamente divaricato e sotto narcosi di decidere la tipologia di intervento migliore. Nella scheda al consenso che mi è stata fatta firmare ha però barrato solo la tecnica Longo ed eventualmente quella di ricostruziona anale (Anal reconstruction) che a quanto ho capito è ancora più invasiva. In ogni caso mi è stato chiaramente detto che la tecnica più probabile nel mio caso sarà la Longo ed anche la rimozione delle emorroidi ormai trombizzate.

L'intervento è fissato per il prossimo 23.11.2011. Non sono affatto convinto che la Longo sia la tecnica giusta da applicare ad un paziente con storia decennale di RCU comportanto asportazione di tessuto. La situazione attuale è quella di emorroidi prolassanti (durante il ponzamento) trombizzate e forse anche in presenza di soprastante prolasso mucoso. Mi chiedo ad esempio perchè non mi sia stata proposta una THD? In realtà nella check list degli interventi "offerti" dall'equipe colonproctologica presso cui mi sono rivolto (Uni Klinik Mainz) viene contemplata la tecnica HAL ma non la sua evoluzione THD e la HAL forse non è applicabile nel mio caso per via del prolasso mucoso (...presumibilmente presente).

Nell'urgenza di disdire l'intervento, cosa che dovrei fare entro il prossimo lunedì, Le chiedo un parere in merito al quadro descritto ed alla necessità o meno di applicare la tecnica Longo. Mi chiedo inoltre se emorroidi trombizzate vadano necessariamente asportate.

Cordiali saluti

#2
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Dr. Roberto Rossi

Gentile signore il quadro da lei descritto è certamente complesso e dare una risposta senza una visita e la valutazione visiva degli esami risulta davvero poco attendibile.Tuttavia a grandi linee se vi è un prolasso rettale interno credo che l'indicazione ad un intervento di Longo non sia l'indicazione più corretta (altre tecniche sarebbero più consigliabili ad es. la Delorme interna che IN MANI ESPERTE è la "meno invasiva",la STARR, la TRANS STARR...). Se il prolasso da correggere è invece mucoso esterno la HAL non prevede il lifting,mentre la THD lo permette. Se il prolasso è però molto importante allora forse l'intervento tradizionale (Milligan-Morgan e altri) potrebbe essere la soluzione. Tenga però presente che queste sono informazioni puramente teoriche in quanto ,ripeto,solo la visita ed il coloquio col paziente con una informazione il più precisa possibile può permettere di concordare la procedura più idonea. Cordiali saluti

#3
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Utente 143XXX

Egr. Dott.Rossi,

Grazie per la cortese risposta.

Non sarebbe possibile in linea teorica pensare di trattare le emorroidi prolassate con defibrotide e diosmina (o altro trattamento farmacologico) per risolvere il problema di trombosi e poi effettuare una THD meno stressante da un punto di vista chirurgico considerata la mia RCU?

Preciso che la tecnica che mi è stata proposta qui in Germania è la haemorrhoidopexy with circular stapler..e i dottori mi hanno fatto capire che corrisponde alla tecnica Longo.

La ringrazio anticipatamente nella speranza di ricevere un suo ultimo parere nell'urgenza della decisione finale da prendere entro domani.

Cordiali saluti

#4
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Dr. Roberto Rossi

I farmaci nella trombosi emorroidaria hanno poco effetto.Tuttavia la trombosi nel tempo solitamente regredisce(ma in tempi lunghi).Il problema è poi di valutare l'entità del prolasso poichè se questo è imponente la THD potrebbe non essere il trattamento di scelta perchè se ha letto l'articolo con questa tecnica non si asporta tessuto e quindi se la mucosa richiamata nel lifting è molto abbondante il tenesmo può essere piuttosto fastidioso. Pertanto solo vedendo la situazione "de visu" è possibile dare l'indicazone.

#5
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Utente 143XXX

La ringrazio per la cortese risposta.

Cordiali saluti

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